L’Italia si conferma potenza aurea mondiale, con un tesoro di 2.451,8 tonnellate d’oro nei suoi forzieri. E in meno di sette mesi il valore delle riserve nazionali è aumentato di circa 35 miliardi di euro. Se alla quotazione del 24 ottobre 2024, questo patrimonio valeva poco meno di 200 miliardi, oggi, al 6 maggio 2025, le riserve auree italiane si sono valorizzate a 234,96 miliardi di euro. Per fare un raffronto: se l’Italia decidesse di incassare questa plusvalenza avrebbe di gran lunga superato il gettito dell’Imu incassata nel 2023 (18,1 miliardi).
L’Italia rimane al terzo posto globale per riserve auree, nonostante sia solo l’ottava economia mondiale per Pil. E senza nemmeno troppo fatica, visto che a differenze di molte altre banche centrali, Bankitalia non compra oro da almeno il 2001.
Se nel caso dell’Italia le riserve sono rimaste invariate, nel 2024 le altre banche centrali hanno presguito una lunga striscia di acquisti, che hanno superato le 1.000 tonnellate per il terzo anno consecutivo, con un’accelerazione significativa nel quarto trimestre del 2024, a 333 tonnellate.
Se consideriamo l’intero 2024, è la banca centrale della Polonia quella che ha messo più oro nel carrello della spesa, con 90 tonnellate, davanti a Turchia (75), India (73), Cina (44) e il fondo sovrano dell’Azerbaijian (25). Sulla vera entità degli acquisti cinesi, però, gli analisti restano scettici: l’ipotesi è che molto oro aggiuntivo sia stato acquistato da canali non ufficiali.
Tolta la Polonia, sono potenze emergenti quelle più interessate a rimpinguare le proprie riserve auree.
Questo trend riflette una strategia più ampia di diversificazione delle riserve, particolarmente evidente tra le economie emergenti che cercano di ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. L’oro, nonostante non generi interessi e comporti costi di custodia, resta un baluardo di stabilità finanziaria, soprattutto in periodi di incertezza economica.
Nel primo trimestre del 2025 gli acquisti delle banche centrali sono rallentati leggermente: la domanda è stata per 244 tonnellate, in calo del 16% rispetto all’ultimo trimestre del 2024. Polonia, Cina e Kazakistan sono state le tre banche che hanno aggiunto più oro alle loro riserve in questo ultimi periodo (con 48, 12 e 6 tonnellate) mentre la banca uzbeka ha fatto cassa più di tuette, vendendo quasi 15 tonnellate.
Per le banche centrali, disporre di robuste riserve auree è sinonimo solidità e capacità di gestione monetaria. In scenari di crisi, l’oro può fungere da ancora per la valuta nazionale, similmente alle riserve in valute estere “pregiate”. Per questo, una banca centrale che ha più oro nei caveau, è considerata più capace di governare il valore della moneta nazionale che emette in caso di emergenza.
Se l’oro ha toccato il suo record di domanda nel 2024, però, non lo si deve solo alle banche centrali, afferma il World Gold Council.
Gli investimenti annuali hanno raggiunto un livello record di 1.180 tonnellate (+25%), con un contributo positivo anche dagli acquisti eseguiti tramite Etf: per la prima volta dal 2020, le riserve di questo canale sono rimaste sostanzialmente invariate, a differenza dei forti deflussi degli ultimi tre anni. Segno che c’è stata una ripresa della domanda di oro anche dagli investitori al dettaglio. Dati successivamente confermati dalla rilevazioni del primo trimestre del 2025: con una domanda più che raddoppiata dagli Etf a 552 tonnellate (+170% annuo).
La classifica dei Paesi con più riserve d’oro
Nella classifica aggiornata delle riserve auree, continuano a dominare gli Stati Uniti. Seguono con notevole distacco Germania e Italia.
A paragone con la ricchezza netta degli uomini più facoltosi del pianeta, il valore delle riserve auree italiane, pari a 266,71 miliardi di dollari ai prezzi del 6 maggio 2025, si troverebbe al secondo posto dietro Elon Musk (3331 miliardi) e davanti a Mark Zuckerberg (212 miliardi) e Jeff Bezos (209 miliardi), secondo i dati del Bloomberg Billionaire Index aggiornati al 6 maggio 2025.
Per fare un altro confronto, se fosse legalmente possibile farlo, vendere oggi le riserve auree della Banca d'Italia consentirebbe di finanziare l'equivalente di quasi 17 Ponti sullo Stretto di Messina (13,5 miliardi di euro secondo l'ultima stima del governo italiano).
Alcuni Paesi, poi, nonostante abbiano un Pil notevolmente superiore a quello dell'Italia posseggono riserve auree nettamente più scarse. L'esempio più evidente è quello del Giappone, che vanta un Pil più che doppio rispetto a quello italiano, pur detenendo riserve auree pari a poco più di un terzo di quelle della Banca d'Italia.
