Nell’ambito tributario, i conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento trovano una particolare disciplina di vantaggio, in considerazione della particolare natura dell’operazione.
Vale al riguardo osservare, infatti, che, in queste operazioni[1], il nesso tra la partecipazione e il suo titolare non viene reciso, come nella compravendita, ma viene sostituito dalla partecipazione ricevuta in cambio del conferimento stesso, di cui il conferente continua a mantenere – sia pure in forma mediata – l’interesse che lo legava alla partecipazione conferita.
Alla luce di quanto specificato, pertanto, si comprende come le operazioni in parola presentino una natura “ambivalente”: all’effetto traslativo disposto dal codice civile, che giustificherebbe la tassazione piena, tipica delle operazioni realizzative, si affiancano la funzione e il fine della riorganizzazione, che in ambito tributario comportano generalmente la neutralità.
Il regime del “realizzo controllato”
La natura ambivalente di queste operazioni ha spinto il legislatore del Tuir a tassare i conferimenti di partecipazioni di controllo e di collegamento secondo un duplice criterio:
- da un lato, rispettando il principio della simmetria fiscale tra valori tassati in capo al soggetto conferente e valori fiscalmente riconosciuti in capo alla società conferitaria;
- dall’altro, mitigando la tassazione del conferente, mediante previsione di un regime – cosiddetto del “realizzo controllato”, meglio descritto infra – che si pone “a metà”, tra il modello del realizzo pieno di cui all’articolo 9 del Tuir e quello della neutralità fiscale, tipico delle operazioni di riorganizzazione (conferimenti d’azienda, fusioni e scissioni).
Entrando più nel dettaglio, vengono in rilievo in particolare gli articoli 175 e 177 del Tuir. In particolare:
- l’articolo 175 del Tuir disciplina i conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento ex articolo 2359 del codice civile effettuati tra soggetti residenti, nell’esercizio di imprese commerciali. Per detti conferimenti, si prevede che la plusvalenza del conferente sia determinata assumendo, quale corrispettivo ricevuto, il maggiore tra (i) il valore contabile di iscrizione delle partecipazioni ricevute in cambio nel bilancio del conferente e (ii) quello di iscrizione delle partecipazioni conferite nel bilancio del conferitario.
Il regime in commento viene dunque definito come del “realizzo controllato”, perché il valore fiscale del realizzo coincide con il valore contabile per il quale è stato effettuato il conferimento, quale – appunto – deciso (e quindi “controllato”) dalle parti. Si noti, inoltre, che, laddove l’operazione avvenga “in continuità” di valori (perché l’incremento del patrimonio netto contabile della conferitaria ed il valore di iscrizione in bilancio delle partecipazioni ricevute in cambio dal conferente sono pari all’ultimo costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni conferite), il regime in commento comporterà altresì l’assenza di emersione di materia imponibile, similmente ad un regime di neutralità fiscale.
- Alla disposizione citata si aggiunge l’articolo 177, comma 2, del Tuir, che ha ad oggetto la specifica ipotesi del conferimento di partecipazioni, con il quale la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1, del codice civile (cosiddetto “controllo di diritto”), ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo già detenuta. La disposizione in esame stabilisce che, in detta particolare ipotesi, le azioni o quote ricevute dal conferente a seguito del conferimento sono valutate, ai fini della determinazione del reddito dello stesso, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento.
In termini di coordinamento, la disposizione in parola trova diversi punti di contatto (e di sovrapposizioni applicative) con la precedente, discostandosene tuttavia per altri profili, tra cui quello dell’ambito soggettivo di applicazione, che include le persone fisiche che detengono le partecipazioni come privati e non come imprenditori. Come nel caso dell’articolo 175, inoltre, essa prevede (non già un regime di neutralità, bensì) una particolare modalità di determinazione del “valore di realizzo” del conferimento, basata, come indicato, sul valore (contabile) dell’incremento di patrimonio netto effettuato in contropartita al conferimento (realizzo controllato).
Con riferimento alla disposizione in commento, infine, occorre evidenziare che il decreto Crescita (decreto-legge n. 34 del 2019) ne ha esteso l’ambito applicativo ai conferimenti di partecipazioni di minoranza effettuati a favore di società interamente partecipate dal conferente (esistenti o di nuova costituzione), a condizione che dette partecipazioni siano qualificate e cioè rappresentino una percentuale di diritti di voto in assemblea ordinaria superiore al 2 o 20%, ovvero una partecipazione al capitale superiore al 5 o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni[2].
Ragioni di cautela, tuttavia, hanno indotto il legislatore a prevedere che, nel caso di specie, l’eventuale successiva cessione da parte della conferitaria delle partecipazioni ricevute in sede di conferimento possa beneficiare del regime di esenzione di cui all’articolo 87 del Tuir (cosiddetto “p.ex.”) solo dopo il termine di sessanta mesi[3], in luogo dei dodici mesi ordinariamente previsti.
La modifica normativa apportata dal decreto Crescita, pertanto, estende la spettanza del regime dell’articolo 177, comma 2, del Tuir alle fattispecie di conferimento di partecipazioni qualificate (e quindi anche di minoranza), quando queste operazioni siano finalizzate alla costituzione di holding personali dei soci (in passato censurate dall’Agenzia: cfr., in relazione all’ipotesi di conferimento contestuale di più partecipazioni qualificate seguito da una scissione della conferitaria finalizzata alla costituzione di holding personali dei soci, la risposta all’interpello dell’Agenzia delle entrate n. 30 del 2018).
Si segnala, infine, che entrambi gli articoli 175 e 177, sopra richiamati, pongono ancora una serie di rilevanti questioni interpretative, che debbono essere attentamente valutate in sede di loro applicazione.
Conclusioni
La particolare congiuntura economica di questi tempi rende urgente, per le aziende familiari italiane, la necessità di intervenire sui propri tradizionali punti di debolezza, anche mediante la ridefinizione dei propri assetti societari. La recente evoluzione della disciplina sui conferimenti di partecipazioni “qualificate” amplia, di fatto, il ventaglio degli strumenti a tal fine utilizzabili, pur richiedendo un’attenta analisi dei presupposti applicativi e delle principali questioni interpretative.
[1] Così come nei conferimenti d’azienda o di rami d’azienda.
[2] Per i conferimenti di partecipazioni detenute in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni (cosiddette holding), le predette percentuali si riferiscono a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale, secondo la definizione rilevante ai fini del Tuir. Esse si determinano, relativamente al conferente, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa.
[3] E precisamente: previo ininterrotto possesso dal primo giorno del sessantesimo mese dodicesimo mese prece-dente a quello dell’avvenuta cessione delle partecipazioni ricevute.