Con la sentenza depositata lo scorso 16 giugno 2023 si è conclusa una delle vicende più clamorose legate all’artista Amedeo Modigliani e alle sue opere. Il tribunale di Genova, nell’ambito di un processo per truffa, frode e contraffazione originato dalla mostra dedicata all’artista tenutasi a Palazzo Ducale di Genova nel periodo 16 marzo-16 luglio 2017, ha riconosciuto come false otto delle sessanta opere esposte pur assolvendo tutti gli imputati. Le opere dichiarate false sono state restituite ai legittimi proprietari ma come “falsi non attribuibili a Modigliani”. Il caso ha messo in evidenza alcuni aspetti che caratterizzano il lato oscuro del mercato dell’arte e gli strumenti disponibili per contrastarlo.
Modigliani falsi o di difficile attribuzione? La vicenda
Le opere sequestrate dalla procura nel corso della mostra genovese erano in realtà ventuno in quanto ritenute di dubbia attribuzione. Le opere erano provenienti da importanti musei come il Musée de l’Orangerie, il Musée National Picasso di Parigi, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, la Pinacoteca di Brera e da collezioni europee e americane. Una prima perizia richiesta dal procuratore aggiunto durante la fase delle indagini a mostra in corso ha avuto ad oggetto tredici opere ed è stata commissionata alla storica dell’arte Mariastella Margozzi. La sua relazione preliminare, resa nel giugno del 2017, aveva evidenziato dubbi in merito ai tratti caratteristici della pittura dell’artista completamente assenti nelle opere analizzate. Una seconda perizia commissionata sempre dalla procura alla professoressa Isabella Quattrocchi ma con riferimento alle 21 opere poi effettivamente sequestrate dalla mostra ha avuto l’obiettivo di effettuare accertamenti specifici sui pigmenti per risalire alla datazione effettiva delle opere. Le conclusioni dell’esperta non hanno lasciato equivoci. Sono state ritenute false tutte le opere esaminate sia nel tratto sia nel pigmento e anche con riferimento alle cornici in quanto provenienti dall’Est Europa e dagli Stati Uniti.
Il ruolo del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale
Nella nota del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che ha effettuato il sequestro dei dipinti su cui sono state eseguite le perizia rilasciata al tempo delle indagini eseguite nel 2017 si legge: “per contestualizzare il potenziale volume d’affari basti pensare che, una delle opere in sequestro, il ‘Nudo disteso’, verosimilmente acquistato nel 1995 per $ 250 mila dollari presso un porto franco degli USA, nella circostanza della mostra di Genova, è stato assicurato per 42 milioni di euro”. Come nei casi dei crimini più efferati, visti gli importi in discussione, sono stati coinvolti anche i RIS di Parma, il reparto dei Carabinieri specializzato nelle indagini scientifiche. Nel caso specifico al RIS è stato chiesto di svolgere esami con riferimento ai materiali utilizzati per la creazione delle opere con tecniche specialistiche. E anche queste analisi hanno confermato come le tele fossero dei falsi in quanto databili in epoca più recente e successiva alla produzione artistica di Modigliani.
I pareri degli esperti
Tornando più indietro, le prime perplessità sull’autenticità delle opere erano state manifestate, sin dall’apertura della mostra di Palazzo Ducale, da alcuni studiosi dell’artista. In primis da Carlo Pepi, profondo conoscitore dell’opera di Modigliani, che dapprima sui mezzi di comunicazione e poi formalmente con una denuncia ai Carabinieri aveva dichiarato che almeno tredici delle opere esposte nella mostra erano di dubbia autenticità. Tesi poi supportata anche dal francese Marc Restellini, conosciuto nel settore come esperto di Modigliani e pioniere nelle analisi scientifiche sulle opere dell’artista, che a sua volta effettuerà una segnalazione alle autorità italiane.
L’ipotesi di reato e le conseguenze sul mercato
Da ultimo vale la pena soffermarsi sull’ipotesi di reato contestata dal pubblico ministero che, per quanto respinta dai giudici nella sentenza per assenza di dolo in capo agli imputati (tranne uno), ha ripreso un modo utilizzato nel sistema per immettere sul mercato opere false spacciandole come autentiche. Secondo l’impianto accusatorio la mostra a Palazzo Ducale era stata utilizzata consapevolmente da un gruppo di persone, tra cui gli organizzatori dell’esposizione, il curatore della mostra e alcuni collezionisti che hanno prestato le opere, per far ottenere alle opere stesse un importante passaggio di legittimazione fornito dal contesto museale dell’esposizione e così aumentare la percezione di autenticità su opere di dubbia provenienza. Il sistema sfruttava, nella ricostruzione dell’accusa, il riconoscimento esterno di autenticità attraverso mostre, esposizioni pubbliche e l’inserimento in autorevoli collezioni private.
Il tutto per valorizzare le opere al valore di mercato che nel caso dell’artista livornese è milionario. Ma come detto, alla fine del processo nessuna delle persone coinvolte era, secondo i giudici, a conoscenza della falsità delle otto opere prestate alla mostra tranne una nel frattempo deceduta. Il che, dal punto di vista artistico e del mercato, è comunque una sconfitta forse anche peggiore di una sentenza di condanna.
Articolo tratto dal n°62 di novembre 2023 di We Wealth.
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In copertina: Amedeo Modigliani, Christina (1916 circa)