La contestazione del conto corrente determina una presunzione di comproprietà delle somme depositate
La successione sul conto corrente cointestato segue un iter diverso a seconda che questo sia a firma congiunta o disgiunta
Avere obiettivi comuni, progetti condivisi, in forza di un legame affettivo, familiare, di amicizia oppure economico, porta spesso a considerare l’ipotesi di aprire un conto corrente cointestato.
Questo è vero, ad esempio, per le coppie, soprattutto giovani, che decidono di unire le rispettive capacità economiche, al fine di salvaguardare i risparmi o, ancora, per i titolari di un’attività commerciale o di un’azienda, interessati a gestire attraverso un unico strumento le risorse per far fronte alle necessità o agli imprevisti.
Conto corrente cointestato: di cosa si tratta?
Al pari del conto corrente tradizionale, si tratta di uno strumento finanziario la cui titolarità è attribuita a due o più soggetti, persone fisiche o giuridiche.
I titolari del conto godranno dei medesimi diritti sullo stesso potendo, quali correntisti, gestire liberamente le risorse economiche correlate a questo strumento finanziario effettuando, ad esempio, pagamenti, riscuotendo incassi, accumulando risparmi. Ma non è tutto. Sul conto corrente cointestato, a seconda delle esigenze che portano i titolari ad attivarlo, sarà possibile ricevere lo stipendio, domiciliare le utenze, depositare assegni.
È bene mettere in evidenza che, anche se solitamente il conto cointestato è riconducibile a due titolari, non vi è un limite specifico di correntisti: non solo marito e moglie, o soci, anche gruppi di amici, nonni e nipoti, o un intero nucleo familiare possono aprire un conto corrente cointestato.
E invero, per attivare un conto corrente cointestato, oltre ai documenti necessari di riconoscimento, sarà necessaria la sottoscrizione di tutti i titolari.
Conto corrente cointestato: quali vantaggi?
Oltre alla praticità di poter gestire congiuntamente gli adempimenti relativi alla propria attività o i pagamenti, ad esempio di utenze comuni, il conto cointestato consente di ripartire gli oneri finanziari e pagare una sola volta i costi di gestione del conto richiesti dalla propria banca.
Ma non è tutto. Con il conto cointestato, sarà possibile:
- svolgere operazioni per conto dell’altro titolare senza la delega;
- disporre di un carnet di assegni per ogni titolare, e di un diverso bancomat;
- attuare o meno la firma congiunta, volta a limitare determinate operazioni
Occorre segnalare che, come previsto dall’art. 1854 c.c. la contestazione del conto corrente determina una presunzione di comproprietà delle somme depositate. Tuttavia ai titolari è riconosciuto il diritto alla prova contraria.
Quale differenza tra firma congiunta o disgiunta?
Il conto corrente a firma congiunta consente di mettere “un freno” alle operazioni. Tramite questa procedura rafforzata, infatti, per dare seguito a qualsiasi (o a specifiche) operazioni sarà necessaria la firma di tutti i titolari.
Al contrario, nel conto corrente a firma disgiunta, non sarà necessaria la firma di tutti i titolari per effettuare operazioni bancarie.
Conto corrente cointestato: cosa succede in caso di
successione?
È bene chiarire che in caso di morte di uno dei titolari, il titolare superstite dovrà comunicare alla banca l’avvenuto decesso, affinché l’ente possa congelare la quota riconducibile a quest’ultimo in vista della devoluzione della stessa agli eredi.
Dopo aver avviato le pratiche di successione, in particolare a seguito della dichiarazione di successione e dell’accettazione di eredità, la banca potrà avviare l’iter di trasferimento delle quote del conto a favore degli aventi diritto.
Più in particolare, occorre segnalare che la successione sul conto corrente cointestato segue un iter diverso a seconda che questo sia a firma congiunta o disgiunta:
- se a firma congiunta, poiché tutte le operazioni possono essere messe in atto solo con la sottoscrizione di entrambi i titolari, a seguito della morte di un titolare le somme contenute nel conto verranno congelate, di modo che neppure al superstite sarà data possibilità di eseguire alcuna operazione. La banca dovrà prima individuare gli eredi e le quote loro spettanti;
- se a firma disgiunta, invece, in linea di principio (fermo restando che la banca potrebbe avere altre prassi) il titolare superstite potrà eseguire operazioni liberamente, entro i limiti della quota di patrimonio lui spettante.
La dichiarazione di successione, che deve essere fatta dagli eredi entro un anno dal giorno della morte del de cuius, rappresenta il primo onere che deve essere compiuto per avviare la successione delle risorse del conto.
La dichiarazione, tuttavia, non occorre se si tratta del coniuge o di parenti in linea retta per un patrimonio ereditario complessivo non eccedente i 100.000 euro (salva la presenza di beni immobili o diritti reali insistenti su beni immobili).
