- Tendenze che si credeva sarebbero diventate definitive, plasmando quello che in tanti immaginavano come il “new normal” post-pandemico, sono in realtà sfumate
- Zoom ha incassato una contrazione di circa l’80% dalla fine del 2020, bruciando oltre 77 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato
Sono trascorsi poco più di quattro anni da quando l’Italia, quel 9 marzo del 2020, diventò “zona rossa”. Il covid sembra ormai un lontano ricordo per le Borse, ma non per molti di quei titoli che ne erano usciti vincenti. Secondo un’analisi del Financial Times, le 50 aziende cresciute di più nell’anno dello scoppio dell’emergenza pandemica hanno perso infatti nell’ultimo triennio circa 1.500 miliardi di dollari in termini di valore di mercato.
Borsa post-covid: i titoli perdenti
Le ragioni sono diverse. Prima fra tutte, tendenze che si credeva sarebbero diventate definitive, plasmando quello che in tanti immaginavano come il “new normal” post-pandemico, sono in realtà sfumate. È il caso per esempio del colosso statunitense delle videoconferenze Zoom, le cui azioni sono salite fino al 765% nel 2020 con l’introduzione dello smart working per poi incassare una contrazione di circa l’80% dalla fine di quell’anno, bruciando oltre 77 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Allo stesso modo RingCentral, fornitore americano di prodotti e servizi di comunicazione basati su cloud, ha visto il suo business decollare nel 2020, ma da allora ha perso circa il 90% del suo valore.
Fonte: Financial Times
Tra le “sconfitte” anche la società americana di attrezzature sportive Peloton, che nello stesso periodo ha lasciato sul terreno oltre il 97%, ovvero circa 43 miliardi di dollari. Proprio la scorsa settimana l’azienda ha tra l’altro annunciato le dimissioni del suo amministratore delegato, Barry McCarthy, oltre a un taglio del 15% della forza lavoro. Allo stesso modo, colossi dell’e-commerce come Shopify, JD.com e Chewy, che inizialmente hanno prosperato grazie al boom della spesa online, hanno subito forti perdite (pari rispettivamente al -27,9%, -63,6% e -81,3% nel triennio). Senza dimenticare Tesla che, dopo aver visto il suo valore di mercato balzare del 787% a 669 miliardi di dollari alla fine del 2020, si è trovata a digerire una perdita dell’11,9%, scivolando a 589 miliardi di dollari.
Fonte: Financial Times
Un’altra “campionessa” del 2020 fu Sea Group, società di piattaforme internet e mobile fondata a Singapore: il suo valore di mercato salì da 19 a 102 miliardi di dollari quell’anno, grazie a un’esplosione di interesse per le sue attività principali, dai giochi all’e-commerce fino ai pagamenti digitali. Ma da allora l’azienda ha perso oltre il 60% del suo valore, più precisamente il 63,2%. Da considerare infine il tema dei vaccini e più in generale della domanda di farmaci che, con il covid-19, ha favorito la crescita non solo di colossi come Moderna e Pfizer ma anche di altre società cinesi meno note, come WuXi biologics, Chongqing zhifei biological products e Alibaba health information technology. Poi, i timori degli investitori sull’imprevedibilità della richiesta di vaccini hanno finito per invertirne la rotta (basti pensare che Pfizer ha completamente annullato i guadagni del 2020 e del 2021).
I 7 titoli che hanno “resistito”
In definitiva, evidenzia il quotidiano economico-finanziario britannico, solo sette dei 50 titoli vincenti del 2020 hanno visto crescere il loro valore di mercato in questi anni: la casa automobilistica cinese Byd (+13,7% da fine 2020), la società di sicurezza informatica CrowdStrike (+64,9%), le società di software The Trade Desk (+18,7%) e Datadog (+40,6%), la compagnia telefonica T-Mobile Us (+13,7%), la società cinese Catl specializzata nella produzione di batterie agli ioni di litio per autoveicoli elettrici e sistemi di accumulo di energia (+0,8%) e infine la società argentina di e-commerce e aste online Mercado Libre (+0,6%).