Hai comprato casa ma ti sei scordato un passaggio formale? Preparati a versare l’imposta piena. Succede più spesso di quanto immagini, soprattutto quando la proprietà arriva per sentenza. Il Fisco, in questi casi, non concede seconde chance: la dichiarazione “prima casa” va resa prima – o al più tardi contestualmente – alla registrazione dell’atto giudiziario.
Cos’è il bonus prima casa e come funziona
L’agevolazione “prima casa” è un regime fiscale di favore previsto per incentivare l’acquisto dell’abitazione principale. In presenza dei requisiti di legge, consente di pagare imposte ridotte sull’atto di acquisto rispetto al regime ordinario.
Requisiti oggettivi e soggettivi per il bonus prima casa
La disciplina è dettata dalla nota II-bis, art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al Dpr 131/1986, e richiede il soddisfacimento di alcune condizioni sia oggettive sia soggettive, illustrate sotto
- Immobile non di lusso e nel comune giusto
L’abitazione acquistata non deve appartenere alle categorie catastali di lusso (A/1, A/8 o A/9) e deve trovarsi nel comune di residenza dell’acquirente, oppure in quello in cui l’acquirente trasferirà la residenza entro 18 mesi. - Nessun altro alloggio nello stesso comune
L’acquirente non deve essere proprietario (neppure in comunione col coniuge), né titolare di usufrutto, uso o abitazione, di un’altra casa di abitazione nel territorio del comune dove si trova l’immobile che intende acquistare. - Niente altre “prime case” in Italia
inoltre non deve possedere, su tutto il territorio nazionale, altra casa di abitazione (neanche per quote o in comunione legale) acquistata con le agevolazioni prima casa.
Vantaggi fiscali previsti
Se tutte queste condizioni sono rispettate e viene formalmente richiesta l’agevolazione, il fisco applicherà l’imposta ridotta invece di quella ordinaria.
In caso di compravendita soggetta a imposta di registro, l’aliquota scende al 2% (anziché 9%), mentre per gli acquisti soggetti a Iva (tipicamente da impresa costruttrice) l’Iva è dovuta al 4% (anziché 10%).
Inoltre, imposta ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa (generalmente €50 ciascuna nel regime imposta di registro, €200 ciascuna se c’è Iva).
Si tratta di un risparmio notevole per il contribuente. Naturalmente, dopo la registrazione dell’atto, l’Agenzia delle Entrate potrà verificare che i requisiti dichiarati fossero effettivamente presenti, pena la revoca del beneficio con recupero delle imposte.
Acquisto con sentenza dichiarativa: quando il giudice trasferisce la casa
Nella stragrande maggioranza dei casi l’acquisto di una casa avviene con un normale rogito notarile, dove il compratore rende subito (davanti al notaio) le dichiarazioni necessarie per ottenere il bonus prima casa.
Ma cosa accade se la proprietà si trasferisce tramite una sentenza del giudice? È il caso, ad esempio, della sentenza ex art. 2932 c.c. quando il venditore si rifiuta di stipulare l’atto definitivo e il giudice, su richiesta dell’acquirente promissario, emette un provvedimento che tiene luogo del contratto non concluso. In queste situazioni non c’è un atto notarile vero e proprio, ma un “atto” giudiziario che ha effetto costitutivo: fa nascere o trasferisce il diritto reale sull’immobile.
Dal punto di vista fiscale, anche un trasferimento immobiliare per via giudiziaria sconta le imposte come qualsiasi compravendita.
La natura dell’imposta dipende dal caso: tuttavia, in tutti gli scenari immaginabili, le aliquote ridotte “prima casa” possono trovare applicazione, a patto che il contribuente rispetti le stesse regole previste per un acquisto ordinario. In altre parole, il bonus spetta anche se l’acquisto avviene via tribunale, ma il compratore deve compiere gli stessi adempimenti (tempisticamente e sostanzialmente) che avrebbe dovuto compiere dal notaio.
Acquisto con sentenza costitutiva
Anche in caso di sentenza costitutiva, la dichiarazione per accedere alle agevolazioni “prima casa” mantiene piena rilevanza e deve essere resa tempestivamente. È quanto ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8141/2025, affermando che, anche in caso di trasferimento immobiliare per effetto di sentenza, il contribuente è tenuto a rendere le dichiarazioni previste dalla Nota II-bis entro e non oltre la richiesta di registrazione dell’atto giudiziale presso l’Agenzia delle Entrate.
In sostanza, anche quando l’acquisto non avviene tramite rogito notarile il contribuente non è esonerato dal manifestare formalmente la volontà di fruire del regime agevolato. Tale dichiarazione costituisce, infatti, presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’aliquota ridotta.
La manifestazione di volontà deve avvenire ex ante, ovvero prima della liquidazione dell’imposta da parte dell’ufficio, e ciò vale anche quando l’atto impositivo è una sentenza.
Acquisto a titolo originario
Il medesimo orientamento è stato confermato anche con riferimento agli acquisti a titolo originario: con l’ordinanza n. 4713/2025, la Suprema Corte ha escluso che il beneficio possa applicarsi automaticamente nel caso di usucapione, in mancanza di un’apposita dichiarazione resa prima della registrazione della sentenza traslativa. Anche in tale contesto, il contribuente deve documentare – in modo esplicito – la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla Nota II-bis, allegando all’istanza di registrazione una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà o un atto integrativo ad hoc.
Le conseguenze dell’omessa dichiarazione nei termini
La dimenticanza o il ritardo nella formulazione della richiesta determina effetti fiscali rilevanti, quali la decadenza dall’agevolazione: l’atto sarà assoggettato all’imposta di registro in misura ordinaria, pari al 9% del valore dell’immobile, anziché al 2% previsto in regime agevolato (salvo applicazione dell’Iva nei casi dovuti).
Inoltre, l’amministrazione finanziaria provvederà al recupero della maggiore imposta, applicando altresì le sanzioni gli interessi legali maturati dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere corrisposta (ossia dalla data di registrazione) fino all’effettivo pagamento.
Conclusione: niente sanatorie, solo attenzione ai tempi
In conclusione, il mancato adempimento dichiarativo nel termine indicato non è sanabile. La richiesta dell’agevolazione “prima casa” è un atto formale necessario e perentorio, la cui omissione non può essere colmata successivamente, neppure mediante ricorso o istanza di rimborso. Lo ha chiarito la Cassazione: una dichiarazione tardiva, resa dopo che l’Amministrazione ha già liquidato l’imposta, è giuridicamente inammissibile.
Chi intende beneficiare dell’aliquota ridotta deve quindi intervenire in tempo utile, strutturando correttamente la documentazione fiscale già in sede di registrazione dell’atto giudiziario. Ogni altra interpretazione – più elastica – è, ormai, smentita dalla giurisprudenza consolidata.