La Cassazione ha dato ragione all’operato dell’Agenzia delle entrate dato che aveva prove precise e puntuali dell’esistenza di una contabilità in nero
In un primo momento il giudice d’appello aveva deciso a favore dell’azienda, sostenendo che le prove non erano sufficienti e così precise
Il caso
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate, dopo che questo era stato respinto dalla Commissione tributaria regionale. Il tutto è partito da un avviso di accertamento fatto dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società e dei suoi componenti, dopo che erano stati trovati dei buoni consegna extracontabili all’interno della stessa impresa. Il giudice d’appello aveva però deciso che si trattata di semplici appunti interni e che non era stato dimostrato il collegamento diretto con l’imprenditore.
Visto quanto deciso l’Agenzia delle entrate presenta ricorso in Cassazione sostenendo che la Commissione tributario regionale competente non aveva tenuto conto dei buoni di consegna extracontabili. E questi dimostravano già di per sé l’esistenza di una contabilità in nero parallela. A tutto ciò si aggiunge che era stata fatta una fattura regolare solo per alcuni clienti, ma gli incassi risultavano essere sempre inferiori a quelli riscontrati sui buoni di consegna extracontabili.
La decisione
La Cassazione analizza quanto portato dall’Agenzia delle entrate e ne riconosce i motivi di fondatezza. I giudici, nel dettaglio osservano che la contabilità parallela in nero, formata da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore rappresentano un valido motivo indiziario. Inoltre, viene precisato, che in tema di accertamento induttivo sui redditi d’impresa, questo può fondarsi anche solo su una presunzione semplice. Basta che sia grave e precisa.
E dunque l’Agenzia delle entrate con i buoni di consegna extracontabile ha un elemento indiziario preciso e grave. E può presupporre l’esistenza di una contabilità in nero. La Corte di Cassazione ritiene dunque che il giudice d’appello non abbia considerato tutta una serie di elementi indiziari che avrebbero confermato la legittimità dell’accertamento voluto dall’Agenzia delle entrate. Oltre a questo viene anche sottolineato come il giudice d’appello nella sua decisione si sia anche discostato dai principi indicati della giurisprudenza. La Commissione regionale aveva infatti affermato che la documentazione trovate non poteva essere considerata come un elemento indiziario. Secondo la giurisprudenza, invece, la presenza di contabilità in nero trovata presso la sede della società costituisce di per sé un indizio grave e anche preciso. Inoltre si era anche deciso come per buona parte dei nominativa, inseriti nelle annotazioni, erano state fatte delle fatture regolari. La Cassazione ha invece osservato come solo per alcuni c’era stata la regolarità. E dunque gli incassi delle fatture risultano essere sempre inferiori rispetto a quelli trovati sui buoni extracontabili.