Il secondo, è sicuramente quello di considerare la semplicità e i minori costi che la società semplice richiede, dalla sua costituzione (senza capitale minimo) al suo mantenimento, in quanto, oltre a venire a esistenza senza necessità di forme particolari, se non quella della scrittura privata (anche non autenticata) in ragione dei beni conferiti (rimanendo al nostro esempio, beni immobili), non ha obblighi pubblicitari (pubblicità notizia ex art. 8. L.58071993) se non per dare prova ai terzi della relativa intestazione dei beni.
Il terzo, è sicuramente quello di valutare il vantaggio dell’autonomia patrimoniale, seppure imperfetta, nel senso che, come in tutte le società di persone, la responsabilità dei soci per i debiti della società, oltre a essere solidale, è illimitata, nel senso che i soci risponderanno in caso di insufficienza del patrimonio sociale, con il proprio patrimonio, ma tale evenienza, appare difficile da riscontrare per un’attività di mero godimento di beni immobili.
In questa prospettiva comunque è pacifico proprio il tipo di attività (non commerciale) che la società semplice non possa fallire, come pure di conseguenza non possano fallire i soci in proprio.
Il quarto è sicuramente quello di pensare che il creditore del socio non potrà pignorare la quota della società, come peraltro, già da diversi anni ha chiarito la Cassazione (n. 15605 del 07/11/2002), in quanto “le quote delle società di persone non possono essere espropriate finché dura la società a beneficio dei creditori particolari dei soci”.
Il principio, anche se non espressamente previsto da alcuna norma specifica, si ricava comunque dalla disciplina complessiva delle società di persone, tradizionalmente ispirata all’esigenza che i rapporti fra i soci siano caratterizzati da un elemento fiduciario (il cosiddetto intuitus personae), il quale implica che, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, la partecipazione sociale può essere trasferita solo con il consenso di tutti i soci, ovvero di quelli che rappresentano la maggioranza del capitale sociale (in questo senso si vedano gli artt. 2252, 2284, 2322 c.c.).
Ciò significa, che le società semplici proprietarie di immobili di famiglia possono essere una valida alternativa sul piano della protezione alla mera comproprietà di beni immobili intestati a persone fisiche, poichè, in quest’ultimo caso, i debiti del singolo comproprietario si possono ripercuotere sull’intero bene, attraverso il pignoramento della quota.
Il quinto, è sicuramente quello di pianificare al meglio la successione, in quanto nelle società di persone vale la regola generale dell’intrasmissibilità della quota, come prescrive l’art. 2284 c.c., il quale dispone che in caso di morte non è possibile il trasferimento iure haereditatis della quota sociale.
Non solo, ma in caso di morte del socio, è escluso lo scioglimento della società, come pure la messa in liquidazione della stessa, anche quando la società sia stata costituita da soli due soci, in quanto anche in quest’ultima ipotesi, sarà sufficiente ricostituire la pluralità dei soci nei sei mesi successivi.ex art 2272, n. 4.
Gli eredi del socio avranno diritto alla liquidazione del valore della quota, in quanto una volta accettata l’eredità diventeranno creditori della società, ma questo, tuttavia, evita che si possano generare comproprietà non volute, come, per contro, potrebbe accadere in caso di morte di comproprietari.
Riepilogando e, in conclusione, la società semplice, almeno sul piano civilistico, con particolare riferimento alla proprietà di beni immobili, ha potenzialità di tutela e di controllo della trasmissione, molto interessanti, rispetto alla mera comproprietà, soprattutto in ottica successoria, scongiurando sul nascere, possibili forme di contitolarità non gradite.