L’eredità rappresenta un momento delicato nella vita familiare, soprattutto quando si tratta di assicurare una divisione equa tra gli eredi e rispettare gli obblighi verso coniugi e figli.
Cos’è la collazione nelle successioni e chi è obbligato
La collazione, disciplinata dall’art. 737 c.c., è un istituto del diritto successorio che impone a determinati soggetti di conferire nell’asse ereditario le donazioni ricevute in vita dal defunto.
In particolare, tale obbligo riguarda i figli del de cuius e i loro discendenti, nonché il coniuge, purché essi assumano la qualità di coeredi.
La collazione garantisce una divisione dell’eredità equilibrata e proporzionata, evitando che le liberalità effettuate dal defunto alterino il valore delle quote spettanti al coniuge e ai figli. Invero, il fondamento di tale istituto risiede proprio nella presunzione che le donazioni fatte in vita dal de cuius costituiscano un’anticipazione dell’eredità rendendo così necessario, al momento della divisione, tener conto di quanto già assegnato.
Quando scatta l’obbligo di collazione?
L’obbligo di collazione, che sorge automaticamente all’apertura della successione a prescindere da un’esplicita domanda degli interessati (Cass. civ. 15131/2005), si configura solo al verificarsi di determinati presupposti.
Anzitutto, deve esistere un vincolo di parentela o coniugio con il de cuius, motivo per cui sono tenuti a collazione solo i figli, i discendenti e il coniuge o l’unito civilmente.
In secondo luogo, è richiesta la qualità di coerede, poiché l’obbligo di conferire le donazioni si attiva solo con l’accettazione dell’eredità da parte del donatario.
Infine, l’obbligo di collazione viene meno qualora il de cuius abbia espressamente dispensato il donatario dal conferimento, nei limiti della quota disponibile. In ogni caso, il coniuge superstite, per espressa previsione dell’art. 738 c.c., è esentato dalla collazione per le donazioni di modico valore.
Oggetto della collazione: donazioni valide e donazioni simulate
Oggetto della collazione sono tutte le donazioni valide, dirette o indirette, che abbiano comportato un effettivo trasferimento patrimoniale.
Restano escluse le donazioni nulle, poiché i beni in esse contenuti rientrano nel patrimonio del defunto e si dividono tra tutti i coeredi.
Sono oggetto di collazione anche le donazioni indirette, quali, ad esempio, l’acquisto di beni intestati a un discendente o al coniuge ma pagati dal de cuius: in tal caso, l’oggetto della collazione è il bene acquistato, non il denaro impiegato (Cass. civ. n. 17604/2015).
Tuttavia, come recentemente chiarito (Cass. civ. n. 16329/2024), qualora la somma donata non copra l’intero prezzo di acquisto, è il denaro versato a costituire oggetto di collazione, e non una quota dell’immobile.
Sono, altresì, oggetto di collazione le donazioni simulate tramite negozi onerosi, purché la simulazione sia accertata da un’azione legale del coerede e non sia stata adottata con lo scopo di esentare il donatario dall’obbligo di collazione (Cass. civ. n. 4021/2007).
Modalità di attuazione della collazione: imputazione o restituzione in natura
La collazione può essere attuata in due modalità:
- per imputazione, che consiste nell’assegnare alla quota spettante al donatario il valore dei beni donati, calcolato alla data di apertura della successione.
- in natura, modalità che prevede la restituzione alla massa ereditaria del bene donato, il quale diventa oggetto di comproprietà tra gli eredi. Questa forma di conferimento si applica ai soli beni immobili non alienati o ipotecati, e il donatario ha la facoltà di scegliere tra l’imputazione e la restituzione in natura, purché comunichi la sua decisione agli altri eredi. Tale scelta, una volta esercitata, diviene irrevocabile (Cass. civ., n. 19072/2024).
La dispensa dalla collazione: quando è possibile?
Il de cuius, comunque, può decidere di liberare il donatario dall’obbligo di conferire il bene ricevuto in donazione mediante un’apposita dispensa dalla collazione. Tale dispensa, ammessa entro i limiti della quota disponibile, può essere inserita sia nell’atto di donazione sia nel testamento e ha natura di liberalità supplementare, poiché rafforza l’efficacia della donazione stessa. È un atto mortis causa, destinato a produrre effetti solo dopo la morte del de cuius.
Collazione volontaria: ampliamenti oltre la legge
Peraltro, il de cuius può anche ampliare l’obbligo di collazione oltre i limiti fissati dalla legge, imponendo il conferimento delle donazioni ricevute alla massa ereditaria anche a soggetti che normalmente non vi sarebbero tenuti, o includendo beni solitamente esclusi dalla collazione.
La collazione volontaria si configura così come un onere quando è inserita in un atto di donazione, oppure come un legato quando è disposta per testamento, e segue le regole ordinarie della collazione, salvo diverse indicazioni del donante.
Collazione vs altri istituti successori: differenze principali
È importante, infine, distinguere la collazione da altri istituti successori volti alla tutela dei legittimari, come la riunione fittizia e l’azione di riduzione.
Diversamente dalla collazione, la riunione fittizia è un semplice calcolo contabile che serve a verificare se le donazioni fatte in vita abbiano leso la quota di legittima, senza però comportare la restituzione effettiva dei beni.
L’azione di riduzione, invece, permette al legittimario se leso o pretermesso di agire in giudizio per far valere la lesione della legittima e ottenere quanto gli spetta per legge.
La collazione, a differenza di questo istituto, non è pensata per tutelare il legittimario in quanto tale, ma riguarda esclusivamente il donatario a essa assoggettato, purché abbia accettato l’eredità. In caso contrario, il legittimario potrà solo far ricorso all’azione di riduzione.