Domenica 3 marzo il cartello dei Paesi esportatori di petrolio e dei loro alleati, Opec+, ha annunciato l’estensione fino al secondo trimestre dei tagli volontari alla produzione di greggio per 2,2 milioni di barili al giorno, di cui un milione relativo alla produzione dell’Arabia Saudita. Il taglio si aggiunge a 500mila barili di riduzione giornaliera precedentemente deliberato dal regno saudita fino al termine del 2024.
Come interpretare i tagli dell’Opec+
La mossa è in linea con le attese del mercato e ha portato il Brent a superare brevemente quota 84 dollari al barile, con un guadagno da inizio anno arrivato a circa il 9%. Per quanto non sorprendente, la decisione dell’Opec+ “invia un messaggio di coesione e conferma che il gruppo non ha fretta di ripristinare i volumi di fornitura, supportando l’idea che quando questo accadrà finalmente, sarà fatto in modo graduale”, ha affermato l’analista di Jefferies Giacomo Romeo, anticipando che l’aumento di produzione potrebbe avvenire nel terzo trimestre, quando la domanda diventa stagionalmente più forte.
Lo slancio osservato sul mercato del petrolio nelle ultime sedute è stato anticipato dalle posizioni speculative più rialziste mai registrate dal 24 ottobre 2023, secondo gli ultimi dati pubblicati dal Cftc, aggiornati al 27 febbraio: i contratti a posizione lunga netti sono saliti di oltre 40mila unità a 174.730. Mentre i future sul barile sono fortemente posizionati sul rialzo, tuttavia, i gestori di fondi hanno ridotto la loro posizione lunga netta per la seconda settimana consecutiva, raffreddando la propria scommessa sul fatto che il petrolio potrebbe salire ancora, hanno sottolineato Ewa Manthey e Warren Patterson strategist e responsabile per le materie prime di ING, definendo come sorprendente questa disparità fra le mosse dei trader e quelle dei gestori.
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Le complicate previsioni sui prossimi mesi
Che cosa succederà nei prossimi mesi sul mercato petrolifero resta, quindi, un tema non chiaramente delineato dagli operatori. Molta attenzione verrà riposta sul prossimo incontro dell’Opec+, previsto per il prossimo giugno, nel quale si capirà se i tagli alla produzione verranno estesi nei mesi successivi. Nonostante le crisi in Medio Oriente determinate dal conflitto fra Israele e Palestina, oltre che dai successivi attacchi dei ribelli Houthi nel Mar Rosso, il petrolio non ha raggiunto i massimi dell’ultimo anno, toccati a fine settembre. Secondo il più recente aggiornamento dell’Agenzia per l’energia statunitense, di inizio febbraio, si prevede un mercato sostanzialmente in equilibrio per il 2024 con un prezzo del Brent a 81 dollari per il prossimo dicembre, il che implicherebbe un leggero ribasso rispetto ai livelli attuali.
Il mese scorso l’Agenzia internazionale dell’Energia (Iea) aveva sottolineato come a gennaio le scorte globali di petrolio avessero registrato un forte calo di circa 60 milioni di barili, “con le scorte a terra che hanno raggiunto il loro livello più basso almeno dal 2016”. Questo potrebbe indicare una diminuzione dell’offerta disponibile sul mercato e comportare una maggiore pressione al rialzo sui prezzi del petrolio. D’altro canto “la crescita della domanda globale di petrolio sta perdendo slancio”, aveva sottolineato la Iea, con un “forte calo in Cina” che ha contribuito a “una diminuzione di 830 mila barili al giorno nella domanda globale di petrolio, scesa a 102,1 milioni di barili al giorno nell’ultimo trimestre del 2023”. Anche nel 2024 si prevede che la crescita della domanda di greggio diminuisca a 1,2 milioni di barili, rispetto all’espansione di 2,3 milioni osservata nel 2023.