La notorietà di questa moneta è ascrivibile al famoso errore di conio, riconducibile alla direzione delle bandierine, che farebbe acquisire alla moneta un valore importante. Questo aspetto ha messo in secondo piano altri contenuti altrettanto importanti; perché non si parla mai della sua genesi? E ancora perché ci fu un errore? Ancor meno si parla delle monete coniate successivamente, per essere immesse nella circolazione.
Andiamo con ordine e partiamo dall’anno 1957 e dell’allora ministro del Tesoro, Giuseppe Medici.
Il ministro aveva in mente un progetto per la coniazione di una moneta in oro dal valore di Lire 10.000, da donare ai parlamentari in sostituzione della solita medaglia ricordo. Purtroppo, le difficoltà politiche ed economiche del periodo, fecero rinviare il progetto che poi venne ripensato verso la fine della legislatura. Il nuovo progetto prevedeva una moneta in argento di “Prova”[1] sicuramente meno dispendiosa.
Capo incisore della Zecca, in quel periodo, era Pietro Giampaoli. Aveva preparato per una medaglia, un modello con busto femminile in stile rinascimentale, ispirandosi alla propria moglie per il ritratto.
Questo modello piacque molto al Ministro che lo volle usare come diritto della nuova moneta, rimaneva però aperta la partita per decidere il rovescio. Ci si affidò all’allora giovane, poi divenuto famoso medaglista, Guido Veroi, il quale ebbe l’intuizione di abbinare lo stile rinascimentale del diritto con l’avvenimento che aprì le porte a quel periodo: la scoperta dell’America.
Quale disegno poté unire la migliore tradizione italiana data dalla perseveranza dal genio e dall’audacia, se non le tre caravelle? Pertanto, il passo dai modelli alla coniatura della prova, con data 1957 fu breve e finalmente fu soddisfatto il desiderio dell’allora Ministro di donare a tutti i Parlamentari la moneta con le tre caravelle (figura 1).
Figura 1
Questo dono suscitò non solo clamore ma anche un fiume di complimenti e l’apprezzamento del pubblico; ciononostante un ufficiale di Marina, tale Giusco di Calabria, con una sua lettera indirizzata ad un quotidiano, lamentava che la posizione delle bandiere nel disegno doveva, per via di come il vento gonfiava le vele, essere verso prora e non verso la poppa come nell’incisione della moneta. Ovviamente si accese un dibattito che alla fine portò alla decisione di modificare la posizione delle bandierine nelle emissioni destinate alla circolazione.
Analizziamo ora alcuni dati tecnici come la descrizione, la tiratura, il diametro e il peso. Al diritto abbiamo il busto in stile rinascimentale volto a sinistra e nel giro 19 stemmi di capitali italiane. Al rovescio le tre caravelle con le bandiere rivolte verso sinistra, in basso al centro il valore, intorno REPUBBLICA ITALIANA e a ore sette, la scritta PROVA. Infine, nel contorno in rilievo, la data 1957. Molti cataloghi di numismatica riportano un numero di 1.004 esemplari coniati, ma trattasi di un dato senza riscontro ufficiale, pare invece che non sia stata inferiore ai 2.500 esemplari. Il diametro è di 29,5 mm e il peso di 11 grammi con un titolo di 835 millesimi di argento. Va da sé che trattasi di un pezzo da collezione ambito, con un valore che può variare dai 6.000 ai 10.000 €, a seconda dello stato di conservazione.
Figura 2
Finalmente nel 1958 (figura 2), per sostituire i biglietti di banca di pari valore, dopo 21 anni dall’ultima emissione in argento risalente al 1937, ricomincia a tintinnare nelle tasche degli italiani una moneta in metallo nobile. Furono infatti immesse le emissioni destinate alla circolazione che riportavano nel conio le bandiere rivolte verso destra.
Furono coniate sino al 1967, ad eccezione degli anni 1962 e 1963, nel 1961 ci fu una doppia emissione con la commemorativa dell’unità d’Italia (figura 3) e nel 1965 (figura 4) quella dedicata a Dante Alighieri. Le tirature furono abbastanza alte, per un totale di 97.840.000, rendendole di fatto monete non rare. Quando furono messe fuori corso, divennero oggetto di tesorizzazione in quanto, il valore dell’argento superava il valore nominale. Ad oggi il loro valore commerciale, qualora presenti segni di circolazione, è esattamente pari al valore del metallo. Qualora si trovino in perfetto fior di conio, ed in particolare con riferimento ad alcune date, non superano le poche decine di euro nel mercato ufficiale.
Figura 3
Figura 4
Dal 1968 al 1970 e dal 1980 al 2001, per il solo mercato collezionistico[2], la zecca ha continuato a coniare le monete in argento da lire 500 caravelle, queste emissioni non hanno mai circolato.
[1] Progetto di una moneta non destinato alla circolazione
[2] Trattasi di monete sigillate in apposite confezioni emesse dall’ istituto poligrafico e zecca dello stato.