Giappone vs Cina: gli investitori riadattano i portafogli

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La Borsa di Tokyo sta catturando l’interesse degli investitori, mentre la ripresa cinese appare meno potente di quanto si immaginasse. Stanno forse cambiando gli equilibri in Asia? Ne ha parlato Man Group

Mentre il mondo cerca di contenere l’inflazione con tutte le armi nel suo arsenale, il Giappone si sta muovendo al contrario, ossia mantenendo un’impronta monetaria ultra-espansiva. Ed è proprio così che, mentre l’Occidente continua ad aumentare i tassi, la Bank of Japan preferisce mantenere i tassi ai minimi ritenendo molto più rischioso inasprire la politica troppo presto, piuttosto che troppo tardi.

Il grande rally giapponese

L’anomalia giapponese piace agli investitori e l’indice Nikkei 225 ha da poco aggiornato i massimi da 33 anni, grazie agli afflussi esteri nelle azioni giapponesi. “Il fattore chiave di questi massimi di mercato è il ritmo degli afflussi degli investitori stranieri: nelle ultime 11 settimane sono stati registrati 69 miliardi di dollari di afflussi netti dagli investitori stranieri (dati al 31 maggio 2023)”, spiega Emily Badger, Portfolio Manager di Man GLG. Un dato che di per sé sembra già importante, ma lo è ancora di più se si pensa che in un arco di tempo ben più lungo – tra la fine del 2012 e la prima metà del 2015 – sono arrivati investimenti esteri per circa 250 miliardi di dollari.

Ma come mai il Giappone è così amato dagli investitori? Sicuramente sapere che Warren Buffet ha reso l’azionario nipponico la sua seconda maggiore allocazione, ha aiutato. Non si può ignorare il fatto che lo yen si trovi, al momento, in una posizione molto interessante per gli investitori stranieri. Mentre la Bank of Japan continua a mantenere una politica ultra accomodante, la valuta nipponica è scesa ai minimi rispetto al dollaro, basti pensare che lo scorso venerdì lo yen ha toccato quota 140 contro il biglietto verde (a metà luglio), segnando una significativa svalutazione rispetto alla fine di marzo, quando il dollaro era scambiato per 133,3 yen.

“Con un’economia già forte e una valuta debole, se i tassi restano fermi, ci sono le condizioni per un ulteriore aumento dei prezzi degli asset”, suggerisce Badger, permettendo al Giappone di godersi la luce dei riflettori, dopo molti anni di ombra.

Cina: speranze infrante?

La situazione non sembra invece rosea per la Cina, dove la ripresa economica post-Covid non ha al momento impattato con le grandi attese che si erano create a inizio anno. Non sarà forse che il coniglio, animale simbolo di questo 2023 per la Cina, spaventato dalle fauci del dragone abbia deciso di riposarsi sotto l’ombra del Sol Levante?

L’attività economica cinese non sta offrendo segnali rassicuranti. A giugno il PMI cinese è sceso per il terzo mese consecutivo. Andrew Swan, Head of Asia ex Japan Equity di Man GLG suggerisce che il problema sia ben più profondo di una possibile nuova ondata di Covid e non dipenda unicamente dalla forza deflazionistica che sta trascinando il paese, bensì dipenda da un problema strutturale molto ampio caratterizzato da:

  • Problemi di indebitamento degli enti locali in continua crescita. Mentre il governo sperava che le vendite dei terreni si mantenessero stabili quest’anno, sono già diminuite del 20%. “La soluzione a questo enigma sembra essere quella di far assorbire il debito a livello nazionale nel sistema bancario statale, ma questa soluzione non lascerebbe spazio a stimoli economici”.
  • Alto tasso di disoccupazione: sebbene la disoccupazione nel suo complesso resta al 5,2%, invariata rispetto ad aprile, quella giovanile continua ad aumentare segnando un nuovo record a maggio e balzando al 20,8%.
  • Effetti del deleveraging che sta rallentando le spese delle famiglie. L’ultima speranza del governo per far ripartire i consumi interni è nelle famiglie, ma purtroppo manca la fiducia: le famiglie hanno poche opportunità per investire e guadagnare con gli immobili e il problema del debito pubblico locale, che rappresenta una fonte importante di rendimenti per i prodotti di wealth management locale, non aiuta la situazione patrimoniale delle famiglie.

Secondo gli esperti di Man Group, il bisogno più impellente per l’economia cinese è una riforma strutturale che migliori la produttività. Vi sono però pochi segni che ciò accada nel breve termine e risulta quindi improbabile che questa volta l’economia cinese possa salvare le economie del mondo.

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