- I pir alternativi mostrano una certa resilienza, con una raccolta netta positiva per 134 milioni di euro nel quarto trimestre dello scorso anno
- De Bellis: “Ci aspettiamo che l’andamento dei flussi si stabilizzi nei prossimi trimestri. I venti contrari dovrebbero diminuire. La Bce ridurrà presto i tassi”
Pir a doppia velocità in chiusura del 2023. Secondo l’ultima analisi di Equita, sui dati Assogestioni, i Pir ordinari hanno incassato deflussi per 2,75 miliardi di euro nell’anno, con il quarto trimestre che ha contribuito con -599 milioni. Si tratta de settimo trimestre consecutivo di deflussi, sebbene il ritmo abbia iniziato a decelerare, se si considerano i -731 milioni del terzo trimestre e i circa -270 milioni dei primi due mesi del 2024 (a fronte dei -815 milioni del primo trimestre del 2023). Diverso il caso dei Pir alternativi, che tra ottobre e dicembre dello scorso anno hanno riportato una raccolta netta positiva per 134 milioni di euro contro i +7,5 milioni dello stesso periodo dell’anno precedente, spingendo la raccolta totale del 2023 a +201 milioni.
In termini di asset under management, la “regina” dei Pir ordinari resta ad ogni modo Banca Mediolanum, con una quota di mercato del 24,5%. Seguono Intesa Sanpaolo (22,4%), Arca (13,8%), Amundi (12%) e Anima (9,2%).
Fonte: Pir Monitor, Equita
Considerando i Pir Alternativi, Intesa Sanpaolo domina il mercato con una fetta del 77,4%. Sul podio anche Amundi (al 2° posto con una quota di mercato del 6%) e Mediolanum (al terzo posto con il 5,1%), seguite da Kairos (2,9%) ed Ersel (2,7%).
Fonte: Pir Monitor, Equita
Pir, verso una stabilizzazione nel trend della raccolta
Secondo Equita, in generale l’andamento dei flussi si stabilizzerà nei prossimi trimestri, principalmente per due ragioni. Innanzitutto, i venti contrari dovrebbero diminuire, in quanto i riscatti dovrebbero ridursi. “Nel 2019 e nel 2020 la raccolta netta dei fondi Pir è stata rispettivamente pari a -1,1 milioni e -0,8 milioni”, ricorda Luigi De Bellis, co-head dell’ufficio studi di Equita. “Pertanto, dovremmo aspettarci una riduzione dei riscatti dopo il raggiungimento dei 5 anni, termine per attivare i benefici fiscali”. In secondo luogo, continua l’esperto, il primo trimestre dell’attuale ciclo di deflussi è coinciso sostanzialmente con il primo rialzo dei tassi da parte delle banche centrali mondiali, con effetti negativi sulla liquidità delle piccole e medie imprese quotate tricolori. “Ci aspettiamo che la Bce riduca presto i tassi, fungendo da catalyst positivo per le mid e small cap e per i flussi del mercato azionario”, dichiara De Bellis.
Pir alternativi, stimati 10 miliardi di aum in 5 anni
“Continuiamo a credere che i Pir, sia tradizionali che alternativi, siano eccellenti strumenti per investire in modo efficiente in un’ottica di medio-lungo termine sulle imprese italiane, specialmente pmi, con importanti vantaggi fiscali e diversificando il periodo di ingresso nel tempo”, afferma De Bellis. “Ci aspettiamo che l’andamento dei flussi si stabilizzi nei prossimi trimestri, nonostante la visibilità resti ancora bassa su un potenziale recupero dei flussi. Riconosciamo che l’attrattività dei Btp si traduce in un aumento della concorrenza sui risparmi privati, ma ci aspettiamo che il loro appeal relativo diminuisca con una riduzione dei tassi d’interesse”, dice l’esperto.
Concretamente, Equita stima che gli aum per i pir ordinari toccheranno i 18 miliardi di euro entro la fine del 2024, grazie all’effetto positivo dei mercati e alla stabilizzazione dei flussi. I pir alternativi, invece, potrebbero raccogliere tra 1 e 1,5 miliardi di euro all’anno a partire dal 2024, sfiorando i 10 miliardi di euro di aum in 5 anni. “Inoltre, per quanto riguarda i pir alternativi, crediamo che gli afflussi potrebbero essere positivamente incrementati anche da interventi normativi, tra cui l’aumento dell’allocazione a segmenti più liquidi, l’accesso allo strumento anche per persone giuridiche e la promozione di fondi per investimenti nell’economia reale”, dichiara De Bellis, definendo l’attuale definizione dei pir alternativi “eccessivamente restrittiva”.
Eltif vs Pir alternativi: chi vince con le nuove regole
“Osserviamo infine che il recente cambiamento nella legislazione europea riguardante gli Eltif (Regolamento Ue 2023/606 del 15 marzo 2023, anche noto come Regolamento Eltif 2.0, ndr) ha significativamente ampliato il campo degli investimenti ammissibili”, aggiunge De Bellis. Tra le principali novità, la normativa rende infatti più appetibili gli Eltif alla vasta platea di investitori al dettaglio eliminando i vincoli quantitativi consistenti nell’entry ticket di 10mila euro e nel limite di concentrazione del 10% del portafoglio aggregato. In più, si è abbassato il limite minimo delle attività di investimento ammissibili dell’Eltif (tipicamente illiquide) dal 70% al 55% del capitale. Quanto alle società quotate, la soglia massima di eleggibilità della capitalizzazione di mercato è stata aumentata da 500 milioni a 1,5 miliardi di euro. “Riteniamo che questi cambiamenti abbiano migliorato il profilo competitivo degli Eltif rispetto ai Pir alternativi. Sebbene le due definizioni fossero inizialmente simili, gli Eltif sono ora regolamentati in modo più attraente per gli investitori”, scrive De Bellis. Pertanto, conclude, poiché “le normative europee sono progredite, le normative italiane dovrebbero seguire lo stesso esempio”.