È di questa opinione, in particolare, l’Ocse (l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico), che lo scorso 20 aprile ha pubblicato un interessante documento riguardante le opportunità (o necessità) create dalla pandemia in termini di digitalizzazione delle amministrazioni locali.
Al di là della rapida crescita sin qui registrata in termini di capacità computazionale, intelligenza artificiale, blockchain, Iot (internet-of-things), big data, etc, è il momento di asservire lo sviluppo digitale alle esigenze immediate di contenimento dell’epidemia, senza tuttavia compromettere l’accesso facile e immediato della popolazione ai servizi pubblici essenziali.
Del resto, nei paesi maggiormente industrializzati, le amministrazioni locali gestiscono circa il 40% della spesa pubblica, e svolgono un ruolo centrale sia nell’erogazione a regime di svariati servizi (basti pensare alla sanità italiana gestita in via autonoma dalle singole regioni), che nell’approntamento delle misure di contrasto specificamente richieste dalla pandemia attualmente in corso.
Tali misure potrebbero avvalersi, per esempio, dei sistemi di informazione geografica (cosiddetti Gis, Geografic information systems), fondamentali per identificare rischi di carattere ambientale o sanitario, di assoluta attualità, vista la diffusione del virus covid-19; si tratta, in particolare, di sensori sparsi sul territorio in grado di monitorare il traffico stradale e pedonale, e dare quindi una misura precisa e immediata dell’applicazione di misure di contenimento.
Sul piano sanitario andrebbero invece sviluppati portali di interazione remota tra le strutture di assistenza e il cittadino confinato nella sua abitazione, che, seppur non in grado, ovviamente, di erogare vere e proprie prestazioni mediche, sarebbero utilissime per avere un quadro affidabile non solo della diffusione del contagio (in termini, quanto meno, di casi sospetti), ma anche della precisa localizzazione geografica di tali casi.
In questa direzione si stanno certamente muovendo iniziative quali l’applicazione per smartphone rilasciata dalla regione Lombardia (“AllertaLom”), o quella in corso di rilascio a livello nazionale (“Immuni”), per il monitoraggio dei contagi e delle persone entrate in contatto con i contagiati, a dimostrazione che il tema è di assoluta rilevanza e attualità.
Sempre l’Ocse ha avuto modo di pubblicare recentemente un ulteriore intervento in tema di impatti possibili della pandemia sui trattati internazionali contro le doppie imposizioni; in estrema sintesi, l’immobilismo geografico imposto alle persone a fini di contenimento della diffusione del virus potrebbe alterare l’applicazione di tutte quelle regole che misurano il “dove” e “per quanto tempo” di taluni elementi chiave ai fini della tassazione dei redditi: si va dalla identificazione di una “stabile organizzazione” (la stabilità è infatti di carattere temporale) di una società non residente, alla residenza fiscale di una persona fisica o giuridica che abbia un’operatività transnazionale (residenza anche in questo caso determinata da fattori spazio-temporali). Ebbene, le prime considerazioni dell’Organizzazione parrebbero intese sostanzialmente a “neutralizzare” il virus in questione, riconoscendone in buona sostanza sia l’eccezionalità che il carattere di “forza maggiore”, tale da renderlo inidoneo a modificare il trattamento fiscale normalmente riservato ai soggetti liberi di muoversi da un Paese all’altro.