Leroux (Carmignac): “È tornato il ciclo economico, serve flessibilità”

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La relazione prezzo-rendimento dei titoli obbligazionari osservata negli ultimi trimestri potrebbe essere il segnale che l’inflazione sia ancora lontana dall’essere domata. C’è quindi da aspettarsi una recessione con tassi di interesse ancora alti o una disinflazione immacolata è ancora possibile?

L’aumento dei rendimenti obbligazionari sulle due sponde dell’Atlantico potrebbe indicare che l’inflazione non sia ancora stata domata dalle banche centrali. E con l’arrivo sempre più imminente della recessione occorrerà riorientare tempestivamente parte dei propri investimenti verso gli asset che ad oggi hanno le carte in regola per mostrarsi resilienti. Ne è convinto Frédéric Leroux, membro del comitato strategico d’investimento e responsabile del cross asset di Carmignac, che nella sua nuova nota di aggiornamento condivide le proprie riflessioni riguardo al ritorno del ciclo economico, chiarendo che esso richiederà agli investitori grande flessibilità.

Economia Usa resiliente: si ma per quanto ancora?

Come l’economia americana continui a resistere nonostante i 500 colpi inferti dalla Federal Reserve, che in soli 17 mesi ha portato i tassi di interesse al 5%, è probabilmente la domanda che economisti ed investitori si pongono con più insistenza negli ultimi mesi. “Ad ogni modo – spiega Leroux – si è dovuta rinviare di trimestre in trimestre la data presunta di inizio del rallentamento dell’economia statunitense, di cui siamo ancora in attesa. Questa contrazione, che non si è ancora manifestata, si è però già tradotta in un aumento dei rendimenti obbligazionari statunitensi ed europei ai livelli massimi del ciclo economico iniziato a marzo 2020, mentre paradossalmente l’inflazione statunitense complessiva è passata dal 9% al 3,2% da giugno 2022 allo scorso luglio. La pressione sui rendimenti a lungo termine ha finito per indebolire i mercati azionari: mentre alla fine del mese di luglio si sono attestati ai massimi su base annua, nel corso del mese di agosto hanno registrato un calo compreso tra il 5% e il 9%”.

Sarà possibile una disinflazione immacolata?

C’è quindi da temere una recessione accompagnata da tassi di interesse elevati o si può sperare ancora in quella che l’esperto della casa di gestione parigina definisce una “disinflazione immacolata”, ossia un calo dei tassi che non comporti un rallentamento dell’economia?
“Per rispondere a questa domanda – osserva Leroux – è innanzitutto necessario chiedersi se la divergenza rilevata tra inflazione e tassi di interesse sia normale. Durante l’ultimo lungo periodo di inflazione (1965-1980) i tassi di interesse hanno iniziato a diminuire dopo che lo ha fatto l’inflazione, con un ritardo compreso uno e tre semestri. Le inversioni di tendenza al rialzo dell’inflazione sono invece state sistematicamente precedute da quelle dei tassi di interesse. Durante questo lungo periodo di inflazione caratterizzato da un andamento a ondate, i mercati obbligazionari hanno previsto in modo corretto il persistere dell’inflazione. Questo è il motivo per cui si sono apprezzati più a lungo rispetto a quest’ultima e hanno registrato ribassi per periodi più ridotti rispetto ad essa”.

Alla luce di ciò, è possibile leggere come “normale” la relazione prezzi-rendimenti obbligazionari osservata negli ultimi trimestri, dal momento che i mercati del Blocco Atlantico continuano a scontare l’eventualità di un’inflazione persistente. Ciò non
significa però che i rendimenti obbligazionari non possano andare incontro a un calo improvviso, a patto che persista la fiducia nelle Banche Centrali nella loro lotta contro l’inflazione.
Ma non è tutto. Occorre infatti analizzare anche altri fattori che potrebbero influenzare le prossime mosse della Federal Reserve. In primo luogo, la compressione del mercato del lavoro e l’imminente rimbalzo dell’attività manifatturiera negli Usa, potrebbero infatti spingere la Fed a mantenere elevati i tassi di interesse di riferimento quanto più a lungo possibile, portando alla tanto attesa recessione. “Il risparmio degli americani – osserva Leroux – si sta infatti progressivamente erodendo, e gli effetti della stretta monetaria, che di regola si ripercuotono sull’economia sempre con un certo lag, inizieranno a concretizzarsi solo adesso a causa della dinamica estremamente repentina con la quale è stata realizzata.

In conclusione

“Allo stato attuale delle cose – osserva Leroux – è quindi prevedibile che il mese di agosto sia stato quello in cui i tassi di interesse hanno superato l’inflazione core (che esclude i generi alimentari e l’energia) per la prima volta da marzo 2021. Inoltre, poiché la componente stagionale resta favorevole al protrarsi della riduzione dell’aumento dei prezzi, è possibile auspicare un ritorno graduale dei rendimenti decennali statunitensi al 3,5%, rispetto al 4,36% dei livelli massimi di agosto. Sebbene siamo convinti che non vi siano i presupposti perché i mercati azionari vadano incontro ad una correzione più severa di quella osservata, continuiamo a ritenere saranno gli investimenti obbligazionari a contribuire all’andamento positivo dei portafogli. Nel prossimo futuro, i titoli growth che presentano buona visibilità sugli utili e qualità dei fondamentali continueranno ad apprezzarsi, mercati grazie al calo dei tassi di interesse a lungo termine”.

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