Sono numerosi i punti su cui la legge di Bilancio 2024 interviene. Non rimangono esenti da un ritocco della disciplina neppure gli ambiti relativi ai prodotti finanziari e agli immobili detenuti all’estero.
Più in particolare, la legge di Bilancio incide sulle aliquote delle imposte patrimoniali relative ai beni oggetto di monitoraggio fiscale detenuti all’estero, apportando degli aumenti che potrebbero incidere sulle tasche dei contribuenti.
Per fare il punto della situazione, valutando cosa è cambiato, We Wealth ha interpellato Francesco Mantegazza, co-managing partner di Fivelex Studio Legale e Tributario, con consolidata esperienza nel settore.
La fiscalità sugli immobili all’estero: cos’è l’Ivie
Quando si parla di imposta sul valore degli immobili situati all’estero (o Ivie) si fa riferimento alla forma di imposizione sul valore degli immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati, che è stata introdotta a decorrere dal 2012.
I soggetti passivi Ivie
I soggetti passivi Ivie sono le persone fisiche residenti in Italia e, a partire dal 2020, anche gli enti non commerciali, tra i quali trust e fondazioni e le società semplici e gli enti equiparati che detengono immobili situati all’estero.
Sono obbligati al versamento dell’imposta:
- (a) i proprietari e i titolari di diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi immobili,
- (b) i concessionari nel caso di concessione di aree demaniali,
- (c) i locatari per gli immobili concessi in locazione finanziaria.
L’applicabilità dell’imposta va anche valutata nei casi in cui gli immobili siano detenuti per il tramite di società fiduciarie o soggetti interposti.
Gli immobili oggetto dell’imposta Ivie
Gli immobili oggetto dell’imposta sono
- (i) i fabbricati
- (ii) le aree fabbricabili
- (iii) i terreni.
Per armonizzazione dell’Ivie con i principi che, a oggi, disciplinano l’Imu dovuta sugli immobili ubicati in Italia, sono esclusi dal versamento dell’imposta i fabbricati esteri che siano destinati ad abitazione principale e le relative pertinenze purché diversi da quelli che, nel territorio italiano, risultano classificati nelle categorie catastali cosiddette “di lusso” (cioè che rientrerebbero nelle categorie A/1, A/8 e A/9).
Solo per completezza, va ricordato altresì che, in presenza di immobili locati o concessi in affitto, oltre al versamento dell’Ivie va considerata la possibile applicazione dell’Irpef secondo le relative norme.
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Come si determina la base imponibile dell’Ivie
Sempre in ottica fiscale, la base imponibile dell’Ivie è determinata in maniera differente a seconda dell’ubicazione dell’immobile estero.
Per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscano un adeguato scambio di informazioni, la base imponibile è costituita dal valore catastale come determinato e rivalutato nel Paese ai fini dell’assolvimento di imposte reddituali o patrimoniali.
In mancanza del valore catastale si deve fare riferimento al costo risultante dall’atto di acquisto o al valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile o al reddito medio ordinario se previsto dalla legislazione estera.
Per gli immobili situati in Paesi diversi da quelli appena citati, la base imponibile è determinata dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti dai quali risulta il costo complessivamente sostenuto per l’acquisto dei diritti reali. In mancanza di tali valori si assume il valore di mercato rilevabile al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui è situato l’immobile.
La sussistenza di differenti modalità di determinazione della base imponibile comporta generalmente la necessità di valutazione caso per caso, con alcune giurisdizioni che ormai non presentano particolari elementi di complessità ed altre, che invece, richiedono attenzione.
La liquidazione dell’Ivie
L’Ivie è una imposta che va liquidata in sede di dichiarazione annuale dei redditi all’interno del quadro Rw relativo al monitoraggio fiscale, unitamente all’imposta sul valore delle attività finanziarie estere (Ivafe). Per il versamento si applicano, in generale, le medesime disposizioni in materia di Irpef comprese quelle connesse al versamento di importi in acconto ed a saldo. L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso.
Sino al 31 dicembre 2023, l’Ivie era dovuta con aliquota pari al 0,76% con una franchigia pari a euro 200 corrispondente a immobile di valore pari a circa euro 26.381. Per i fabbricati esteri che siano destinati ad abitazione principale e che, nel territorio italiano, sarebbero classificati nelle categorie catastali cosiddette di “di lusso” (categorie catastali A/1, A/8 e A/9)., l’imposta si applica con aliquota ridotta dello 0,4%.
L’intervento della legge di Bilancio sulla disciplina dell’Ivie e le conseguenze fiscali per chi possiede immobili oltreconfine
La legge di Bilancio 2024ha elevato il prelievo effettuato dallo Stato italiano sugli immobili oltreconfine mediante applicazione dell’Ivie. Dal 1° gennaio 2024, è previsto infatti l’incremento dell’aliquota proporzionale ai fini Ivie dallo 0,76% all’1,06%.
