Nel primo semestre del 2023 abbiamo assistito a un rally azionario importante, circa il 15% in Europa e fino al 30% negli Usa se consideriamo il Nasdaq
Maccia: “L’idea è favorire quei settori più sensibili ai tassi di interesse, a partire dall’IT e dai servizi di telecomunicazione”
La tanto temuta recessione non è arrivata. Gli analisti credevano si sarebbe concretizzata all’inizio dell’anno, poi un primo slittamento in primavera e ancora in estate. E, alla fine, il ciclo “ha sorpreso in termini di resilienza”, racconta Marco Vailati, responsabile ricerca e investimenti di Cassa Lombarda; in alcune aree più di altre (vedi l’America). “Conseguentemente, abbiamo registrato una reazione virtuosa delle aziende”, spiega l’esperto. I conti aziendali hanno tenuto meglio rispetto alle più pessimistiche previsioni, calando meno del previsto e traducendosi in una reazione positiva dei mercati.
Tre fattori pesavano sull’outlook 2023. “Innanzitutto ci si aspettava un forte rallentamento economico in America e in Europa che non c’è stato. Il pil ha sovraperformato le attese e i consumi hanno fortemente retto”, interviene Manuela Maccia, head of investment solutions & chief investment office Italy di Deutsche Bank. “In secondo luogo, molti si attendevano una crisi energetica sulla scia di una continuazione della guerra in Ucraina; ma poi l’Europa ha gestito la situazione meglio delle attese, rimpiazzando il gas russo. In terzo luogo, nel primo semestre dell’anno – in cui abbiamo assistito a un rally azionario importante, circa il 15% in Europa e fino al 30% negli Usa se consideriamo il Nasdaq – le aspettative ruotavano intorno a un’inflazione rampante sullo scenario degli anni ’70. Ma non è stato così. L’inflazione ha iniziato a scendere anche prima dell’estate, la politica monetaria restrittiva ha dimostrato di funzionare e i colli di bottiglia che si erano creati nell’approvvigionamento della supply chain dovuti al covid sono stati smaltiti”, ricorda Maccia. Di conseguenza, sostiene l’esperta, i settori che avevano patito nel 2022 e che si credeva avrebbero patito nel 2023 (come quello tecnologico) hanno in realtà sovraperformato. Guardando alla seconda parte dell’anno, la narrativa di un 2023 annus horribilis sventata dai numeri ha però subito una battuta d’arresto in estate “con una correzione dei mercati fixed income, che sono quelli che stanno ancora spingendo i mercati azionari”, spiega Maccia. Fino ad arrivare tra luglio e ottobre ad attraversare una fase orso, dalla quale però stiamo uscendo, rassicura l’esperta.
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Fatte queste premesse, il contesto macroeconomico che si apre dinanzi agli investitori resta tuttavia a tinte fosche. “Questo a causa di una restrizione monetaria permanente che rende sempre più difficile il contesto operativo per le aziende”, osserva Vailati. “Le banche centrali sono impegnate a continuare la lotta per contenere l’inflazione, che è ben indirizzata, ma c’è ancora da fare per raggiungere gli obiettivi prefissati. Quindi i tassi resteranno alti più a lungo di quanto si credesse e creeranno un vento contrario alla liquidità delle aziende”. A questo, spiega, si aggiungono le questioni geopolitiche. “Il mercato digerisce le guerre in corso ma rappresentano comunque un ulteriore elemento che va a inficiare le attività quotidiane delle aziende”, dice Vailati. Sulla base di questo scenario, secondo l’esperto la crescita economica potrebbe proseguire sottotraccia rispetto al potenziale che la caratterizza adesso senza però sfociare in una pesante recessione come ci si aspettava nel 2023. “Quindi una crescita blanda che però a livello di conti aziendali verrà affrontata con un miglioramento di produttività e una crescita degli utili superiore al fatturato – come osservato nelle ultime trimestrali – e che sarà di supporto per le quotazioni azionarie”, dichiara. Quanto al tech in particolare, per Vailati c’è ancora spazio di crescita; ma non dovremmo assistere ancora a un divario di performance tanto marcato quanto quello registrato finora.
Come preparare dunque i portafogli? “Sicuramente con dinamismo, perché l’alternanza di euforia e panico può creare notevole volatilità”, dice l’esperto. “A livello valutativo vedo limitati upside per gli indici azionari. In generale, penso che l’America si presenti con una positività maggiore, quindi va guardata con un occhio di riguardo rispetto all’Eurozona che sconta condizioni economiche peggiori e prospettive fiscali e monetarie meno favorevoli”, conclude Vailati. “La nostra Cio view restituisce una prospettiva ragionevolmente positiva sui mercati azionari, con un S&P 500 che torna a 4.500 punti”, afferma Maccia. Deutsche Bank ha intanto chiuso il gap di sottopeso sugli azionari attraverso una strategia buy the dip (acquistare un’azione dopo che ha sperimentato un calo di prezzo più o meno importante, ndr), posizionandosi per 2/3 in America e 1/3 in Europa. “Dal momento che pensiamo di essere arrivati al picco dei tassi sulle parti brevi delle curve e che ci aspettiamo una minor volatilità nella prima parte del 2024 – con la possibilità di vedere i primi tagli dei tassi alla fine del primo semestre – ci attendiamo una versione high single digit (a una cifra, ma nella parte alta) sui due principali mercati”, spiega Maccia. Andando avanti, aggiunge, l’idea è favorire quei settori più sensibili ai tassi di interesse, a partire dall’IT e dai servizi di telecomunicazione che potrebbero beneficiare anche dell’effetto dell’intelligenza artificiale. “Assieme ai long duration, gli altri settori che ci piacciono sono quelli più difensivi, come le utility. Quindi, più tecnologia e servizi di telecomunicazione negli Usa e un po’ più value in Europa, per esempio finanziari o consumi discrezionali”.
L’ultima scommessa che quest’anno non ha pagato, conclude l’esperta, è la Cina. A fine 2022 era stato scontato un effetto immediato delle riaperture post-covid, che si sarebbe tradotto in un’accelerazione economica e di conseguenza in un effetto positivo sulla Borsa. Ma anche in questo caso, le cose sono andate diversamente. “Continuiamo a vedere nel medio termine un’opportunità sul mercato cinese”, dichiara Maccia, ma capire quale sarà in questo caso l’impatto dell’Ai resta complesso. “In termini macro, l’economia cinese si presta fortemente a contributi positivi dell’Ai, perché è un’economia basata sul manifatturiero dove i miglioramenti di produttività (ovvero Ai) fanno la differenza”, dice l’esperta. Poi conclude: “L’impatto sul mercato azionario è invece meno lineare, meno chiaro. Oggi l’ecosistema di aziende enabler o produttrici di Ai sono principalmente Usa, sia nell’hardware sia nel software e infrastructure. Non c’è dubbio che nel tempo la Cina crescerà i sui campioni nazionali. La sfida sarà capire se e quanto queste aziende potranno diventare campioni globali in un mondo che si sta deglobalizzando ed è sempre più attento all’uso e potenziale perdita di controllo di industrie di valore strategico”.
Articolo tratto dal n°63 di dicembre di We Wealth.
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