I future, danno al 98,6% le probabilità di un rialzo da 25 punti base per la Fed, mentre ad anticipare il rialzo di Francoforte è stata la stessa presidente Christine Lagarde in più occasioni
Secondo gli analisti di Goldman Sachs non è così scontato che il dollaro possa perdere quota, nemmeno se quello della prossima riunione dovesse rivelarsi l’ultimo rialzo di Powell e colleghi
Le decisioni che prenderanno la Federal Reserve (il 26 luglio) e la Banca centrale europea (il 27 luglio) sono ormai incastonate nelle aspettative dei trader. I future, danno al 98,6% le probabilità di un rialzo da 25 punti base per la Fed, mentre ad anticipare il rialzo di Francoforte è stata la stessa presidente Christine Lagarde in più occasioni.
Quello che accadrà dopo le riunioni di questa settimana è meno chiaro nella mente degli investitori che, al momento, propendono per l’ipotesi che quello del 26 luglio sarà l’ultimo rialzo della Fed. Stando alle posizioni dei trader, la probabilità di un ulteriore rialzo da 25 punti base è, pari circa a una su tre. E’ abbastanza per prevedere un indebolimento del dollaro sull’euro e posizionare i portafogli di conseguenza? In parte dipenderà da i toni che verranno assunti al di qua dell’Oceano dalla Bce.
Fed, si passa alla modalità “dipendente dai dati”
“Pensiamo che anche i commenti della Bce” e non solo quelli della Fed, “potrebbero iniziare a moderarsi”, hanno dichiarato gli analisti di Goldman Sachs in una nota del 21 luglio, “da un po’ di tempo a questa parte, la Bce è suonata molto simile alla Fed con un ‘ritardo’ di due riunioni. I nostri economisti si aspettano qualcosa di simile per la riunione di luglio, senza un impegno esplicito a ulteriori rialzi dei tassi… manteniamo la nostra previsione di fine anno su euro/dollaro a 1,10”. Si tratta di un livello pressoché allineato a quello attuale e di una previsione un po’ meno negativa sul dollaro rispetto a quella professata da numerose società di gestione in seguito alla pubblicazione dei dati, in miglioramento, sull’inflazione di fondo americana di giugno.
Anche se le recenti notizie sull’inflazione americana “dovrebbero essere incoraggianti” per la Fed la resilienza dell’economia dovrebbe mantenere vigili i decisori politici, che probabilmente sottolineeranno come il lavoro non sia finito”, hanno dichiarato da Goldman Sachs, “anche se il mercato trarrà un po’ di sollievo se il presidente Powell segnalerà che i futuri rialzi saranno subordinati ai prossimi dati sull’inflazione, come avvenuto all’inizio di quest’anno, riteniamo che i mercati si siano già mossi molto in questa direzione e sospettiamo che la Bce probabilmente dirà qualcosa di simile”.
“Non ci aspettiamo che il presidente Powell indichi esplicitamente che il ciclo di rialzi è terminato nelle sue comunicazioni, anche se non crediamo che sarà così falco come a giugno”, hanno dichiarato gli analisti di Ebury in una nota, “a nostro avviso, questa settimana Powell sottolineerà che la Fed sta adottando un approccio dipendente dai dati, rimandando di fatto la decisione su quando terminare il ciclo di rialzi alla riunione successiva di settembre, quando saranno rese note le proiezioni aggiornate”.
“L’attenzione si concentrerà non tanto su quanto accadrà, ma piuttosto su ciò che il presidente Powell dirà sul futuro: c’è spazio per una certa delusione, dato che i mercati prevedono già sei tagli dei tassi aggressivi a partire dall’inizio del prossimo anno, anche se l’economia statunitense rimane forte”, ha dichiarato Ben Laidler, global markets strategist di eToro.
La possibilità che il dollaro “tenga”
Goldman Sachs non crede che la Fed “sarà in grado di cambiare rotta rapidamente”, come il mercato si aspetta, “anche se quello di luglio dovesse essere l’ultimo rialzo”. Il mercato al momento sconta al 40% la possibilità che la Fed inizi a tagliare i tassi entro il marzo 2024. Rispetto alla possibilità di un ulteriore deprezzamento del dollaro, il cui indice ha ceduto il 2,2% al 24 luglio, Goldman Sachs ritiene che manchino solide basi macroeconomiche a sostegno delle monete concorrenti. Il quadro globale “non è poi così divergente”, in quanto “gli Stati Uniti sono tutt’altro che soli nel percorso di disinflazione, e le prospettive politiche relative potrebbero addirittura essere modestamente favorevoli al dollaro”. In particolare, se si considera “la debolezza della crescita dell’area dell’euro”.
“La scena è pronta per una Fed moderatamente falco e una Bce più colomba: ciò comprometterebbe il recente rally dell’euro e sosterrebbe gli esportatori del continente”, ha aggiunto Laidler, “al tempo stesso, aiuterebbe il dollaro e metterebbe in cortocircuito la brusca rotazione degli Stati Uniti verso i titoli ciclici più sensibili alla crescita, come l’indice Dow Jones.
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Bce, antenne sintonizzate sui toni della riunione
“Il tono delle comunicazioni della Bce dovrebbe essere cruciale per [l’andamento] dell’euro”, hanno dichiarato gli analisti di Ebury, ricordando come il falco Klaas Knot abbia ammesso che nessun ulteriore rialzo dei tassi, dopo quello previsto questo mese, possa essere dato per scontato. “Anche se i mercati prevedono in larga misura un secondo rialzo nei prossimi mesi, gli investitori sono indecisi riguardo a una mossa a settembre”, hanno aggiunto, “non prevediamo né una forte conferma né una di un rialzo alla prossima riunione da parte della Lagarde, anche se se la Bce dovesse indurre i mercati a spostare le loro scommesse in una delle due direzioni, l’euro dovrebbe prenderne atto”.
“La Bce effettuerà un rialzo dello 0,25% simile a quello della
Fed, ma l’attenzione si sta rapidamente spostando sull’impatto del
rapido indebolimento delle prospettive economiche e delle crescenti
forze deflazionistiche”, ha dichiarato Laidler, “ciò aumenta le
probabilità di una fine anticipata del ciclo di rialzo dei tassi
della Bce”.