Il 10 gennaio scorso il Ministero della Cultura ha ufficialmente firmato il Protocollo di Intesa per la candidatura della via Appia nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Il progetto, che coinvolge quattro regioni (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), 12 province e città metropolitane, 73 comuni, 15 parchi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e 25 università italiane ed internazionali, è il primo promosso direttamente dal Ministero e l’eventuale 59esimo sito italiano della lista Unesco (nonostante la via Appia sia presente nella lista propositiva italiana dal 2006).
La storia della via Appia
La via Appia- anche chiamata “Regina Viarum”, la regina delle strade – fu progettata nel 312 a.C. dal censore romano Appio Claudio Cieco per collegare Roma a Capua e permettere il veloce movimento delle truppe verso sud durante la Seconda Guerra Sannitica (326-304 a.C.). Con il tempo e l’espansione orientale dell’impero romano, la strada è stata estesa per un totale di circa 900 km (fino al porto di Brindisi) creando una connessione militare e commerciale con Grecia ed Egitto. La via Appia era larga poco più di quattro metri e contorniata da monumenti funerari. Era circondata dalla rigogliosa campagna romana, che con il tempo fu edificata con ville patrizie e spesso percorsa dai pellegrini che volevano raggiungere la capitale per pregare nei santuari cristiani, eretti alla periferia della città.
Via Appia, mappa. Fonte: Wikipedia, come la foto di apertura
La strada fu restaurata nel tempo da Augusto, Vespasiano, Traiano e Adriano – nel 139 a.C. la pavimentazione originaria fu sostituita con i basoli, pietra in basalto adatta al passaggio di mezzi pesanti – ma a partire dal Medioevo iniziò lentamente ad essere abbandonata. Soprattutto a causa delle guerre che scossero l’impero, i monumenti della via Appia furono trasformati in forti militari o torri di avvistamento (ne sono un esempio il Mausoleo di Cecilia Metella e il Ninfeo della Villa dei Quintili). Il materiale di alcuni di essi fu invece riutilizzato per costruire nuovi edifici, o semplicemente predato per l’alto valore economico. Tra il 600 e l’800 la strada divenne una meta turistica per i giovani europei benestanti che decidevano di imbarcarsi nel grand tour, attirando l’attenzione dell’aristocrazia sulle vere condizioni della zona. Dal 1815 e dopo secoli di incuria, Papa Pio IX iniziò a curarsi del recupero della Via, consacrato nel 1988 dalla fondazione del Parco Regionale dell’Appia Antica (creato anche a seguito di un periodo di grande abuso edilizio, nel corso del 900).
La percezione della via Appia è oggi radicalmente cambiata. Come dichiarato dal Ministro della Cultura Franceschini, la strada “è un itinerario da valorizzare e da porre al centro del turismo lento per rafforzare l’offerta di nuovi attrattori come i cammini e i percorsi sostenibili, fondamentali per lo sviluppo in chiave culturale delle aree interne, ma anche per la tutela del nostro patrimonio. La Regina Viarum unisce territori ricchi di uno straordinario patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico e ha le caratteristiche per divenire uno dei più grandi cammini europei”. Al fine di valorizzarne la bellezza, il Ministero della Cultura ha recentemente investito 19 milioni di euro nella restaurazione, conservazione e preparazione del dossier per la candidatura della Via, mantenendo il focus principale sulla sua importanza culturale. I prossimi step? Dopo una prima valutazione del dossier scientifico da parte della Commissione Nazionale Italiana Unesco – che ha approvato la candidatura della via Appia – il piano di azione e gestione della stessa dovrà passare il vaglio degli uffici Unesco di Parigi.