Intervista a Rachele Benvenuti (Hermitage Bespoke)
“Bespoke”: termine anglosassone dal suono non particolarmente gradevole. Eppure, per chi si occupa di beni di lusso è il non plus ultra della scala dell’esclusività. È la personalizzazione estrema di un oggetto di altissima gamma, fatto su misura qualunque esso sia. Ne sa qualcosa Rachele Benvenuti, MBA 2008 con concentration sul lusso e consulente per Hermitage Bespoke, il cui core business sono ospitality gift e altissima gioielleria. Nel circolo stretto delle case reali e dei sultanati Rachele squaderna le migliori eccellenze dell’alto artigianato italiano ed europeo, sempre guardando al prossimo traguardo. We Wealth l’ha raggiunta.
Che cosa chiedono i più grossi clienti al made in Italy di alta gamma?
«Innanzitutto ho osservato un passaggio lento ma continuo dal lusso di alta gamma a quello prettamente bespoke, che è quello di cui mi occupo io. A quei livelli, al cliente non interessa possedere un marchio specifico, un brand riconosciuto ovunque nel mondo. L’interesse si sposta verso prodotti artigianali di elevatissima qualità, non conosciuti nel mondo della moda o del design. Lo scopo per il cliente è avere qualcosa che lo differenzi da tutti gli altri in ambiente – come quello dei sultanati e delle case reali – che è molto ristretto. La richiesta che arriva ai professionisti del “fatto su misura” è quella di fare sopralluoghi nelle loro dimore per poi essere in grado di riprodurre i dettagli richiesti nell’oggetto commissionato. La clientela cerca l’unicità del made in Italy».
Qualche esempio?
«Penso a particolari dell’arredamento o di opere d’arte da riprodurre nelle suppellettili della tavola e del tovagliato, nella biancheria per la camera da letto, nell’arredamento di uno yacht. Un cliente una volta si fece scrivere sul retro dei piatti “Made by Hermitage Bespoke exclusively for Nome Yacht”, con data nome e firma persona che aveva realizzato il disegno sul bordo del piatto. Nel sultanato del Brunei ci chiesero di creare delle borse – parzialmente in pelle – con una loro tipica preziosa stoffa che riproduce le fattezze del simpor, fiore nazionale del Paese. Erano omaggi donati ai capi di Stato in visita. Per l’apertura dell’Opera House in Oman furono fatti fare degli orologi da donare agli invitati: al posto del marchio del segnatempo c’era il nome di chi lo donava. Il sultano Qaboos bin Said dell’Oman si rivolse a noi nel 2012, anno del 60esimo di regno della Regina Elisabetta II per farle un dono: una riproduzione in scala ridotta (ma non ridottissima…) della sua coronation coach, la carrozza che il 2 giugno 1953 la condusse al suo giuramento di sovrana del Commonwealth. Ancora oggi uno degli oggetti d’arte più apprezzati da Re Carlo a Buckingham Palace, destinato a essere tramandato per generazioni».
Di cosa si occupa esattamente?
«Curo il parco fornitori, faccio scouting per trovare nuovi artigiani anche per oggetti che non sono la nostra linea di attività principale. Ho negli anni messo insieme un team tale per cui basta guardarci per capirci. La nostra clientela ama l’artigianalità a 360 gradi: per ogni richiesta mi attivo nella ricerca di realtà, anche piccolissime, ma in grado di realizzare i sogni del bespoke. Amando scrivere, curo i libretti che spesso accompagnano i nostri oggetti, storie e racconti che rendono godibile appieno l’esperienza e il racconto del lusso. Si potrebbe immaginare che il mio sia un lavoro molto femminile: niente affatto, mi interfaccio continuamente con realtà maschili e culture lontane dalle nostre, in cui sarebbe usuale vedere un uomo e non me e disquisire di certe faccende».
È un’attività che sostiene profondamente le eccellenze territoriali, nella piena filosofia della sostenibilità…
«Si. Procuriamo molto lavoro di qualità. Un biglietto da visita nel mondo».
I fornitori di Hermitage Bespoke sono tutti italiani?
«Non tutti: la manifattura della porcellana fine bone China è a Derby (Hermitage Bespoke nasce come manifattura di porcellana, ndr). L’orologeria la facciamo produrre in Svizzera da case indipendenti. Il resto, è in Italia: in Veneto e Lombardia soprattutto per la lavorazione dell’argento. In ogni caso non usciamo mai dall’Europa».
Dove giungerà la domanda di beni ultra lusso?
«Quando penso al lusso, non vedo una piramide quanto una scala il cui ultimo gradino è una porta semi aperta… Il limite è il cielo. E non si dimentichi che più si arriva in alto più si offrono opportunità culturalmente ed economicamente rilevanti ai ragazzi talentuosi che vogliono specializzarsi nell’alto artigianato. Un modo eccellente anche per salvare quelle maestrie che rischiano di scomparire».