- Con i tassi di interesse in discesa in alcuni dei mercati emergenti più maturi, come il Brasile, gli investitori trovano i rendimenti a due cifre offerti dai mercati di frontiera troppo interessanti per essere ignorati
- Anni di cattiva gestione monetaria hanno allontanato gli investitori dalla Turchia, ma i tassi di interesse stabili al 50% (alzati per affrontare l’inflazione a due cifre e stabilizzare la lira) sono tornati ad attrarli
I mercati di frontiera – sottoinsieme dell’universo dei mercati emergenti in una fase meno avanzata di sviluppo, specie dal punto di vista finanziario – stanno catturando l’attenzione degli investitori. Se negli ultimi anni i debiti in valuta locale di paesi come Egitto, Pakistan, Nigeria e Kenya sono stati “scartati” a causa delle crisi valutarie che hanno devastato le loro economie, ora stanno tornando in auge. Con i tassi di interesse in discesa in alcuni dei mercati emergenti più maturi (come il Brasile) gli investitori sembrerebbero di fatto trovare i rendimenti a due cifre offerti dai mercati di frontiera troppo interessanti per essere ignorati.
Come evidenziato nella tabella sottostante, i rendimenti a scadenza per emissioni a 3 anni arrivano infatti fino al 26,28% nel caso dell’Egitto. Seguono la Nigeria con il 18,26%, il Kenya con il 17,64% e il Pakistan con il 17,12%. Da precisare che tali rendimenti sono chiaramente commisurati ai rischi assunti. “Per guadagnare davvero è necessario fare operazioni un po’ più fuori pista nei mercati di frontiera”, ha dichiarato al Financial Times un gestore specializzato in emergenti che ha investito in Treasury Bill (o T-Bill) egiziani ed esaminato anche il debito a breve termine in naira nigeriana. La valuta locale di frontiera offre ancora rendimenti superiori rispetto ai tassi statunitensi, dice il gestore. Anche se la Federal Reserve dovesse tagliare i tassi di interesse soltanto una volta entro la fine dell’anno, aggiunge, i mercati di frontiera restituiranno ancora rendimenti interessanti. Analizzando i singoli paesi, il quotidiano economico-finanziario britannico ricorda come anni di cattiva gestione monetaria abbia allontanato gli investitori dalla Turchia; ma i tassi di interesse stabili al 50%, alzati per affrontare l’inflazione a due cifre e stabilizzare la lira, sono tornati ad attrarli quest’anno.
La crisi monetaria in Egitto
Anche i titoli del debito egiziano rientrano nel mirino. Gli investitori stranieri hanno investito 15 miliardi di dollari in obbligazioni locali quest’anno, in gran parte dopo che uno dei fondi sovrani di Abu Dhabi ha staccato un maxi-assegno da 35 miliardi di dollari per lo sviluppo della penisola di Ras El Hikma, nel tentativo di alleviare la crisi finanziaria del Paese. La sterlina egiziana ha subito tra l’altro una forte svalutazione quest’anno, con il governo egiziano ha lasciato che il tasso ufficiale della valuta locale fluttuasse liberamente. Secondo quanto risulta al FT, gli investitori credono che riforme simili in Nigeria, Turchia e circa altre due dozzine di mercati di frontiera stiano dando i loro frutti in un momento in cui i rendimenti di altre forme di debito dei mercati emergenti sono in calo. Il debito in dollari di molti di questi paesi ha già registrato un’impennata e molti investitori dubitano che i rendimenti possano scendere di molto.
Effetto elezioni sul peso messicano
Intanto, le operazioni sulle valute di alcuni grandi mercati emergenti hanno fatto cilecca di recente, come quelle sul peso messicano. Come ricordato in recente analisi di Goldman Sachs, gli asset messicani sono stati i peggiori performer tra gli emergenti la scorsa settimana. Dopo la pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali, che hanno segnato la vittoria della candidata di sinistra Claudia Sheinbaum, hanno infatti subito una forte pressione. I titoli azionari hanno ceduto bruscamente lunedì 3 giugno (con il Mexbol al -6% e l’Msci Mexico al -9%) per poi recuperare parzialmente a metà settimana. Tuttavia, il peso è rimasto debole, calando del 7% rispetto al dollaro. In realtà, anche osservando la performance relativa più a lungo termine risulta evidente come le azioni messicane siano rimaste indietro quest’anno, dopo diversi anni di forti performance.
Fonte: Goldman Sachs Global Investment Research
Come investire con la Fed in manovra
Fatte queste premesse, la prospettiva che i tassi di interesse restino alti più a lungo, con la Fed che combatte un’inflazione ostinatamente alta, potrebbe anche rivelarsi un vento contrario per il debito in valuta locale dei mercati di frontiera. Secondo gli analisti di Moody’s, a rischio sarebbero soprattutto Egitto, Nigeria e Pakistan; una mossa simile da parte della banca centrale a stelle e strisce, potrebbe infatti costringerli a mantenere a loro volta i loro tassi elevati per attrarre capitali. La banca centrale del Kenya ha deciso intanto di mantenere il suo tasso di riferimento al 13%, con l’obiettivo di mantenere la stabilità del tasso di cambio. C’è anche chi però crede che, anche se i tassi statunitensi dovessero rimanere elevati, le obbligazioni in valuta locale resteranno più interessanti del debito denominato in dollari di questi mercati di frontiera. Sebbene il debito in dollari abbia ancora un certo valore, per i titoli di debito in valuta locale “questo è più che altro l’inizio della storia”, sostiene Daniel Wood, gestore di William Blair investment management.