Le persone fisiche residenti in Italia che detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio, devono versare un’imposta sul loro valore
In linea generale, l’imposta, calcolata sul valore dei prodotti finanziari e dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e al periodo di detenzione, è pari al 2 per mille
Ivafe: cos’è?
Detenere un conto corrente o un libretto di risparmio all’estero, o altri prodotti finanziari, mantenendo la residenza in Italia, comporta l’obbligo di versare l’Ivafe.
L’imposta in esame si applica tanto sui prodotti e gli strumenti finanziari detenuti all’estero da un soggetto residente in Italia quanto su ogni forma di investimento di natura finanziaria.
L’Ivafe colpisce tutte le attività finanziarie detenute da un residente fiscale italiano al di fuori delle società commerciali (persona fisica, società semplici, enti non commerciali).
Si tratta di un imposta che incide sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero da residenti a titolo di proprietà o di altro diritto reale.
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Quando non si applica l’Ivafe?
L’Ivafe non si applica se si tratta di mero possesso di una quota partecipativa in un soggetto estero. Sono, inoltre, esclusi dall’applicazione dell’imposta i metalli preziosi e le banconote o monete non aventi corso legale nello Stato; in quest’ultima voce rientrano anche le valute virtuali, quali i bitcon.
La ratio dell’imposta
La ratio sottesa all’applicazione del tributo in commento consiste nel tentativo di equiparare alle attività finanziarie estere il prelievo che si esercita in Italia, attraverso l’applicazione dell’imposta di bollo.
Chi è tenuto a versare l’imposta?
Le persone fisiche, gli enti non commerciali, quali fondazioni e trust, le società semplici ed equiparate che sono residenti in Italia e detengono all’estero prodotti finanziari, conti correnti e libretti di risparmio sono tenuti a versare l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero.
Cosa prevede la disciplina sull’Ivafe
Per tutte le attività finanziarie – esclusi conti correnti e dei depositi di risparmio che seguono un’altra disciplina – l’Ivafe si applica con un’aliquota del 2 per mille.
L’imposta, pari allo 0,2%, si applica sul valore dei prodotti finanziari detenuti dal soggetto residente all’estero, ed è dovuta in proporzione a due fattori: alla quota di possesso e al periodo di detenzione.
Quali sono le novità apportate dalla Legge di Bilancio?
Come ha sottolineato Domenico Rinaldi, Dottore Commercialista di PG Legal in dialogo con Berardo Staglianò, Country Manager Italy di Wealins S.A., nel corso del webinar dal titolo “IVAFE: le novità della Legge di Bilancio e l’importanza delle compagnie bi-optate“, contrariamente ai rumors circolati nell’ultimo periodo l’aliquota dell’Ivafe non va incontro ad un aumento generalizzato.
Osserva Rinaldi, infatti, che l’innalzamento dell’aliquota non solo ha una portata abbastanza limitata, ma può anche costituire – a certe condizioni – un vantaggio per i sottoscrittori delle polizze vita.
Più nel dettaglio, l’art. 1, comma 91, lett. b, l. 30 dicembre 213, 2023, entrata in vigore il 1 gennaio 2024, prevede un innalzamento dell’aliquota al 4 per mille.
La disposizione in particolare recita che: l’imposta è stabilita nella misura del 4 per mille annuo, a decorrere dall’anno 2024, sul valore dei prodotti finanziari detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato individuati dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999.
L’aumento, pertanto, riguarda solo i prodotti finanziari detenuti in Stati o territori aventi un regime fiscale considerato privilegiato per le persone fisiche.
In questo senso, si comprende subito che l’aumento dell’Ivafe ha in realtà una portata circoscritta, interessando solo coloro che detengono prodotti finanziari in giurisdizioni considerate non cooperative fiscalmente o in paradisi fiscali.
La Svizzera fa parte dei Paesi blacklist?
Dal 2023 la Svizzera non fa più parte dei paesi blacklistati, pertanto l’aumento dell’Ivafe non interessa i contribuenti che detengono investimenti o prodotti finanziari nel paese elvetico.
Diversa sorte per Montecarlo
Come osserva Rinaldi, sono i contribuenti che detengono prodotti finanziari a Montecarlo quelli che, più di altri, potrebbero subire l’effetto dell’aumento dell’aliquota.
Il Principato di Monaco rientra ancora nei paesi black list per le persone fisiche, di modo che un contribuente italiano che detiene, ad esempio, un portafoglio titoli nel piccolo principato andrà incontro all’aumento dell’Ivafe.
I vantaggi della polizza assicurativa
Come detto, se un residente italiano ha un portafoglio in gestione presso un ente monegasco potrebbe vedersi raddoppiare l’imposta. Tuttavia, osserva Rinaldi in dialogo con Staglianò, laddove scegliesse di gestire i prodotti finanziari mediante le polizze lussemburghesi riuscirebbe a non andare incontro a questo aumento.