Molto si è detto e scritto (e ancora si sta parlando) della dichiarazione rilasciata alcuni anni fa da Fedez (al secolo, Federico Leonardo Lucia) di essere “nullatenente”, essendo i suoi beni mobili e immobili intestati a società a lui riferibili.
Tralasciando i commenti sulla dannosità – sul piano della comunicazione – dell’uscita (che ha comportato il rischio di connotare le sue azioni di un sospetto di illiceità) e sul tam-tam mediatico (probabilmente eccessivo) che ne è conseguito, la notizia offre lo spunto per operare una riflessione sui limiti entro i quali, nel nostro ordinamento, ci si possa rendere “nullatenenti”, continuando tuttavia a disporre di beni, anche di particolare valore.
Asset protection: cos’è?
Si tratta dell’asset protection di origine anglosassone, ovverosia della possibilità di intraprendere strategie e utilizzare strumenti utili a proteggere beni personali da possibili future pretese da parte di terzi creditori (ed, eventualmente, anche di “schermarne” la proprietà a fini di riservatezza).
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Responsabilità del debitore e limiti legali
La legge (art. 2740 c.c.) dispone che “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” ma non prevede, in linea generale, in capo al cittadino l’obbligo di mantenere un patrimonio adeguato a far fronte ai propri eventuali debiti.
Illiceità degli atti dispositivi
Il limite è dato dalla possibile illiceità, in concreto, dell’atto dispositivo: ecco quindi che il debitore che leda consapevolmente gli interessi di propri attuali creditori rischierà di vedere dichiarati inefficaci i relativi negozi traslativi (in particolare attraverso un’azione revocatoria ordinaria, art. 2901 c.c.); potrà anche essere sanzionato penalmente chi, ad esempio, assuma un’obbligazione con lo specifico proposito di non adempierla (insolvenza fraudolenta, art. 641 c.p.) o chi compia atti simulati o fraudolenti sui propri beni per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi all’autorità giudiziaria medesima (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, art. 388 c.p.).
Essere nullatenenti: legittimità legale, deroghe e limitazioni al principio di responsabilità patrimoniale
Non solo nulla impedisce di per sé di rendersi “nullatenenti”, ma la legge prevede addirittura la possibilità di “proteggere” taluni beni, mantenendone a certe condizioni la disponibilità o la facoltà di utilizzo.
Si tratta delle deroghe espressamente previste dall’art. 2740 c.c. quali limitazioni al principio generale di responsabilità patrimoniale, in cui rientrano, ad esempio, i vincoli di destinazione e i patrimoni separati, come tali non aggredibili – ovvero aggredibili solo a determinate condizioni – da parte dei creditori personali.
Istituti di protezione legale
Vengono, in particolare, in rilievo istituti quali il fondo patrimoniale (che consente di destinare beni immobili o mobili registrati o titoli di credito a far fronte ai bisogni della famiglia, con conseguente inespropriabilità di tali beni per debiti che il creditore sa essere estranei ai bisogni della stessa: art. 170 c.c.), il vincolo di destinazione previsto dall’art. 2645-ter c.c. e, in ambito societario, i patrimoni destinati a uno specifico affare (art. 2447-bis ss. c.c.), oltre ai fondi speciali di previdenza e assistenza costituibili ai sensi dell’art. 2117 c.c. (inattaccabili sia da parte dei creditori dell’imprenditore che da quelli del prestatore di lavoro).
Strumenti di segregazione patrimoniale: il trust
Tra gli strumenti di segregazione patrimoniale ricordiamo anche il trust, il quale – tuttavia – prevedendo il conferimento di beni in un fondo separato autonomamente amministrato da un terzo (per quanto in conformità alle volontà del disponente, recepite nell’atto istitutivo), non si pone nell’ambito delle “eccezioni” di cui all’art. 2740 c.c., ricavando invece la propria legittimità in forza della ratifica, da parte dell’Italia, della Convenzione dell’Aja del 1985 (che consente al cittadino italiano di istituire liberamente trust “interni” pur in assenza di una specifica legge regolatrice di diritto italiano).
Utilizzo dei veicoli societari e il “caso Fedez”
Invece, l’utilizzo di veicoli societari al fine della detenzione di beni, come sembra essere avvenuto nel “caso Fedez”, non pone in realtà alcun tema di “nullatenenza”, semplicemente perché si traduce nella sostituzione di un asset (ad esempio, un immobile o un’imbarcazione) con un altro, rappresentato dalle partecipazioni della società che quell’asset detiene.
Il che, sul piano civilistico, è in linea di massima perfettamente legittimo: i beni sono di proprietà dell’ente e la persona fisica detentrice delle partecipazioni ne diventa, per così dire, proprietaria di “secondo grado” (diverso è il fronte fiscale, sul quale potrebbero porsi dei temi potenzialmente critici in relazione all’utilizzo personale di beni di proprietà di una società commerciale).
Quando ha dichiarato di non essere proprietario di alcun bene, Fedez ha quindi reso una dichiarazione – oltre che imprudente – anche errata (sul presupposto che egli sia effettivamente titolare di partecipazioni societarie).