Dopo aver presentato la dichiarazione, occorre versare la tassa di successione secondo le regole ordinarie, vale a dire con un’aliquota al 4% del patrimonio per coniuge e figli; al 6% per fratelli e sorelle; all’8% per tutti gli altri eredi.
Conto cointestato: cosa accade in caso di decesso di uno dei titolari?
Le sorti delle somme depositate in conto corrente cointestato in caso di morte di uno dei coniugi possono seguire diverse strade, e questo dipende dal tipo di clausola attivata al momento della creazione del conto.
Può così accadere che:
– alla morte di uno dei cointestatari le somme depositate nel conto vengono interamente ricondotte all’intestatario superstite, il quale a fronte di questo accrescimento di patrimonio rimane l’unico proprietario e titolare del conto
– alla morte di uno dei cointestatari, la metà delle somme detenute nel conto (50%) entra nell’asse ereditario e verrà distribuita seguendo le volontà del defunto o le leggi che disciplinano la successione.
Conto cointestato: il versamento di una somma appartenuta a un solo coniuge non è donazione
Sul piano strettamente civilistico, il versamento di una somma di danaro da parte di un coniuge su conto corrente cointestato all’altro coniuge non costituisce di per sé atto di liberalità.
Infatti, l’atto di cointestazione con firma e disponibilità disgiunte di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta ad uno solo dei contestatari, può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.
È questo l’orientamento di una certa giurisprudenza (tra le altre si veda Corte di Cassazione, n. 25684, 2021), ad avviso della quale, ciò considerato, si può ritenere che il mero versamento da parte del coniuge di danaro personale sul conto corrente cointestato all’altro partner non è idoneo a fondare una presunzione di appartenenza pro quota a quest’ultimo.
Ad esempio (come osservato da conforme giurisprudenza, Corte di Cassazione, sentenza n. 26983 del 2008) la cointestazione di un libretto bancario e la disponibilità di esso da parte di uno dei due cointestatari non darebbe luogo ad una liberalità d’uso o ad una donazione indiretta.
Per ritenere donazione indiretta la somma di denaro depositata in un conto cointestato, ma appartenuta ad uno solo dei cointestatari, occorre verificare in concreto l’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità.
Di chi sono le somme depositate se un titolare ha versato più dell’altro?
Sulle somme depositate dai soggetti co-titolari del conto vige una presunzione di co-titolarità.
Ad esempio, se si tratta di un conto cointestato tra marito e moglie, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza, che richiama l’art. 1854 del codice civile, il diritto sulle somme depositate è ripartito in egual modo.
La cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni. Il conto cointestato, inoltre, fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto salva la prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.
Per superare la presunzione di co-titolarità, dunque, è necessario dimostrare che le cose stanno diversamente. La prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Il partner che intende dimostrare che le somme non appartengono all’altro, anche se versate nel medesimo conto cointestato, spiegano i giudici di legittimità nella sentenza 9197 del 3 aprile 2023, deve darne prova.
Cosa succede se solo uno dei titolari ha versato le somme sul conto corrente o se solo uno ha prelevato dal conto?
Come ha osservato la Corte di cassazione con la sentenza n. 28772 del 2023, l’aver alimentato in via esclusiva il conto corrente non implica l’essere unico titolare del diritto di proprietà degli importi ivi depositati. Sulle somme depositate in un conto cointestato, infatti, vige una presunzione di comproprietà.
In questo senso, il discorso si proietta anche al contrario: se solo uno dei co-titolari ha effettuato prelievi sul conto corrente, o li ha effettuati in misura maggiore, non matura alcun diritto al rimborso da parte dell’altro titolare se (ad esempio nel caso di marito e moglie) si tratta di prelievi destinati a spese per il sostegno della famiglia.
Le spese effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.c. – che nella fattispecie traggono provvista in un conto cointestato -, non determinano alcun il diritto al rimborso.
Accertamenti fiscali e conto cointestato: cosa succede?
Qualora l’amministrazione finanziaria stia effettuando dei controlli fiscali su un contribuente, a certe condizioni, potrà estendere le verifiche anche sul conto cointestato, il quale dunque ricade sotto la titolarità di un altro soggetto, diverso dal contribuente sottoposto a verifica.
Vi sono però, in linea di massima, delle condizioni affinché questo avvenga:
- è necessario che il conto cointestato sia nella materiale disponibilità del soggetto sottoposto a verifica
- il conto cointestato deve essere gestito da un congiunto o un soggetto particolarmente vicino al contribuente
- il conto non sia realmente cointestato ma lo sia in via di fatto. Vale a dire, si tratta di un conto riferibile ad un parente o ad un altro soggetto, ma il contribuente sottoposto a verifica ha su questo conto delega ad agire.