In tema di pianificazione successoria, con la volontà di evitare le incertezze e le criticità caratterizzanti una successione mortis causa, due sono gli strumenti di riferimento nel nostro ordinamento nazionale: l’istituto della donazione e il patto di famiglia.
Definizione di donazione e patto di famiglia
Entrambi disciplinati in codice civile, la donazione è definita dall’articolo 769 come il “contratto attraverso il quale una parte, detta donante, per spirito di liberalità e gratuità, arricchisce un’altra, cosiddetta donatario, disponendo a favore di questa un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”.
Mentre i patti di famiglia, ai sensi del precedente articolo 768 bis, sono i “contratti attraverso i quali l’imprenditore o il titolare di partecipazioni trasferisce, totalmente o limitatamente a una parte, l’azienda o le proprie quote o azioni a favore di uno o più dei suoi discendenti”.
Obblighi e similitudini tra donazione e patto di famiglia
Questi due istituti, oltre a condividere la finalità, sono soggetti agli stessi obblighi circa la necessaria forma del contratto, da stipularsi come atto pubblico, e condividono l’assoggettamento all’imposta indiretta sulle donazioni e successioni.
Queste due discipline presentano, però, caratteristiche e specificità proprie che possono portare alla propensione verso l’uno o l’altro strumento.
La donazione e il rischio di una frammentazione futura del patrimonio
La donazione, pur essendo uno strumento caratterizzato da grande flessibilità, semplicità e versatilità, risulta fortemente soggetta al rischio di vedere frammentato, in tempo successivo dal suo perfezionamento, il patrimonio così unitariamente trasferito.
All’apertura della successione, infatti, i beni, l’azienda o le partecipazioni donate possono essere soggetti ad azioni di riduzione o a collazione.
Le azioni di riduzione e collazione
L’azione di riduzione, disciplinata nell’articolo 553 del codice civile, può essere esercitata dai legittimari qualora le liberalità effettuate in vita dal donante eccedano la quota della quale egli poteva effettivamente disporre, ledendone di conseguenza la legittima. Il donatario sarà quindi chiamato alla restituzione della totalità o di una parte di quanto ricevuto, con la conseguenza di rendere vana la pianificazione successoria progettata dal dante causa.
Allo stesso modo, la collazione, normata anch’essa all’interno del codice civile all’articolo 737 e seguenti, prevede l’obbligo, in capo ai discendenti e al coniuge, di “conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente”, in modo da permetterne un riparto a beneficio di tutti i legittimari, in proporzione alla propria quota spettante.
Le potenzialità del patto di famiglia nello scongiurare una frammentazione futura del patrimonio
I patti di famiglia, diversamente dalla donazione, presentano invece la caratteristica di essere esenti dalla possibilità di future impugnazioni dell’atto di trasferimento da parte di legittimari non beneficiari, essendo questi ultimi obbligatoriamente chiamati a partecipare all’atto ed essendo quest’ultimo perfezionabile solo con il consenso unanime.
Ai non assegnatari sarà così possibile liquidare la porzione di patrimonio loro spettante, attribuendo alle rispettive quote di legittima la somma di denaro o beni in natura concordati.
È da considerare però che lo strumento del patto di famiglia, alla luce della sua complessità, risulterà maggiormente oneroso rispetto a una semplice donazione.
Oltre alle spese dell’onorario notarile, richiedendo un necessario accordo tra tutti i legittimari, si renderà infatti necessario anche il coinvolgimento di professionisti al fine della valutazione dei beni o dei complessi aziendali oggetto dell’operazione e della determinazione del congruo valore di liquidazione spettante agli eredi non beneficiari.
Le variabili chiave da considerare nella scelta
La scelta dello strumento più idoneo varia quindi in relazione alle caratteristiche proprie del caso concreto.
Lo strumento della donazione, data la sua semplicità, flessibilità e immediatezza, risulta particolarmente adatto a trasferimenti di singoli beni, come possono essere degli immobili, o beni di valore limitato.
Inoltre, è indicata qualora si presenti una situazione familiare lineare, come ad esempio nelle ipotesi di trasferimento d’azienda o di partecipazioni societarie con beneficiario l’unico figlio oppure nelle residue casistiche in cui non risulti applicabile la disciplina dei patti di famiglia, come nel caso delle ipotesi di volontà di trasmissione del patrimonio a fratelli o affini.
I patti di famiglia, invece, si dimostrano lo strumento da preferire nelle casistiche più complesse, nelle quali l’oggetto del passaggio generazionale è rappresentato da aziende o partecipazioni sociali, con l’obiettivo di lungo periodo di garantirne una continuità di gestione aziendale in capo ai discendenti.
Questo istituto è infatti indicato nei casi in cui lo scopo sia quello di concludere una pianificazione successoria prevenendo possibili futuri contenziosi tra eredi, permettendo di definire in anticipo un accordo tra tutti i legittimari sull’entità e la natura della quota di patrimonio loro spettante.
(Articolo scritto in collaborazione con Asia Zaltron, collaboratrice di Studio Righini e Associati)