Per la prima volta in due anni il prezzo del rame ha superato i 10.000 dollari a tonnellata lo scorso 26 aprile, in previsione di un’accelerazione della domanda per questo metallo, utilizzato in numerose tecnologie collegate alla transizione energetica e storicamente associato alla fiducia nella crescita economica globale.
Ad aver innescato la corsa, ha affermato a We Wealth Ben Laidler, Global markets strategist di eToro, è stata l’offerta da 39 miliardi di dollari che BHP aveva lanciato per la compagnia mineraria Anglo American, respinta venerdì scorso. Anglo American, la cui produzione è costituita al 30% dal rame, starebbe negoziando un’offerta migliorativa con la stessa BHP, che potrebbe essere avanzata nelle prossime settimane, secondo una fonte citata da Reuters.
Rame: effetto M&A e offerta in calo
L’importante offerta nel settore dell’estrazione del rame, che concentrerebbe sotto lo stesso gruppo il 10% del mercato, “sta riportando quindi l’attenzione sul deficit di approvvigionamento a lungo termine, esacerbato dalla recente chiusura della più grande miniera a cielo aperto del mondo, Cobre Panama, che sta riaccendendo i rischi legati all’offerta”, ha affermato Laider.
Per quanto riguarda la domanda per questo particolare metallo, lo scenario di una crescita economica superiore alle attese tende a favorirne il rally. “Per via delle sue applicazioni diffuse, dall’edilizia, all’elettronica e fino ai trasporti, il rame è considerato un indicatore affidabile dello stato di salute economica”, ha dichiarato a We Wealth John Ciampaglia, ceo di Sprott AM, un gestore specializzato in metalli preziosi, partner di HANetf.
Dove andrà adesso il mercato del rame
“Riteniamo che il mercato del rame stia entrando in un periodo di crescente deficit, in quanto la limitatezza dell’offerta incontra la crescente domanda dovuta all’aumento dell’utilizzo dell’elettricità nei Paesi in via di sviluppo e all’immenso fabbisogno di elettricità dei Paesi sviluppati per le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale”, ha proseguito Ciampaglia, “riteniamo inoltre che ciò andrà a vantaggio del prezzo spot del rame e, in ultima analisi, degli estrattori di rame”.
Inoltre, i costi di lavorazione per trasformare il rame concentrato in metallo raffinato sono crollati nel 2024. “Tali costi vengono solitamente addebitati agli estrattori dalle fonderie e ora sono scesi sotto i 10 dollari per tonnellata, molto al di sotto del precedente livello che viaggiava su quota 80-100 dollari”, ha affermato Ciampaglia, e questo ha spinto le fonderie cinesi a ridurre la produzione. “Le ultime tre volte che le spese di trattamento del rame sono scese sotto i 30 dollari, i prezzi della commodity sono aumentati del 20%, dell’11% e del 24% nei tre mesi successivi”, ha affermato.
Chi volesse esporre il portafoglio alle fluttuazioni del rame potrebbe farlo, in modo amplificato, proprio acquistando le azioni delle principali aziende minerarie attive nella sua estrazione: “Storicamente, c’è una correlazione molto forte (pari a 0,88) tra i titoli delle miniere di rame e il prezzo spot del metallo rosso”, ha aggiunto il ceo di Sprott AM, “e i titoli delle miniere estrattive hanno tipicamente quasi raddoppiato i movimenti del prezzo spot, come misurato da un beta pari a 1,8”.
Non tutti gli analisti, però, sono dell’idea che il rame continuerà a crescere nel breve termine.
In Cina, Paese da cui proviene circa metà della domanda globale di rame, le scorte di questo metallo “rimangono elevate mentre i costo aggiuntivi per il metallo importato in Cina sono scesi a zero”, il che potrebbe indicare un’offerta abbondante sul mercato al dettaglio cinese, hanno affermato gli esperti del mercato commodity di ING, Warren Patterson ed Ewa Manthey. “Riteniamo che, nel breve termine, il potenziale al rialzo dei prezzi del rame potrebbe essere limitato da fattori macroeconomici”, hanno aggiunto, “tra cui le preoccupazioni continue sulla domanda in Cina e l’incertezza persistente sulla politica monetaria degli Stati Uniti”.
In una prospettiva più lunga, tuttavia, l’offerta di rame rischia di non restare al passo con la domanda. A prescindere dalle operazioni di M&A che adesso catalizzano l’attenzione, sarà necessario incrementare la produzione e investire su nuove miniere. Secondo i calcoli di CRU Group, una società di analisi di dati specializzata sul mercato estrattivo, la produzione di rame in arrivo dalle miniere esistenti andrà progressivamente a calare nei prossimi anni e, fra il il 2025 e il 2032, occorrerebbero investimenti per 150 miliardi di dollari in nuove attività estrattive per per soddisfare la domanda globale di rame.