Era l’8 novembre 2017. Dopo dieci anni di lavori in pieno deserto, veniva inaugurato nella capitale degli Emirati Arabi Uniti il “Louvre di Abu Dhabi” frutto della collaborazione fra la celeberrima istituzione museale e l’emirato che vuole fare della cultura il suo polo d’attrazione. A una settimana di distanza, Christie’s batteva – con somma incredulità di esperti e non – per oltre 450 milioni di dollari il quadro più controverso di questo millennio, il Salvator Mundi attribuito a Leonardo, acquistato da un fondo saudita dietro cui si celava il principe Mohammed bin Salman. Il dipinto di scuola leonardesca avrebbe dovuto fare il suo trionfale debutto l’autunno successivo proprio al Louvre di Abu Dhabi. Il museo però cancellò nel settembre 2018 l’esposizione. A due settimane dall’inaugurazione e senza dare spiegazioni, via Twitter, contribuendo ad accrescere il mistero che aleggia sulla vicenda.
Il Louvre di Abu Dhabi è oggi il museo più grande e importante della penisola araba, gioiello architettonico di Jean Nouvel. In virtù di un accordo con la Francia, potrà usare quel nome per 30 anni e sei mesi. Sorge sull’isola di Saadiyat, fino all’inizio dei lavori completamente deserta, come ricorda lo stesso Nouvel. L’emirato ha deciso di destinarla a di- stretto culturale di levatura globale, nel nome delle archistar: vi dovrebbero sorgere infatti anche la nuova sede del Guggenheim Museum, la più grande al mondo (su progetto di Frank Gehry, come per Bilbao), lo Zayed National Museum (progetto di Norman Foster, in omaggio al padre degli Uae), un museo marittimo (Tadao Ando), un centro per le arti performative dello studio di Zaha Hadid (scomparsa nel 2016). Ad oggi, però, il Louvre del deserto è protagonista unico di questa scena piena di luce.
Nelle parole del suo direttore, Manuel Rabaté, e di quello del Louvre parigino, Jean-Luc Martinez, il museo vuole essere un’oasi mondiale di contaminazione culturale, combinando opere originate dalle più disparate culture planetarie ed epoche, dal neolitico all’arte contemporanea. E, almeno in apparenza, il Louvre di Abu Dhabi l’aspetto di un’oasi magnifica ce l’ha. Il nitore dei blocchi di pietra si staglia su placide distese di acqua marina intercettate dal deserto. Jean Nouvel afferma che si tratta di evocare lo ‘spirito veneziano’, con il mare che arriva fin sotto la cupola della struttura e che regala giochi di luce e sensazioni di frescura, oltre che di colore.
La collezione iniziale del museo contava 620 opere, fra cui 300 prestiti provenienti da musei francesi, compreso il Centre Pompidou. Quattro le macro-aree espositive, articolate in 23 sale, che disegnano il semplice percorso museale: età antica, medievale, moderna, globalizzazione. Il messaggio di umanesimo ecumenico del Louvre di Abu Dhabi si palesa nella sezione consacrata alle religioni universali, rappresentate senza scala gerarchica. Resta ad oggi questa la ragion d’essere del Louvre di Abu Dhabi, un ponte fra Occidente e Oriente, nato dove non c’era nulla, se non lo spazio. E Leonardo Da Vinci occupa, in ogni caso, il suo cuore: il Ritratto di Dama (1490-1495, prestato dal Louvre parigino) del grande maestro occupa il centro esatto del museo, in un dialogo ideale con la Gioconda.