Si tratta di un innalzamento dell’aliquota di carattere generalizzato e che, quindi, si applica nei confronti di tutti gli immobili che rientrano nel campo di applicazione dell’imposta. Pertanto, i soggetti che sono ad oggi incisi dall’Ivie sconteranno una maggiore imposta patrimoniale sugli stessi.
Risulta difficile prevedere se questo innalzamento influenzerà la propensione a considerare immobili all’estero rispetto ad omologhi immobili situati in Italia, ma è ragionevole pensare che l’aumento dell’onerosità giocherà un ruolo nella valutazione di convenienza in relazione al possesso di immobili all’estero, sia esso per finalità di godimento o di investimento.
L’Ivie e il credito d’imposta
Il contribuente ha la possibilità di detrarre come credito le imposte patrimoniali sugli immobili scontate all’estero?
Dall’Ivie è possibile detrarre un credito di imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato estero in cui è situato l’immobile. Il credito di imposta è riconosciuto solo nel limite dell’importo dell’Ivie dovuto in Italia.
Per i soli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscano un adeguato scambio di informazioni, è consentita anche una detrazione di un credito di imposta pari alle eventuali imposte di natura reddituale gravanti sugli stessi.
Le condizioni per il riconoscimento del credito di imposta e le modalità di sua determinazione presentano talune complessità, anche solo relative alla fase di raccolta dei relativi supporti documentali, nonché talune incertezze applicative. Questo aspetto va quindi gestito con attenzione.
La fiscalità sul valore delle attività finanziarie all’estero: cos’è l’Ivafe e su chi grava
L’Ivafe è l’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero. L’imposta si applica alle persone fisiche, agli enti non commerciali e alle società semplici ed enti ad esse equiparati residenti in Italia che detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio.
Le attività finanziarie che rilevano ai fini dell’applicazione dell’Ivafe sono quelle che rientrano nella nozione di “prodotto finanziario” che, in linea di massima, include i valori mobiliari quali azioni e titoli equivalenti che rappresentano il capitale o il patrimonio di soggetti residenti o non residenti in Italia, gli strumenti del mercato monetario, le quote di Oicr, le varie tipologie di contratti a termine e derivati connessi ad attività finanziarie, merci, indici finanziari e non finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.
Sono escluse da Ivafe in linea di principio:
- (i) le quote di partecipazioni in società estere non rappresentate da titoli,
- (ii) i finanziamenti dei soci,
- (iii) le banconote o le monete “estere”,
- (iv) i metalli preziosi.
La base imponibile dell’imposta è rappresentata dal valore dei prodotti finanziari.
Fino al 31 dicembre 2023, l’Ivafe si applicava con aliquota pari allo 0,2%.
In presenza di soggetti diversi dalle persone fisiche, l’Ivafe non può superare l’importo di euro 14.000 annui. Inoltre, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all’estero, sia in Paesi Ue sia in Paesi extra-Ue, l’imposta è pari a euro 34,20 per le persone fisiche ed euro 100 per i soggetti diversi.
L’imposta si applica sul valore di mercato rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui essi sono detenuti o in caso di azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati al valore puntuale di quotazione alla data del 31 dicembre di ciascun anno o al termine del periodo di detenzione.
Anche dal versamento dell’Ivafe, come per l’Ivie, può essere detratto un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata in relazione al medesimo periodo d’imposta nello Stato estero in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio. Se con lo Stato estero è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni sulle imposte di natura patrimoniale che preveda l’imposizione esclusiva nel paese di residenza del possessore non spetta alcun credito di imposta.
Le novità della legge di Bilancio 2024 relative all’Ivafe
La legge di Bilancio 2024 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, l’aliquota Ivafe è raddoppiata, passando dallo 0,2% allo 0,4%.
La nuova aliquota maggiorata non si applica però in modo generalizzato su tutti i prodotti finanziari detenuti in Stati esteri, ma colpisce solo determinate attività finanziarie e, segnatamente, solo i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, definiti come “Paesi black list” ai sensi del Dm del 4 maggio 1999.
Per completezza, va ricordato che la Svizzera è stata esclusa dalla lista dei Paesi black list (con il Dm del 20 luglio 2023) e, pertanto, l’incremento dell’aliquota dell’Ivafe non riguarderà i prodotti finanziari detenuti in Svizzera, che continueranno a scontare l’aliquota dello 0,2%.
Prodotti finanziari detenuti in giurisdizioni considerate paradisi fiscali: cosa succede
Dal 2024, i soggetti che detengono prodotti finanziari in giurisdizioni considerate paradisi fiscali, come sopra definiti, si troveranno a dover versare un’imposta Ivafe maggiore rispetto a quella applicata in precedenza. La norma è stata introdotta al fine di rafforzare il disincentivo per i contribuenti a detenere prodotti finanziari in giurisdizioni considerate come paradisi fiscali, ovvero nei Paesi “non cooperativi ai fini fiscali”, in quanto non è previsto uno scambio di informazioni con le altre giurisdizioni.