Il Caravaggio nell’ombra: raccontare una delle tante complessità del mercato dell’arte
La vicenda dell’Ecce Homo ritrovato di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), fatto che per tre anni ha tenuto col fiato sospeso studiosi e appassionati, ha ora la sua storia ufficiale. Un documentario. Il Caravaggio perduto, diretto da Àlvaro Longoria. La pellicola racconta proprio il percorso che ha condotto un “quadro appeso in un tinello spagnolo” a essere riconosciuto come uno dei tanti capolavori perduti del tormentato genio italiano. È un viaggio che racconta, toccando diverse città europee e italiane, anche l’oscuro mondo dei “dormienti”, ovvero di quelle opere d’arte di enorme valore rimaste (tuttora) nascoste e per questo non ancora classificate come tali. Con la guida del mercante d’arte Jorge Coll e dei suoi collaboratori, il team ha seguito tutto il processo dell’attribuzione e della vendita della Presa di Cristo (l’Ecce Homo) di Caravaggio.
Una “virgola di luce” sul Caravaggio perduto
L’atto finale (e atteso) di una delle più grandi scoperte della storia dell’arte è stato scritto nel maggio 2024: L’Ecce Homo intercettato nel 2021 nel catalogo di una casa d’aste spagnola è di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571 – Porto Sant’Ercole, 18 luglio 1610). Ci sono voluti tre anni per confermare un’attribuzione che i più emotivi estimatori del maestro vedevano fin da subito grondare da ogni fibra della tela. Il dipinto rappresenta quella che è definita come “la condanna più ingiusta della storia”, ovvero l’incoronazione di spine di Gesù Cristo.
Le figure emergono dal buio, rischiarate parzialmente da una debole luce, che diagonalmente illumina il petto di Gesù. Il Cristo ha il volto reclinato a sinistra, gli occhi socchiusi. Come tre anni fa scrisse lo storico dell’arte Massimo Pulini su Avvenire, “il viso di Cristo ha inclinazione e tipologie che ritroviamo nella Madonna dei Palafrenieri che è proprio del 1605, stessa la virgola di luce che, scavalcata la cupola dell’occhio socchiuso, rileva la radice del naso”.

Dal giallo del nuovo Caravaggio al Prado
Fin dall’inizio si era capito che qualcosa di importante stava per succedere. L’opera, un olio su tela di 111 x 86 cm, allora denominata La Coronacìon de espinas, era presente come tela di scuola caravaggesca (Jusepe de Ribera) nel catalogo della casa d’aste madrilena Ansorena per la vendita che si sarebbe tenuta l’8 aprile 2021. A poche ore dall’inizio dei rilanci però, la stessa casa d’aste ritira il lotto – stimato 1.500 euro! – per “eccesso di interesse”.
Fra i primi ad accorgersi della scoperta, la studiosa italiana professoressa Maria Cristina Terzaghi (Università di Roma 3), da subito riscontrante che “le mani di Pilato presentano lo stesso modo di gesticolare presente nella Madonna del Rosario di Vienna”. E poi la tensione di Pilato, che si sporge dal balcone; la “sovrapposizione dei piani in una sorta di campo lungo e il gioco di prospettiva fra Pilato, Cristo, e colui che alle spalle gli mette il mantello”. La storica dell’arte parla di “una scoperta entusiasmante”, e si dice felice, con i colleghi Keith Christiansen, Gianni Papi, Giuseppe Porzio, Claudio Falcucci che il capolavoro “possa essere ammirato da tutti”.
Caravaggio 2025 a Palazzo Barberini
L’Ecce Homo infatti ha fatto il suo debutto sul palcoscenico del Prado, dal 28 maggio a ottobre 2024. Ora, è il turno della grande mostra “Caravaggio 2025” organizzata a Roma presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica a Palazzo Barberini, dal 7 marzo al 6 luglio 2025, a cura di Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi, Thomas Clement Salomon. Il legame con l’Italia del dipinto non si deve solo al suo autore. Lo ha ripulito infatti il toscano Andrea Cipriani, con la sua squadra (Margherita Bozzoni, Lorenzo Conti, Aki Yamamoto). Cipriani è attualmente uno dei più grandi restauratori di dipinti antichi. Il suo lavoro è stato in grado di ricomporre i valori cromatici del quadro, che secondo l’esperto andrebbe osservato con una luce fioca – se non in penombra – per apprezzarne tutta la sua teatralità.
Caravaggio, dell’Ecce Homo se ne parlava in diverse fonti storiche
Nell’aprile 2021, il ministero della cultura spagnolo provvede a diramare un divieto di esportazione per l’opera, giacché gli esperti del Prado di Madrid dichiarano che sussiste «sufficiente evidenza empirica e documentale» perché il quadro sia di Caravaggio. L’Ecce Homo scomparso dai radar da due secoli sembra essere proprio quello di cui parlava Giovanni Pietro Bellori nelle sue Vite de’ pittori (1672) e di cui trattano diverse fonti, fra cui due note dell’archivio Massimi di Roma, di cui una autografa dello stesso Michelangelo Merisi.
Le origini, l’arrivo in Spagna
In quest’ultima, si legge che “Io Michel Ang.lo Merisi da Caravaggio mi obligo a pingere all Ill.mo Massimo Massimi per essere stato pagato un quadro di valore e grandezza come è quello ch’io gli feci già della Incoronazione di Crixto per il primo di Agosto 1605. In fede ò scritto e sottoscritto di mia mano questa, questo dì 25 Giunio 1605”. Nell’altra si fa riferimento agli “scudi venticinque a buon conto di un quadro grande compagno di un’altra mano del sig.r Michelagniolo Caravaggio”. Già nella collezione privata di Filippo IV di Spagna, l’opera negli ultimi due secoli era rimasta nella proprietà della famiglia spagnola Pérez de Castro Méndez. La tela potrebbe essere arrivata nella penisola iberica tramite tal monsignore Innocenzo Massimi, nunzio apostolico in Madrid nel 1623.
Chi à l’attuale proprietario del nuovo Caravaggio?
Secondo alcune fonti, l’opera sarebbe stata acquistata privatamente da una famiglia inglese residente in Spagna. Dato il vicolo cui soggiace, la tela non potrà mai essere esportata. L’esposizione al Prado si deve grazie al prestito concesso dal nuovo proprietario, grazie a un accordo con la galleria Colnaghi (cui l’opera era stata affidata in custodia) in collaborazione con Filippo Benappi (Benappi Fine Art) e Andrea Lullo (Lullo Pampoulides).