La storia del Dolder Grand: gli inizi
Riconoscibile per le sue guglie in legno e la somiglianza con uno “chateau”, l’edificio fu ideato dall’imprenditore zurighese Heinrich Hürlimann (1841–1910), che voleva creare un nuovo luogo di svago fuori città (ma facilmente raggiungibile tramite una funivia). Per questo motivo, Hürlimann affidò all’architetto Jacques Gros il compito di progettare un hotel (con “Kurhaus” annessa) moderno, aperto poi definitivamente nel 1899 (ai tempi, per dormire in uno dei 220 letti disponibili bastavano tra i 12 e i 20 franchi, mentre oggi in bassa stagione ne servono quasi 900).
Con gli anni l’edificio fu progressivamente migliorato: bagni privati vennero annessi alle singole stanze, fu creato il ristorante “Rotonde” (di forma semicircolare, con splendida vista sul lago e sulle montagne circostanti) e la zona comunemente chiamata Dolder Sports. Quest’ultima include ancora oggi un curato campo da golf, la Dolder Kunsteisbahn (la pista per pattinaggio su ghiaccio, con i macchinari necessari a congelare l’acqua) e una grande piscina progettata in stile moderno.
Lo scalone d’onore del Dolder Grand
L’hotel di Re Carlo e dei Rolling Stones
L’hotel iniziò a contare ospiti illustri (tra i tanti, ricordiamo Winston Churchill, Henry Kissinger, Nelson Mandela, Michail Gorbačëv, Re Carlo III, ma anche Alberto Giacometti, i Rolling Stones, Luciano Pavarotti, Sophia Loren, Roger Moore e i maestri della moda quali Jimmy Choo e Karl Lagerfeld), pur avendo un periodo nero durante la Seconda Guerra Mondiale (che per ovvie ragioni fece decisamente calare i clienti del Dolder). Il nuovo periodo d’oro iniziò nel 2001, anno in cui l’investitore Urs E. Schwarzenbach acquisì la quota di maggioranza delle azioni del Dolder Grand. Urs decise di ristrutturare completamente l’edificio, incaricando l’architetto Norman Foster del progetto. L’hotel – con la parte storica restaurata e l’annessione di due nuove ale in stile moderno – fu aperto nuovamente nel 2008. Oggi il Dolder Grand può accontentare le più disparate richieste dei clienti, permettendo addirittura il pagamento delle 175 stanze con criptovalute.
La collezione d’arte di Urs E. Schwarzenbach
Una delle caratteristiche che differenziano il Dolder Grand dagli altri hotel in tutto il mondo è la collezione d’arte privata di Schwarzenbach, in parte esposta nell’edificio mediante il progetto di arte diffusa Art Tour through the Dolder Grand. Urs, nativo di Zurigo, è un imprenditore che ha fondato l’azienda Interexchange (la società di cambio valute più grande in Svizzera) prima di investire parte dei suoi proventi nel mondo del real estate (nel 2022 l’Handelszeitung ha stimato il suo patrimonio tra 1.5 e 2 miliardi di franchi). Da sempre appassionato d’arte, ha collezionato negli anni opere di rilievo.
Dolder Grand, l’hotel in Svizzera con una collezione da oltre 100 opere d’arte
L’hotel ospita oggi più di 100 lavori di oltre 90 artisti, posizionati lungo un percorso (che i visitatori possono seguire tramite dei comodi QR code) deciso e curato direttamente dalla famiglia Schwarzenbach. Già a partire dalla hall (con colonne in stile neoclassico) si rimane colpiti dalla collezione di Urs: sopra la reception troneggia infatti Big Retrospective Painting (1979), grande quadro in acrilico di Andy Warhol.
Alla sinistra dell’ingresso si trova invece l’impressionante Traveller (1985-1987) di Duane Hanson, iperrealistica rappresentazione di un viaggiatore che schiaccia un pisolino appoggiato al muro dell’hotel.
Traveller (1985-1987) di Duane Hanson. Tutte le foto sono cortesia dell’autrice dell’articolo.
La star del piano inferiore è sicuramente il trittico in vetro Chapel of Remorse (2019) di Jani Leinonen.
Chapel of Remorse (2019) di Jani Leinonen
I tre pannelli, inizialmente installati nella cappella di un piccolo villaggio in Engadina, richiamano in modo ironico le vetrate di una chiesa (con incisioni quali we just wanted to have some fun o we are sorry for what we have done). Risalendo al piano terra e proseguendo nel corridoio a destra (verso quella che doveva essere la galleria dell’hotel) si incontra il fungo Troll’s Umbrella (2002) di Takashi Murakami, oltre a uno dei rinomati specchi Untitled (2001) di Anish Kapoor ma anche Les Femmes de l’Antiquitè (1999) di Anselm Kiefer.
Il salone principale, affacciato sul campo da golf, offre altrettante interessanti opere. Sopra il portone svetta l’occhio Bromine (2015) dello svizzero Urs Fischer, mentre nella zona antistante il patio esterno il quadro Embestida (2017) di Miquel Barceló e il dipinto dall’aria retrò Right Time, Right Place (1993) di Jack Vettriano.
Bromine (2015) di Urs Fischer
Right Time, Right Place (1993) di Jack Vettriano
Gli altri nomi blue chip
Il corridoio sinistro – che porta al giardino esterno – ospita invece la scultura La Joconde (1967) di René Magritte, ma anche Chief (1969) di Robert Indiana e Untitled (85-063) (1985) di Donald Judd.
La Joconde (1967) di René Magritte
Infine, il giardino e i molteplici terrazzi espongono (tra le altre) opere di Niki de Saint Phalle & Jean Tinguely (Le Monde, 1989), Marc Quinn (Archaelogy of Desire, 2009), Joan Mirò (Project pour un monument, 1981), Fernando Botero (Reclining Woman with Fruit, 1996) e Henry Moore (Three Piece Reclining Figure: Draped, 1975).
Le Monde (1989) di Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely
Le controversie giudiziarie dell’imprenditore
Nonostante l’evidente qualità della collezione, Schwarzenbach non è stato esente da critiche e problematiche legali. Nel 2012 infatti – facendo un controllo fiscale sulle tasse pagate dall’imprenditore – le autorità svizzere hanno riscontrato alcune irregolarità, ritenendo che Urs avesse falsamente dichiarato il valore di 200 opere d’arte al momento dell’importazione nel Paese (evadendo circa 10 milioni di franchi di IVA). Per questo motivo, nel 2017 gli ufficiali delle dogane elvetiche si sono recati al Dolder Grand (così come nella residenza privata di Urs) e hanno sequestrato parte della collezione di Schwarzenbach (per un totale parecchio più elevato rispetto a quanto da lui dovuto).
Dal canto suo, il businessman ha sempre respinto ogni accusa sostenendo di aver regolarmente importato le proprie opere. Dopo quasi dieci anni, sembra che la corte federale svizzera abbia confermato lo scorso luglio il reato di evasione fiscale nei confronti di Urs e della Gmurzynska Gallery, da lui usata per acquistare alcune opere. Pochi giorni dopo la sentenza, Schwarzenbach ha pagato quanto dovuto alla Confederazione Elvetica (una cifra non divulgata al pubblico) e chiuso definitivamente la controversia legale.