Quando si parla di Bruno Giacosa si fa fatica a dire qualcosa che non sia stato già detto, essendo uno dei nomi più prestigiosi al mondo. Il successo di Bruno Giacosa, proveniente da una famiglia da sempre produttrice di vino, nasce negli anni ’60, grazie a un immenso talento nel selezionare le uve giuste, comprandole da altri proprietari, e trasformarle in eccezionali Barolo e Barbaresco.
L’acquisizione nel vigneto “Falletto”
È il 1982 quando Giacosa acquisisce il vigneto “Falletto“, a Serralunga d’Alba. A questo seguono altri acquisti come i vigneti di Barbaresco “Asili” e “Rabajà“, del 1996. Oggi gli ettari di proprietà sono venti, divisi tra i comuni di Serralunga d’Alba, La Morra e Barbaresco.
Bruno Giacosa e la sua immensa sensibilità
Tra i tanti meriti di Bruno Giacosa ci sono stati un’immensa sensibilità, la capacità di capire l’uva, un talento unico nel trasformare in grandi vini uve conferite da terzi e la capacità di interpretare le tecniche di vinificazione rimanendo fedele alla tradizione, ma con la forza di saper fare cambiamenti se necessario. Si pensi alla transizione dai tini di cemento alle vasche d’acciaio avvenuta qualche anno fa, per ricercare la massima pulizia nel vino, alla scelta di utilizzare grandi botti provenienti dalla Francia per un periodo non eccedente i dieci anni (comparata con pratiche del passato che prevedevano un utilizzo delle botti grandi per molto più tempo). Si pensi anche alle rese bassissime, alle macerazioni lunghe sì, ma ridotte a un massimo di tre settimane rispetto ai due mesi di una volta, alle maturazioni in grandi botti di rovere francese per periodi che superano in alcuni casi i trenta mesi. Questa è la chiave di lettura di uno stile produttivo ormai consolidato, che ci ha regalato e continua a regalarci bottiglie immense, che hanno fatto la storia.
Il privilegio di chiamarsi Barolo o Barbaresco Bruno Giacosa
Dopo la scomparsa di Bruno, avvenuta nel 2018, l’azienda è rimasta nelle ottime mani della figlia Bruna, che da tempo aveva affiancato il padre, per assumerne di fatto la gestione già dal 2006, quando Bruno aveva dovuto affrontare la lunga malattia. E nessuno meglio di Bruna sa che chiamarsi Barolo o Barbaresco Bruno Giacosa è un privilegio che va meritato, prima in vigna e poi in cantina. Perché chi sceglie una bottiglia di Giacosa si aspetta il meglio e non deve mai restare deluso.
Vini tra le migliori espressioni delle Langhe
L’amore per i grandi vini e la meticolosa ricerca della perfezione che non ammettono deroghe sono rimasti invariati: la qualità deve essere assoluta. Se, per esempio, la vinificazione di un’annata non soddisfa i rigorosi criteri aziendali, il vino non si imbottiglia. Solo grazie ad un approccio virtuoso in vigna e in cantina i vini di Bruno Giacosa si dimostrano sempre di altissima qualità, se non addirittura sublimi e incomparabili, conosciuti in tutto il mondo e salutati dagli esperti e dai critici come tra le migliori espressioni delle Langhe.
I vini dell’Azienda Agricola Falletto
I vini dell’Azienda Agricola Falletto derivano tutti da vigneti di proprietà e sono vinificati nelle proprie cantine di Neive. I vini con l’etichetta Casa Vinicola Bruno Giacosa derivano da uve acquistate da conferitori storici di fiducia, e vinificati nelle cantine di proprietà. Tra i tanti vini assaggiati non posso dimenticare grandissimi Barbaresco come l’Asili, il Rabajà e il Santo Stefano nelle versioni Riserva e Baroli come il Collina Rionda e il Bussia di Monforte nelle versioni Riserva Speciale.
L’eccellenza del Barolo Falletto Vigna Le Rocche Riserva
Peraltro posso apertamente dichiararmi un fan della famosa e rinomata Etichetta Rossa di Barolo, Le Rocche del Falletto Riserva, che da qualche anno si chiama Vigna Le Rocche, prodotta da uve Nebbiolo, coltivate nel cru di Serralunga d’Alba e affinato in botti grandi di rovere per 36 mesi. E l’assaggio che ho fatto poche settimane fa, grazie alla generosità di un amico, del Barolo Falletto Vigna Le Rocche Riserva 2016 è stato fortunato quanto eccelso. Già oggi il vino è spettacolare.
La magia di un Barolo tra le migliori espressioni delle Langhe
Si presenta di colore rosso rubino profondo, direi vibrante, con leggeri riflessi granati. Al naso, di grande complessità, che continua a evolvere nel bicchiere, si alternano note di lampone e petali di violetta, rosa appassita e buccia di mandarino, su uno sfondo di funghi porcini, carne affumicata e goudron. In bocca la magia di un vino di volume, ma senza peso: l’attacco è dolce e morbido per un sorso perfettamente equilibrato in cui acidità succosa, tannino setoso e sapidità minerale cullano un frutto etereo donando al palato un gusto intenso. Il piacere è prolungato da un finale di grande persistenza aromatica e un retrogusto di ciliegia e spezie dolci, difficile da dimenticare. La bocca corre rapidamente al sorso successivo.
Armonia e piacevolezza rendono sensuale un vino di complessità e intensità uniche
Un vino stratificato, in cui armonia e piacevolezza rendono sensuale e semplice un vino di complessità e intensità uniche. Francamente non credevo che un vino che a mio avviso, per chi avrà la forza di volontà di conservarlo, potrebbe riservare incredibili sorprese, potesse già oggi essere così buono. Lo si trova ancora tra i 700 e gli 800 euro.
Articolo pubblicato sul numero 66 del magazine We Wealth