Dal 1° gennaio 2024 nuovi criteri definiscono la residenza degli individui in Italia ai fini fiscali. L’articolo 1 del Decreto legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023 (pubblicato il giorno successivo in GU), infatti, introduce importanti novità in merito ai parametri di qualificazione della persona residente nel nostro Paese.
Le novità del decreto 209/2023 in tema di residenza fiscale
Il Decreto n. 209/2023 in “attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale” (così è rubricato) sostituisce il testo dell’articolo 2, comma 2, del Tuir stabilendo che: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente”.
Come rivelato nella Relazione illustrativa, ai fini della determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche la modifica normativa apporta dei parametri di natura sostanziale, di derivazione internazionale e convenzionale, in ottemperanza alla raccomandazione contenuta all’articolo 3 della Legge delega n. 111 del 9 agosto scorso, la quale richiedeva una revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche (oltre che delle società e altri enti) “al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni”.
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I criteri per la determinazione della residenza
In via principale, viene individuato quale criterio primario la “residenza” ai sensi della normativa civilistica: la “dimora abituale”, come stabilita all’articolo 43 del c.c..
In secondo piano, assume rilevanza la definizione di “domicilio”: quest’ultimo, però, non deve essere inteso come il luogo “in cui essa [la persona] ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi” (come vorrebbe il dettato civilistico), bensì il centro della sfera personale e familiare dell’individuo. Viene quindi preferito l’elemento “affettivo” alla valutazione di tipo patrimoniale ed economico che faceva propendere la residenza verso il luogo della sede di lavoro.
Infine, l’elenco gerarchico dei criteri definitori di residenza è concluso dal requisito della presenza fisica nel territorio dello Stato.
La verifica combinata dei citati criteri dovrà essere, in continuità con quanto già in vigore, alternativa: basterà la soddisfazione, per la maggior parte del periodo d’imposta, anche solo di uno dei criteri per vincolare l’individuo allo Stato italiano e, quindi, ivi assoggettare a tassazione tutti i suoi redditi ovunque prodotti (principio della wordwide taxation).
Attenzione: è esplicitamente previsto che al fine del computo dei giorni totali che legano la persona al territorio italiano si dovrà tenere conto anche delle frazioni di giorno, oltre che, ovviamente, dei periodi non consecutivi.
La demolizione della presunzione di residenza legata all’iscrizione all’Aire
L’aspetto forse di maggior importanza, però, appare un altro. Con il Decreto n. 209/2023, il legislatore ha finalmente demolito la presunzione assoluta di residenza legata all’iscrizione della persona fisica all’anagrafe della popolazione residente. L’iscrizione all’Aire, ora riconosciuta come puro dato formale, è svilita in un mero criterio residuale: una presunzione relativa, superabile di fronte alla prova contraria fornita dal contribuente.
I dubbi aperti sull’individuazione delle relazioni personali e familiari
Il nuovo dettato normativo richiederà sicuramente ulteriori chiarimenti legati, in particolare, all’individuazione delle relazioni personali e familiari rilevanti per riconoscere il “nuovo” residente in Italia ai fini fiscali: si dovranno considerare solo i parenti in linea retta e il coniuge, oppure, come sembra dal dettato normativo, il perimetro di parentela è da ritenersi allargato (entro un certo grado)?
Le relazioni familiari seguiranno un rigido ordine di rilevanza (secondo il grado, appunto) o sarà ammesso dimostrare verso quale parente il contribuente ha un rapporto più forte e verso chi, invece, il legame si è affievolito? Non è difficile pensare, ad esempio, al caso di genitori separati che abitano in Paesi differenti.
I dubbi scorrono fino quasi a confondere i confini della materia tributaria: occorrerà davvero censire le amicizie della persona per comparare quelle in Italia e quelle all’estero?
E allora, chi definirà il concetto di “relazione personale”? Potremmo continuare finendo in un vortice pirandelliano, certi che la realtà supererà sempre la fantasia (del legislatore, si intende). Oltre ai dubbi già espressi, però, la modifica normativa deve essere vista con favore in quanto offre un’importante interpretazione, da considerare altresì per i contenziosi ancora aperti: davanti alla norma convenzionale, l’iscrizione all’Aire è una desueta formalità.