Un aspetto da considerare sulle riserve auree è che non tutte si trovano fisicamente nel Paese “proprietario”. Ad esempio, il 55% dell'oro della Banca d'Italia si trova depositato presso banche centrali altri Paesi: in particolare, Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito, ricordava l'Osservatorio dei Conti Pubblici dell'Università Cattolica. Una scelta di convenienza per diversificare i rischi e minimizzare i costi di trasporto, facilitando eventuali vendite all'estero.
Oro, quale utilizzo ha per le banche centrali
Potrebbe sembrare fuori dal tempo che in un mondo di denaro smaterializzato gli Stati si preoccupino di acquistare e accumulare oro. Che cos'ha di speciale questo metallo rispetto alle valute più credibili come il dollaro, la sterlina, l'euro, lo yen o il franco svizzero? E' la stessa Banca d'Italia a fornire alcune risposte sul perché l'oro resti ancora un valore importante. “Le riserve auree hanno lo scopo di accrescere la fiducia nella stabilità del sistema finanziario italiano e della moneta unica”, scrive Palazzo Koch, “questa funzione diventa ancora più importante quando le condizioni geopolitiche o la situazione economica internazionale potrebbero mettere i mercati finanziari a rischio, come nel caso di una crisi valutaria o finanziaria”.
“Le riserve auree fanno parte delle riserve ufficiali in valuta estera dell'Italia e costituiscono una garanzia per la Banca d'Italia nell'esercizio delle sue funzioni pubbliche... L'oro non comporta alcun rischio di solvibilità perché non è "emesso" da un'autorità (come un governo o una banca centrale)”, ha aggiunto Bankitalia, “grazie alle caratteristiche e alle funzioni dell'oro, le banche centrali lo utilizzano per diversi scopi: lo comprano e lo vendono per motivi finanziari o per aggiustare il livello delle riserve; lo depositano per ottenere un reddito e lo usano come garanzia per ottenere prestiti”.
Domanda di oro: un nuovo record dal 2020
La domanda totale di oro (inclusi gli investimenti OTC) è aumentata dell’1% su base annua nel quarto trimestre, raggiungendo un nuovo massimo trimestrale e contribuendo a un totale annuale record di 4.974 tonnellate, ha notato il World Gold Council.
Nel primo trimestre del 2025, peròm non sono state più le banche centrali a guidare la crescita dei prezzi dell’oro, ma gli investitori e la loro domanda di oro “finanziario” sotto forma di fondi ed Etf. Nel primo trimestre del 2025, la domanda totale di oro (inclusi gli investimenti OTC) è aumentata dell’1% su base annua, raggiungendo 1.206 tonnellate, il miglior risultato per un primo trimestre dal 2016.
Nel 2024, circa il 20% della domanda di oro è stata rappresentata dalle banche centrali con oltre 1.000 tonnellate. Gli investimenti annuali hanno raggiunto un massimo quadriennale di 1.180 tonnellate (+25%), con gli Etf sull’oro in recupero. La domanda di lingotti e monete per tutto l'anno è rimasta in linea con il 2023 a 1.186 tonnellate, ma con una variazione nella composizione: gli investimenti in lingotti sono aumentati, mentre gli acquisti di monete sono diminuiti.
Meno noto poi, è il fatto che il settore tecnologico abbia contribuito alla crescita globale della domanda di oro, che ha anche utilizzi industriali in questo settore: l'aumento, qui, è stato 21 tonnellate (+7%) nel 2024, “principalmente grazie alla continua espansione dell'adozione dell’intelligenza artificiale”, si legge nel report. Nei prossimi mesi, però, questa componente della domanda dovrebbe raffreddarsi.
La gioielleria, infine, è stata l’elemento meno dinamico, con un consumo annuale sceso dall'11% a 1.877 tonnellate, poiché i consumatori hanno potuto permettersi solo quantità inferiori. Una dinamica debole che è prevista in prosecuzione nei prossimi mesi.
Anche se la domanda di oro ha superato ogni record precedente, questa dinamica non ha molto a che vedere con gli ordini di acquisto proveniente dall'Occidente. Anzi.
Nel 2024, gli investimenti in lingotti e monete negli Stati Uniti hanno registrato quattro trimestri consecutivi di calo, portando la domanda annua ai minimi dal 2020, pur rimanendo 11% sopra la media decennale, ha ricordato il World Gold Council. Il rallentamento è dovuto a una saturazione del mercato e alla realizzazione di profitti, mentre gli investitori ad alto patrimonio (Hnw) hanno mantenuto una domanda stabile tramite investimenti Otc.
In Europa, poi, gli investimenti in oro hanno toccato il livello più basso degli ultimi 17 anni, dimezzandosi rispetto al 2023. Germania e Svizzera hanno guidato il calo, con forti vendite di realizzo a causa dei prezzi elevati, bilanciate da una domanda d’investimento ancora solida.