L’orientamento della politica monetaria americana non potrà ignorare che le condizioni per un rallentamento esteso negli aumenti dei prezzi non sembrano essersi ancora presentate. L’attesa testimonianza del presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha illustrato ai senatori Usa che l’ampiezza delle categorie di beni e servizi che continuano ad rincarare potrebbe giustificare una revisione al rialzo del tasso terminale. Ovvero, il livello raggiunto il quale la Fed concluderà i rialzi dei tassi che, fino allo scorso dicembre, i membri del Fomc proiettavano a 5-5,25%. “Gli ultimi dati economici sono risultati più forti del previsto”, ha affermato Powell ai senatori, “il che suggerisce che il livello finale dei tassi di interesse sarà probabilmente più alto di quanto previsto in precedenza”.
Alcuni analisti hanno indicato l’eventualità che il tasso terminale possa raggiungere o superare il 6%, accrescendo di molto le potenziali conseguenze sull’economia e i mercati.
Attualmente, il range dei tassi sui fondi federali è nel range 4,50-4,75%, in seguito all’ultimo rialzo da 25 punti base operato dalla Fed – che è andato a rallentare il ritmo rispetto ai precedenti aumenti da 50 e 75 punti base. L’economia americana, rimasta più forte del previsto, con una disoccupazione vicina ai minimi storici, suggerisce spazio per nuovi inasprimenti dei tassi. “Nulla suggerisce che abbiamo aumentato troppo i tassi”, ha dichiarato Powell nella sua testimonianza, probabilmente riferendosi anche alle conseguenze ancora modeste sul fronte occupazionale.
“Al momento, non si può escludere che la Federal Reserve possa decidere di alzare i tassi di 50 punti base nella riunione del Fomc del 21 e 22 marzo in caso di un mercato del lavoro ancora molto forte (come dimostrato nel report di gennaio) e con pressioni inflazionistiche crescenti”, ha commentato il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, “il nostro scenario base rimane ancora invariato su quattro rialzi consecutivi dei tassi d’interesse da parte della Fed di 25 punti base nelle prossime riunioni di marzo, maggio, giugno e luglio, portando il costo del denaro negli Stati Uniti a un terminal rate di 5,50%-5,75%”.
Dopo Powell, la reazione di mercato
Le immediate conseguenze di una Federal Reserve costretta a diventare più “falco”, si sono viste nelle ore successive alla testimonianza di Powell: l’S&P 500, con un calo dell’1,53% è tornato ai minimi dal 2 marzo, vanificando i rialzi di inizio mese. L’euro ha perso quota sul dollaro portandosi a 1,0543 (con un calo da inizio anno dell’1,49%).
Nel frattempo, il Treasury Usa a sei mesi, ha visto un aumento nei rendimenti, il 7 marzo, dall’area 5,14% a un massimo di giornata a 5,35%. Il rendimento dei Treasury a breve termine indica una revisione al rialzo delle aspettative sull’andamento dei tassi di riferimento, che sta incoraggiando un posizionamento di portafoglio più prudente sull’azionario e decisamente più orientato al cash. Si tratta di una postura difensiva che anticipa le conseguenze potenzialmente negative di tassi più elevati sugli utili delle aziende e sull’economia nel suo complesso – tradizionalmente, si ritiene che la disoccupazione bassa e un’economia forte incoraggino ulteriori aumenti di prezzi. E’ “molto probabile”, ha ammesso Powell, che la lotta contro l’inflazione che la Fed sta combattendo implichi un aumento della disoccupazione – che ancora non si è mostrato.
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Non-farm Payroll e inflazione Usa: dati cruciali in arrivo
Da qui l’importanza del dato in uscità venerdì 10 marzo sui non-farm payroll, che offrono un’immagine dell’andamento occupazionale nei settori non agricoli dell’economia americana. A gennaio il dato aveva mostrato una forza molto superiore alle attese. Per il dato relativo a febbraio gli economisti sondati da Reuters si aspettano un incremento di 200mila posti di lavoro, contro i 517mila del mese precedente.
Martedì 14 marzo, invece, sarà il turno dei nuovi dati sull’inflazione Cpi, dai quali sarà possibile osservare se l’incremento costante dell’inflazione di fondo – quella che rappresenta i beni e servizi che si adeguano più lentamente alle condizioni di domanda e offerta – mostrerà finalmente segni di rallentamento. In particolare nel settore dei servizi, il più influenzato dal costo del lavoro e quindi dall’andamento dei salari, Powell ha notato “che ci sono pochi segni di disinflazione”. Se la rotta dell’occupazione e dell’inflazione di fondo dovesse rimanere invariata, il recupero del mercato azionario potrebbe farsi ancora attendere e incoraggiare le strategie di portafoglio “di contenimento”. La previsione di una Fed più “falco”, inoltre, ha invertito da qualche tempo la tendenza favorevole agli afflussi di capitale sui mercati emergenti, che normalmente beneficiano di un orientamento più morbido della banca centrale americana e un dollaro più debole.