- Il 90% delle reti e banche private intercettate da We Wealth garantisce part-time su richiesta dedicato al rientro post maternità-paternità
- Luigi Conte, presidente di Anasf: “Occorre coinvolgere anche i giovani nel dialogo, alla ricerca di una soluzione comune”
La parità di genere continua a chiedere il conto all’industria finanziaria. Secondo l’Osservatorio sul wealth management al femminile di We Wealth, presentato in occasione dell’evento Consulenza – sostantivo femminile organizzato da Anasf nella cornice del Palazzo dei Normanni di Palermo, qualcosa sta iniziando a cambiare. Ma a macchia di leopardo: c’è chi ha fatto una fuga in avanti, includendo fino all’80% di donne tra i c-level e chi invece “arranca” ancora. Tuttavia, la sfida dell’inclusione non è solo una questione di numeri.
La fotografia dei 10 operatori coinvolti tra reti di consulenza e banche private rivela in effetti un tentativo dei player di fare la propria parte contro i gender gap. Il 90% ha organizzato nell’ultimo biennio eventi formativi dedicati all’intera compagine aziendale sulla differenza di genere e il suo valore, gli stereotipi o gli unconscious bias; c’è anche chi garantisce part-time su richiesta dedicato al rientro post maternità-paternità, chi prevede percorsi di formazione, coaching e aggiornamento professionale e chi cita percorsi di carriera rivolti alle professioniste. Tutti gli operatori garantiscono orari di lavoro flessibili in entrata e uscita e dichiarano di avere un presidio volto alla gestione e al monitoraggio delle tematiche legate all’inclusione, alla parità di genere e all’integrazione. E non manca chi offre un asilo aziendale (Allianz Bank Financial Advisors, Banca Generali, Bnl-Bnp Paribas, Crédit Agricole Italia, Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking e Poste Italiane).
Consulenti: la differenza tra dipendenti e partita Iva
Ma resta ancora molto da fare. “Innanzitutto occorre evidenziare una rilevante differenza tra lavoratrici dipendenti e lavoratrici a partita Iva”, sostiene Susanna Cerini, tesoriera di Anasf. “Probabilmente non è ancora passato il concetto di libertà nella gestione della famiglia e di conciliazione vita-lavoro abilitati dalla professione. Ma c’è anche un tema di mancati sostegni alla maternità per le lavoratrici autonome”. Secondo Alma Foti, vicepresidente di Anasf, esiste il rischio che si riduca il tema unicamente a una questione di quote. “Ne stanno parlando tutti, ma vorrei che non ne facessimo una questione di numeri”, dice Foti. “Spesso vengono lanciate campagne sulla percentuale di donne manager sul totale, per esempio stabilendo che per ogni cinque professioniste due debbano essere donne. Ma non è così che si risolve il problema, perché si continuano a non valorizzare i talenti e le competenze”.
Meno di una donna su cinque investe regolarmente
Tra l’altro sono le stesse investitrici a chiedere sempre più spesso di confrontarsi con consulenti donne. Stando a una recente ricerca di JP Morgan asset management, meno di una donna su cinque in Europa investe regolarmente. Più di un terzo di tutte le donne coinvolte nell’analisi – quasi 4mila di età compresa tra i 30 e i 60 anni – investe tramite la propria banca, mentre poco meno di una su cinque tramite un consulente. Ad ogni modo, ciò che cercano in un professionista, nel 46% dei casi, è rassicurazione. “Le donne hanno una visione più a lungo termine rispetto agli uomini. Sono più caute nei loro investimenti e rivelano un processo decisionale molto razionale e pragmatico”, racconta Laura Barberis, head of marketing Italy di JP Morgan AM. “Cercano la condivisione con un professionista perché vogliono raccogliere altri punti di vista prima di prendere una decisione”.
C’è infine un tema di educazione finanziaria. “La formazione è importante per diventare autosufficienti e per imparare a decodificare il linguaggio di chi le accompagna nelle scelte. Facilita il rapporto tra professionisti dell’investimento e risparmiatrici”, osserva Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. Per Luigi Conte, presidente di Anasf, è necessario insistere su una definizione chiara di educazione finanziaria come modello di servizio. E comprendere che la parità di genere non riguarda soltanto le generazioni attuali ma soprattutto quelle future. “Non parlerei di quote, ma della ricerca di un equilibrio”, esorta Conte. “Occorre coinvolgere anche i giovani nel dialogo, alla ricerca di una soluzione comune. Ed educare gli uomini affinché inizino a comprendere che esiste un’altra prospettiva”.
Articolo tratto dal n° di luglio/agosto di We Wealth.
Abbonati subito qui per leggere ogni mese il tuo Magazine in formato cartaceo o digitale