- Secondo un’analisi di Aipb, il 90% dei leader del private banking ritiene che i private capital siano strategici nell’ambito della gamma di offerta
- Un private banker incontra il suo cliente circa 13 volte nel corso dell’anno. Quasi il 50% del tempo viene impiegato per discutere di impresa
La ricchezza lorda delle famiglie italiane ammonta a 11.500 miliardi. Tolto lo stock immobiliare, restano 3.500 miliardi. “Il mondo del private banking ne rappresenta circa un terzo, poco più di 1.000 miliardi di euro”, spiega Andrea Ragaini, presidente di Aipb intervenuto in occasione dell’ultimo convegno annuale di Aifi in collaborazione con Kpmg. “Una massa che può essere veicolata in modo più proficuo verso l’economia reale, considerando che i capitali private sono più pazienti. Ma i numeri sono ancora bassi”.
Clienti private pronti a investire nei mercati privati
Secondi dati raccolti da Aifi e PwC, il private banking rappresenta infatti la seconda fonte di raccolta per i mercati privati, pari a 1,4 miliardi di euro nell’ultimo triennio (dopo fondi pensione e casse di previdenza con 2,4 miliardi). “Ci sono però tre elementi positivi da considerare”, continua Ragaini. Il primo è che il 90% dei leader del private banking ritiene che i private capital siano strategici nella gamma di offerta; un ulteriore 90% crede tra l’altro che cresceranno in modo importante nei prossimi cinque anni. “Il secondo è che per veicolare i mercati privati ci vuole formazione e le aziende che fanno private banking stanno investendo molto su questo fronte. Aipb ha un dipartimento che fa formazione e nel 2023 il 60% del fatturato è arrivato proprio da aziende che hanno investito nei private capital”, racconta Ragaini. “E poi una bella notizia lato domanda: il 60% dei clienti private dichiara che sarebbe disposto a investire nei mercati privati guardando al medio-lungo termine, ma a fronte di maggiori rendimenti o opportunità di carattere fiscale”.
Come dovrà evolvere il dialogo banker-cliente
Ma non è sufficiente, avverte Ragaini. “Per noi l’importante è che l’investimento arrivi nei mercati privati italiani, non globali”, dice. Da questo punto di vista, l’industria ha un’enorme opportunità davanti. Dati dell’associazione mostrano come un private banker incontra il suo cliente circa 13 volte nel corso dell’anno. In questi incontri, quasi il 50% del tempo viene impiegato per discutere di impresa. “Occorre iniziare a parlare con l’imprenditore anche di elementi che possono aiutare la sua azienda a crescere nel tempo, quindi di governance, fonti di finanziamento e sostenibilità”, suggerisce Ragaini, ricordando come l’80% dei clienti private ritiene che la sua cultura finanziaria sia cresciuta proprio grazie all’interazione col suo consulente. “Solo così, in definitiva, potremo consentire anche alle famiglie italiane di investire con maggiore serenità nel mercato dei capitali”.
I vantaggi dell’investimento nei mercati privati
In Italia si investe circa l’1,6% in private market sul totale del prodotto interno lordo, un dato non molto distante da Germania e Spagna (1,9%) ma decisamente lontano da Francia (7,3%) e Svezia (13,2%), complici anche una serie di interventi normativi. “Se le famiglie private investirebbero nei mercati privati a fronte di quel qualcosa in più di cui parlavamo prima, bisogna portargli quel qualcosa in più”, afferma Ragaini. Poi conclude: “La consapevolezza c’è, la formazione c’è, quindi sono assolutamente positivo. Dobbiamo trovare il modo di rappresentare correttamente che l’allocazione nei mercati privati aiuta sia a compensare la volatilità di portafoglio nel medio periodo sia a ottenere risultati interessanti nel lungo periodo”.