Il passaggio generazionale nell’ambito delle imprese di famiglia è un processo complesso che deve essere valutato attentamente in quanto atto a incidere, tra le altre cose, sul futuro dell’impresa, del business e rapporti famigliari.
Nei passaggi generazionali che coinvolgono più soggetti o più rami familiari occorre individuare il leader tra i componenti della nuova generazione, che possa portare avanti l’attività imprenditoriale, evitando la dispersione di risorse e asset.
Infatti, spesso, all’interno delle famiglie non tutti i componenti hanno l’intenzione, le capacità o la formazione necessarie per il proseguimento del business aziendale.
Si potrebbero quindi creare situazioni di insoddisfazione legate al ruolo aziendale ricoperto dal singolo erede, alla quota di capitale detenuta, alla necessità di adeguarsi alle decisioni degli altri soci (che sono più o meno coinvolti nell’attività) etc.
A ciò occorre aggiungere che nel caso di elevato frazionamento della quota, l’erede insoddisfatto, si troverebbe di fatto a detenere una quota di minoranza illiquida sul mercato.
Quando è possibile recedere da una società per azioni: cosa prevede la norma
Il socio che intende recedere dalla società può farlo al ricorrere delle condizioni previste dall’art. 2437 del Codice Civile e, se “la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni (…)”.
Tuttavia, il Codice Civile non prevede la possibilità di recesso ad nutum (ossia in via unilaterale e a proprio piacimento) per le società per azioni costituite a tempo determinato.
Corte di Cassazione n. 2629/2024: diritto del socio di recedere ad nutum
Una recente sentenza della Cassazione, la n. 2629 del 29 gennaio 2024, ha affrontato tale situazione.
Il caso affrontato nella sentenza in commento riguarda una società per azioni il cui statuto prevedeva il recesso ad nutum anche se non costituita a tempo indeterminato, purché lo stesso fosse comunicato con un preavviso di 180 giorni.
La Corte di Appello di Cagliari aveva ritenuto tale clausola non lecita, ma affetta da nullità in quanto la società era costituita a tempo determinato.
I giudici di legittimità, ritenendo valida la clausola statutaria che prevede il recesso ad nutum anche nelle società per azioni a tempo determinato, hanno specificato che la funzione del recesso ad nutum è quella “perseguita dai soci fondatori e condivisa dai successivi aderenti, di assicurare ai soci la facoltà di uscita dalla società, ove non più rispondente ai propri interessi”.
Implicazioni fiscali
Tale pronuncia offre quindi uno spunto di riflessione in sede di gestione del passaggio generazionale da coordinare, tuttavia, con le implicazioni fiscali in capo ai soci in caso di recesso dalla società il cui utile realizzato – determinato sulla base del Tuir: importi percepiti dal socio meno costo fiscale della partecipazione – rientrerebbe tra i redditi di capitale con la conseguenza che:
- 1) sulla base di quanto chiarito dalla prassi (ossia dalle posizioni espresse nel corso degli anni dall’Agenzia delle entrate), il costo fiscale della partecipazione sarebbe quello riconosciuto in capo al de cuius (senza rilevare il costo determinato in sede di trasferimento della partecipazione);
- 2) ai fini della determinazione del costo non assumerebbero rilevanza precedenti rivalutazioni effettuate a titolo oneroso.