La crociera spesata con il Btp è ormai diventato un meme. Scanzonato e approssimativo quanto si vuole nelle scelte di marketing, l’obiettivo del governo italiano è chiaro: piazzare più debito pubblico nei portafogli delle famiglie. Lo ha confermato, nei giorni dell’ultima emissione di Btp Valore, la stessa premier Giorgia Meloni: il successo dell’emissione retail “ci consente di essere più padroni del nostro destino, perché quando il tuo debito pubblico è nelle tue mani sei meno sottoposto alle pressioni esterne”. Limitare le future oscillazioni dello spread limitando il possesso di debito italiano in mano estera è una manovra logica per il Tesoro, che con un elevato debito pubblico da gestire non vuole lasciare scoperta l’opportunità di piazzare più debito alle famiglie. Per le reti di consulenza finanziaria non è facile ribattere agli spot di Stato, anche se è facile comprendere che mettere tutte le uova in un paniere a “tripla B” non è esattamente la strategia a basso rischio che molti clienti italiani richiedono.
“Il ritorno alla remunerazione dei mercati obbligazionari e la conseguente crescita dei rendimenti offerti dai Btp hanno fortemente attratto i clienti. Questa focalizzazione ha generato alcune distorsioni in una logica di consulenza e portafoglio nell’utilizzo dei titoli di Stato, che possono essere riassunti nei seguenti temi: eccesso di concentrazione, scarsa attenzione agli orizzonti temporali e alla volatilità nel breve termine, in caso di disinvestimento per esigenze di liquidità, errata valutazione degli obiettivi di rendimento, soprattutto in una logica di protezione del valore reale e non solo nominale degli investimenti”, ha raccontato a We Wealth Matteo Petri, Responsabile consulenza e Active advisory di Banca Aletti, banca private e centro di investimento del Gruppo Banco Bpm.
“Il rialzo dei tassi avvenuto nel corso del 2022 ha portato i clienti, delusi dalle performance dei prodotti di risparmio gestito, a chiedere soluzioni basate sull’investimento diretto in singole emissioni obbligazionarie”, ha dichiarato Petri, facendo ricostruendo quanto avvenuto lo scorso anno. “In prevalenza l’attenzione è stata riposta sui Titoli di Stato italiani ma anche su obbligazioni societarie con rendimenti particolarmente interessanti. In questi casi la richiesta era quella di avere un ‘rendimento certo’ e ‘assimilabile’ ai titoli di stato’.
Fondi flessibili
Come si risponde ai frequenti errori di valutazione di chi esagera con i soli Btp? “In una logica di portafoglio, non si può parlare di alternativa ai titoli italiani, ma di integrazione con questa tipologia di investimento fortemente voluta dai clienti”, ha affermato Petri, riconoscendo che il Btp si può affiancare, più che sostituire. Sì, ma con che cosa? “Sono stati proposti dei fondi flessibili con strategie di investimento che prevedevano soluzioni sia governative sia in obbligazioni societarie a livello globale”, ha risposto il responsabile della consulenza di Aletti, “inoltre, la corretta definizione degli orizzonti temporali ha permesso di integrare l’investimento in Btp con fondi a breve termine per consentire una migliore gestione delle esigenze di liquidità”. Anche le polizze di ramo I, aggiornate ai nuovi rendimenti più elevati hanno permesso di ricomprendere anche altri bisogni del cliente nel lungo termine, “gestendo il rischio duration”.
Certificates
Nella consulenza di portafoglio evoluta, poi, si ricorre anche a “certificates o di titoli obbligazionari sotto la pari per compensare le eventuali minusvalenze realizzate”. Chiudono il quadro “la proposta di alcuni fondi a “spread” con livelli di rischio maggiori, in una logica ‘barbell credit’ rispetto a investimenti corporate investment grade”, ha proseguito Petri, “ha consentito di integrare, per i clienti più esigenti, soluzioni con rendimenti attesi più elevati quali, ad esempio, strategie high yield con duration breve, emerging market debt e soluzioni di investimento su strumenti ibridi finanziari”.
Fondi a scadenza
I dati di Assogestioni sul 2023, hanno poi mostrato un’eccezione importante nel panorama negativo della raccolta gestita: i fondi obbligazionari a scadenza. “La forte attenzione ai Btp e la disaffezione verso i tradizionali fondi obbligazionari hanno portato a considerare i fondi a scadenza come una nuova alternativa e una nuova opportunità di investimento”, ha confermato Petri. Ad aver attirato gli investitori sono più le somiglianze, che non le differenze che questi prodotti hanno con il caro vecchio Btp. “La possibilità di strutturare soluzioni di investimento in linea con le condizioni di mercato, con le richieste dei clienti e le loro attese, in termini di rendimento e orizzonti temporali, hanno rappresentato quei punti di forza che hanno catalizzato l’interesse sia dei consulenti che dei clienti”, ha affermato il responsabile di Banca Aletti. A fronte di questi vantaggi altamente considerati dai clienti, ci sono anche i tradizionali vantaggi apportati dalla diversificazione.
“La necessità di non concentrare i portafogli e di mantenere adeguati livelli di diversificazione, sia dal punto di vista dell’insieme del portafoglio che di singola asset class, sono ulteriori elementi di spinta verso soluzioni a scadenza che permettono di mantenere una complessiva efficienza del portafoglio dei clienti”, ha dichiarato Petri. “Per fare un esempio, nel corso del 2023 fino a ottobre, a fronte di oltre 123mila emissioni obbligazionarie governative e societarie a livello globale, solo 895 erano sottoscrivibili da investitori retail di cui 31 denominate in euro”. Il vantaggio in termini di espansione dell’offerta è dunque evidente: “La proposta di una soluzione a scadenza rappresenta una valida diversificazione alla concentrazione in singole obbligazioni”, ha concluso Petri, “permette di accedere a un universo investibile molto più ampio beneficiando del monitoraggio costante della qualità degli emittenti nel portafoglio da parte di un gestore professionale”.