Nella prima stesura della norma, cioè prima della conversione, l’agevolazione del rientro dei lavoratori impatriati (art. 16, D.Lgs. n. 147/2015) è stata potenziata portando la detassazione del reddito dal 50 al 70% (30% tassabile). Al contempo, sono state allargate le maglie per l’accesso, al punto da farvi rientrare anche soggetti privi del requisito della qualifica o specializzazione, fra cui appunto gli sportivi, ma anche gli artisti, ecc.
Probabilmente l’incentivo era andato oltre quanto voluto dal legislatore, il quale ha però colto l’occasione per introdurre una disposizione ad hoc per i soli sportivi professionisti, che vengono a svolgere la loro attività in Italia. Si tratta di una disposizione simile a quella adottata in passato dalla Spagna, la cosiddetta legge Beckham, con grandi benefici per le squadre spagnole come il Real Madrid e il Barcellona, che hanno potuto attirare giocatori di chiara fama internazionale pagandoli meno. Difatti, gli sportivi negoziano i compensi al netto delle imposte sui redditi.
La nuova disposizione si applica solo agli sportivi professionisti, ma non ai loro agenti (art. 2 della legge n. 91 del 23 marzo 1981) ovvero:
- gli atleti
- gli allenatori
- i direttori tecnico-sportivi
- i preparatori atletici
i quali devono esercitare l’attività sportiva:
- a titolo oneroso;
- con carattere di continuità;
- nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni;
- conseguendo la qualifica di attività professionistica dalle federazioni sportive nazionali.
Con riferimento all’ultimo punto, attualmente le federazioni che hanno riconosciuto il professionismo sono:
- Federazione italiana giuoco calcio (Figc);
- Federazione ciclistica italiana (Fci);
- Federazione italiana pallacanestro (Fip);
- Federazione italiana golf (Fig).
Restano ferme le altre condizioni soggettive per poter accedere al regime di favore ovvero:
- trasferire la residenza fiscale in Italia (ai sensi dell’art. 2 del Tuir);
- impegnarsi a mantenere la residenza in Italia per almeno due anni;
- non essere stati residenti in Italia nel corso dei due periodi di imposta precedenti.
Infine, è richiesto che i redditi siano prodotti in Italia. Sulla base dei precedenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate, ciò significa che l’attività deve essere svolta in Italia per almeno 183 giorni nel corso dell’anno solare (circ. n. 17 del 23 maggio 2017 § 3.3).
Se le condizioni sopra sono rispettate, i redditi di lavoro dipendente, assimilati a quelli di lavoro dipendente e autonomo, sono detassati al 50% per cinque anni. Per contro, sui compensi tassabili è dovuto un contributo pari allo 0,5% che sarà destinato al potenziamento dei settori giovanili.
La detassazione è prorogata di ulteriori cinque anni nel caso in cui lo sportivo abbia un figlio minorenne a carico o acquisti un’abitazione residenziale in Italia nei dodici mesi precedenti il trasferimento o successivamente al trasferimento. L’abitazione può essere acquistata anche dal coniuge, dal convivente o dai figli.
Le prestazioni sportive rientrano per presunzione nella categoria del lavoro subordinato (art. 3, L. n. 91/81), salvo casi particolari, mentre quelle dei dirigenti possono rientrare alternativamente nella categoria del reddito subordinato o assimilato.
Qualche criticità emerge in merito alla qualifica dei compensi che esulano dalle prestazioni sportive in senso stretto. Si ritiene che siano agevolabili i fringe benefit, quali spese di trasloco, vitto e alloggio, autovettura, rette della scuola dei figli, ecc. Altri compensi, in particolare quelli legati agli sponsor o alla cessione del diritto di immagine, possono rientrare nella categoria dei redditi diversi e di conseguenza non beneficiano del regime speciale.
In passato, un altro giocatore di chiara fama internazionale – Ronaldo – era venuto a giocare in Italia attratto da un altro regime fiscale di favore, quello dei neo-residenti. Sulla base di tale regime, tuttavia, tutti i redditi di fonte italiana sono tassati pienamente, mentre quelli di fonte estera sono soggetti a un’imposta forfetaria nella misura di 100mila euro (oltre 25mila per ogni familiare al seguito). È bene sottolineare che il regime in esame e quello dei neo-residenti sono alternativi (art. 1, c. 154, L. n. 232/2016). Non è quindi possibile optare per il regime della “Legge Balotelli” per i redditi di fonte italiana e quello della “Legge Ronaldo” per i redditi di fonte estera.
Quest’ultima richiede un’assenza dall’Italia di nove periodi di imposta (nel corso degli ultimi dieci) a differenza della Legge Balotelli che ne richiede solo due. Nel caso in cui lo sportivo soddisfi tutti i requisiti imposti da entrambe le disposizioni, ha facoltà di optare per quella che ritiene più conveniente dopo un’attenta valutazione.
Come accennato, agli sportivi professionisti è invece precluso l’accesso al regime del rientro dei lavoratori.
La disposizione si rende applicabile ai soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dall’anno 2020. Posto che la residenza fiscale deve essere verificata per la maggior parte del periodo di imposta, il trasferimento della residenza in senso civilistico (iscrizione nel registro dei residenti) deve avvenire dopo il 2 luglio 2019.
Chi trasferisce la residenza nel corso della seconda metà dell’anno, viene trattato come non residente fino alla fine dell’anno; i redditi percepiti durante tale frazione del periodo di imposta non sembrano poter essere ammessi al beneficio della detassazione. L’Agenzia delle Entrate è chiamata a prendere posizione su questo e gli altri punti ancora non chiari della norma.