Nel 2023 il risparmio gestito ha sofferto; non è stato così per il reddito fisso, come rivelano i dati di Morningstar e di Assogestioni, che ne evidenzia la raccolta positiva. «Una raccolta non corretta – ammonisce Luca Anzola (responsabile multimanager alternative investment di Fideuram AM sgr) – mirata alla gestione passiva o al Btp e ad altre singole emissioni. Del resto l’investitore italiano da anni non vedeva rendimenti del 4-5% sulla carta obbligazionaria.
Un singolo buy and hold deve essergli sembrato l’investimento migliore del mondo» perché non abituato ad avere “funzionante” la parte obbligazionaria del suo portafoglio. «Dico che l’obbligazionario ha raccolto sulla parte sbagliata perché mai come in questo momento le leve di valore sulla gestione obbligazionaria sono state così tante. Oggi un bravo gestore può fare bene sia sulla gestione attiva della duration, sulla scelta dei titoli, sull’allocazione. Ma ha bisogno di flessibilità. Oggi i rendimenti sono spiegati dal tasso e non da altri componenti di rischio». Il mercato attuale è «stimolante» ma non semplice. È per questo che Anzola vede «un futuro per la gestione attiva» della parte bond nei portafogli nei prossimi mesi.
L’opportunità dei bond ad alto rendimento al di là dei Btp
Valerio Angioni (fixed income investment director di Jupiter AM) vede valore nei titoli governativi, piuttosto che in quelli societari. Stando ai dati Morningstar, nell’azionario la gestione passiva batte la attiva; nell’obbligazionario è vero il contrario. Spiega Luca Anzola: «Il mercato obbligazionario è molto più profondo di quello azionario (la profondità di un mercato è la sua capacità di assorbire ordini anche ingenti senza che si abbia un impatto rilevante sul prezzo, ndr). Un bravo gestore obbligazionario, a parità di emittente, riesce ad avere molte più leve di generazione del valore. Inoltre nel settore dei bond i premi al rischio sono stratificati (duration, rischio di credito, liquidità, complessità) e si muovono come delle curve parallele che si allargano e si restringono. Se fra due o tre anni sarà ancora così, vuol dire che saremo ancora in presenza di alpha vero e non “guidato” dalle banche centrali». Del resto oggi sulle asset class ci sono degli spread veri, che consentono davvero una gestione attiva: «bisogna fare veramente selezione dei sottostanti, sulla parte a rischio»
Roberto Arosio (head of wealth management and investment di Banca Aletti). I Btp sono nel DNA dell’investitore italiano. Ma i tassi, almeno nella componente euro, a breve scenderanno e verrà meno quella componente di portafoglio. Il portafoglio andrà ribilanciato».
La gestione attiva è fondamentale
Conclude Valerio Angioni: «L’alternativa dei Btp in Italia è sempre complicata da rimuovere dalla testa del cliente, ma è lo stesso anche negli altri Paesi, dal Regno Unito alla Thailandia. È sempre importante far capire che c’è del valore nella gestione attiva. Le soluzioni che le società di gestione del risparmio offrono sono molteplici. A una cosa però bisogna prestare attenzione: alla composizione del portafoglio, se è coerente con il proprio profilo di rischio. In realtà, «oltre che nell’alto rendimento, si può generare valore anche nella parte governativa: sapendola gestire».
Bisogna poi considerare che l’alto rendimento va tenuto in portafoglio sul lungo termine: «Performa similmente all’azionario, ma con meno volatilità; diciamo che vi si può guardare come a un sostituto delle azioni. Oggi l’Hy rende più dell’azionario globale, ma il problema è la sostenibilità del debito: a un certo punto questi rendimenti andranno pagati. Immaginando di avere un portafoglio – gestito – con il 50% di obbligazioni ad alto rendimento e il 50% di governativi, dal luglio 2020 avremmo ottenuto un rendimento del 2% annualizzato, con volatilità del 3,7%. Cifra che batte ampiamente i Btp e l’investment grade, nonché l’alto rendimento globale. Un esempio di come si può generare rendimento con la gestione attiva. Anche al netto delle commissioni».