L’espressione che circola fra gli addetti ai lavori è “higher for longer”: in soldoni, si tratta di un periodo durante il quale i tassi d’interesse, già aumentati ripetutamente dalle banche centrali, resteranno a lungo sui livelli massimi e scenderanno più avanti e più lentamente del previsto. Questo significa molte cose per chi ha un portafoglio investito, o pensa di crearne uno adesso.
I tassi elevati e persistenti aumentano le probabilità di danneggiare l’economia forzando le imprese e le imprese a pagare di più per indebitarsi; quando questo avviene consumi e investimenti scendono, così come gli utili delle imprese.
Quali sono gli investimenti che beneficiano maggiormente di questa fase di tassi elevati e persistenti? E quali altri, avranno mesi più difficili da affrontare?
Chi sale…
- Fondi monetari: considerati un’alternativa alla liquidità, ossia alla gestione di denaro che deve tornare rapidamente disponibile, il rendimento di questi fondi è direttamente collegato all’aumento dei tassi di riferimento. Se i tassi aumentano, aumentano anche i rendimenti dei fondi monetari. Per tale ragione, questi prodotti sono stati molto gettonati nel 2023, per poter adeguare il portafoglio alla fase di stretta monetaria. Questi fondi investono in titoli governativi a brevissima scadenza e altri prodotti a basso rischio. In Europa, secondo il più recente rapporto sui flussi pubblicato da Bank of America, i fondi monetari hanno raccolto 100,2 miliardi di dollari: nessun’altra categoria di fondi ha raccolto risorse più consistenti in termini assoluti. Se i tassi si manterranno elevati a lungo, l’attrattiva dei fondi monetari, relativamente alle alternative si manterrà elevata. Rispetto all’investimento in singoli titoli di Stato a breve termine, si aumenta la diversificazione, limitando i rischi.
- Titoli di Stato a breve scadenza. L’aumento dei tassi d’interesse di solito non è una buona notizia per chi ha in mano dei bond: con rendimenti futuri più elevati, quelli offerti dai titoli già in circolazione diventano meno attraenti. Così, per vendere il titolo, si deve accettare un prezzo più basso. Se l’obbligazione è a breve termine, però, questa svalutazione è molto più limitata e mantengono meglio il proprio valore. Di solito chi acquista titoli di Stato a breve termine vuole rischiare meno, ma di questi tempi ottiene anche rendimenti molto elevati. Al 2 ottobre un Buono del Tesoro Usa a sei mesi offre un rendimento annuo del 5,55%, il titolo a un anno il 5,47%: livelli che non si sono visti per tutta l’era-post 2008. Anche il Bot italiano a sei mesi rende oltre il 4% annuo, il rendimento massimo dalla crisi del 2011.
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… E chi scende
- Azioni, i tassi alti a lungo non le aiutano. Il mercato azionario rimane in ripresa da inizio anno, negli Stati Uniti e in Europa, ma il cambiamento delle aspettative sulla durata dei tassi d’interesse elevati, per Federal Reserve e Banca centrale europea, ha ridotto decisamente le performance. Nell’ultimo mese, al 2 ottobre, l’indice S&P 500 ha ceduto il 5,11%, mentre l’Euro Stoxx 600, ha perso il 2,31%. Il rallentamento dell’economia che potrebbe comportare una riduzione degli utili realizzati dalle aziende non aiuta a sostenere il prezzo delle azioni.
- Azioni per cassettisti, meno appeal. All’interno del mercato, le azioni che pagano buoni dividendi (dividend stocks) appaiono meno convenienti come strumento difensivo, rispetto alle opzioni a basso rischio descritte sopra. Secondo i dati FactSet, sono meno di 30 le azioni che all’interno dell’S&P 500 offrono un rendimento da dividendi superiore a quello dei Treasury a sei mesi (che però offrono la garanzia della restituzione del capitale, mentre il valore delle azioni è molto volatile).
- Azioni small cap. I titoli azionari emessi da società di piccole dimensioni, come avevamo approfondito in un precedente articolo, quest’anno hanno realizzato performance molto più basse delle loro controparti a grande capitalizzazione. L’impatto negativo dei tassi elevati sull’andamento dell’economia potrebbe colpire maggiormente le società che hanno bilanci più vulnerabili, scoraggiando un’inversione di tendenza a breve termine favorevole sulle small cap.
- Obbligazioni a lungo termine. All’inizio del 2023 si immaginava una vittoria molto più rapida sull’inflazione. La speranza di chi ha comprato obbligazioni a lungo termine in quel momento era che le banche centrali avrebbero iniziato a tagliare i tassi già quest’anno, con scommesse significative sul fatto che questo sarebbe accaduto già durante l’estate. Se questo fosse avvenuto, il prezzo delle obbligazioni sarebbe aumentato di pari passo con il calo dei rendimenti (i due fattori si muovono all’inverso). Al contrario, i tassi elevati e persistenti hanno ridotto le performance delle obbligazioni: l’S&P 500 Bond index ha portato a casa, da inizio anno al 2 ottobre, appena lo 0,43%.