Il prossimo 26 febbraio il ministero del Tesoro proporrà alle famiglie italiane un nuovo Btp Valore, le cui caratteristiche di fondo ricalcano, in buona parte, quelle della precedente emissione avvenuta lo scorso ottobre.
Sin dall’esordio il Btp Valore ha proposto agli investitori un meccanismo di remunerazione un po’ più complesso di quello tradizionale: la cedola step up. Con questo sistema la cedola non è costante, ma aumenta a partire da una certa data.
E’ meccanismo che conviene agli investitori? E perché il Tesoro sembra preferire questa soluzione rispetto a una normale cedola fissa?
Btp Valore del febbraio 2024, un ripasso
Al momento, sappiamo che il prossimo Btp Valore avrà una durata di sei anni e pagherà una cedola ogni tre mesi, con un premio finale dello 0,7% per gli investitori che terranno il titolo in portafoglio dall’emissione fino alla scadenza.
A partire dal quarto anno, il rendimento corrisposto da Btp Valore aumenterà. Di conseguenza, si viene a creare una struttura 3+3, nella quale il rendimento, nella seconda fase, sarà superiore a quello della prima.
Il prossimo 23 febbraio il Mef comunicherà i rendimenti delle due rispettive fasi: solo a quel punto sarà possibile calcolare il rendimento effettivo del Btp Valore e fare un confronto con gli altri Btp paragonabili.
Una cedola che aumenta è più vantaggiosa?
Apparentemente, una cedola che fa un salto in avanti strada facendo sembra più conveniente dell’alternativa fissa, perché nella seconda fase la percentuale sarà relativamente alta. Il Btp Valore emesso lo scorso ottobre, ad esempio, offriva il 4,1% nei primi tre anni di vita e del 4,5% il quarto e il quinto anno. Fissare l’attenzione solo sulla seconda percentuale, quella più alta, potrebbe far perdere di vista il vero rendimento finale. Infatti, il rovescio della medaglia è che nella prima fase il Btp Valore offre una cedola solitamente inferiore a quella del Btp tradizionale comparabile.
L’esperienza maturata con le precedenti emissioni di Btp Valore, pertanto, suggerisce un giudizio moderatamente positivo. Una volta fatti i calcoli, il “vantaggio” del Btp Valore si era ridotto a circa a uno 0,2% di rendimento lordo in più ogni anno, a condizione di averlo acquistato durante l’emissione primaria del Tesoro e mantenuto fino a scadenza (incassando così il premio fedeltà). Al momento, però, non sappiamo se l’extra rendimento previsto dal Btp Valore in arrivo a febbraio sarà simile a quello osservato per le emissioni precedenti. E’ lecito aspettarsi un piccolo extra rendimento, ma non un grosso premio rispetto ai rendimenti di mercato.
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Perché proporre una cedola step-up
Se, a conti fatti, il rendimento fra Btp Valore e Btp tradizionale non è mai stato molto diverso, perché il Tesoro offre alle famiglie la cedola step up, nonostante complichi un po’ la vita a chi intenda calcolare il rendimento annuo medio?
Una possibile risposta è che l’attesa di una cedola più elevata in futuro dovrebbe incoraggiare i risparmiatori a non vendere il Btp in anticipo sulla scadenza. Come vedremo, questo è un vantaggio per contenere i costi del debito pubblico a carico dello Stato.
Dal momento che nel 2024-25 ci si aspetta un progressivo calo nei tassi d’interesse, per via della costante riduzione del tasso d’inflazione, alcuni risparmiatori potrebbero essere tentati di vendere le proprie obbligazioni, il cui prezzo aumenta quando i rendimenti di mercato diminuiscono.
Nel corso del prossimo biennio, poi, andrà a ridursi la quota di Btp detenuta dalla banca centrale, esponendo di più alle dinamiche di mercato la definizione di un rendimento “corretto” per l’elevato debito pubblico italiano. Questo processo potrebbe far aumentare lo spread e il costo sostenuto dallo Stato, sotto forma di interessi, per finanziare la spesa pubblica.
La combinazione di una cedola crescente e di un premio fedeltà che si ottiene solo mantenendo il titolo fino alla scadenza dovrebbe incoraggiare le famiglie a non vendere i propri titoli in anticipo.
Per lo Stato questo è un vantaggio, perché la vendita di Btp sul mercato contribuisce far salire i rendimenti e, di conseguenza, i costi di finanziamento del debito pubblico. La strategia del Tesoro, espressa in un documento che avevamo raccontato in questo articolo, prevede di aumentare la quota di debito pubblico detenuto dalle famiglie italiane. In questa direzione si muove anche l’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo dell’Isee, inserita in Legge di Bilancio.
Il fondamento logico di un debito posseduto in quota maggiore dalle famiglie, potrebbe essere quello di ridurre le possibili speculazioni sul debito italiano (ossia vendite di Btp), nel caso si presentasse una crisi di fiducia.