Come una bussola verso la stella polare: Artemisia Gentileschi e l’Allegoria dell’Inclinazione

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La commissione dell’Allegoria dell’Inclinazione viene data a Artemisia Gentileschi, da qualche anno arrivata a Firenze, dai discendenti di Michelangelo Buonarroti. Il dipinto, tuttora a Casa Buonarroti, è stato oggetto di restauro e di uno studio approfondito, iniziato il 27 settembre 2022 e durato esattamente un anno: la mostra Artemisia UpClose – Artemisia nel Museo di Michelangelo ha infatti aperto il 27 settembre 2023, e sarà possibile visitarla sino all’8 gennaio 2024

Casa Buonarroti a Firenze sorge sul luogo di antiche case comperate e vissute da Michelangelo e dai suoi discendenti, da Leonardo, figlio di suo fratello Buonarroto, in poi. Dietro Santa Croce, rimane fuori dal passeggio turistico Piazza della Signoria – Ponte Vecchio, una piccola gemma che non bisogna dimenticare quando si va nel capoluogo toscano. Il figlio di Leonardo, Michelangelo il Giovane, iniziò nel 1612 la sistemazione del palazzo come lo vediamo oggi, utilizzando disegni del famoso prozio e ricordandone il genio con un grande programma decorativo all’interno, in particolare con la commissione ad artisti diversi di dipinti che celebrassero l’antenato, da installare sul soffitto della galleria. 

Michelangelo il Giovane, accademico della Crusca e amico di Galileo, fu un grande poeta e intellettuale, e elaborò con cura estrema l’iconografia di queste tele, immaginando ex-novo, per esempio, l’allegoria dell’Inclinazione, non nell’enciclopedia di Cesare Ripa, testo fondamentale che da fine Cinquecento aiutava gli artisti a rappresentare concetti astratti attraverso personificazioni con attributi ben precisi. Fu chiaro al figlio di Leonardo Buonarroti che l’Inclinazione insieme all’Ingegno erano fondamentali per spiegare la mente geniale dell’autore degli affreschi della Sistina. D’altra parte forse è proprio con Michelangelo che nasce il concetto di artista in senso moderno, una figura che va ben oltre quella dell’artigiano.

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Allegoria dell’Inclinazione, una commissione per Artemisia Gentileschi dai discendenti di Michelangelo

La commissione dell’Allegoria dell’Inclinazione viene data a Artemisia Gentileschi, da qualche anno arrivata a Firenze, ma subito attiva e legata al mondo intellettuale toscano. Il dipinto, tuttora a Casa Buonarroti, è stato oggetto di restauro e di uno studio approfondito per la prima volta, un processo iniziato il 27 settembre 2022 e durato esattamente un anno: la mostra Artemisia UpClose – Artemisia nel Museo di Michelangelo ha infatti aperto il 27 settembre scorso, e sarà possibile visitarla sino all’8 gennaio 2024. 

L’attento restauro dell’opera

Curata da Alessandro Cecchi, il pretesto è ovviamente il restauro, ma il risultato è quello di trovarsi davanti ad Artemisia stessa, negli anni della sua meno conosciuta attività fiorentina, e alla famiglia Buonarroti nella sfavillante Firenze medicea. L’opera era offuscata da vecchie vernici che sono state rimosse con cautela, rivelandone la felicità degli incarnati e la freschezza di cielo e nuvole, che con grazia estrema aiutano l’Inclinazione a navigare con la sua bussola verso la stella polare. 

La figura, da quanto anche si legge nelle note di Michelangelo il Giovane, avrebbe dovuto essere una giovane donna, bella e “nuda”, forse come la verità stessa che cerca di raggiungere. Tuttavia, verso la fine del Seicento, Leonardo Buonarroti, nipote del committente e residente nel palazzo, la fece “vestire” da Baldassarre Franceschini, il Volterrano. 

L’intervento di restauro non ha rimosso questi nuovi panni, da un lato perchè rischioso cercare di togliere uno strato di pittura applicato pochi decenni dopo l’originale – si sarebbero in tutta probabilità perse eventuali velature originali – dall’altro anche questi panni sono divenuti parte della storia dell’opera, come conferma la restauratrice Elisabeth Wicks. Quello che invece è stato fatto, è ricreare virtualmente come doveva essere in origine il dipinto, studiando a fondo immagini a raggi X, riflettografie e immagini a luce radente.

Artemisia Gentileschi, Allegoria dell’Inclinazione, Firenze, Casa Buonarroti (radiografia e ipotesi del dipinto prima delle ridipinture seicentesche)


La nudità balza subito all’occhio
, forse perché appunto siamo abituati a vederla vestita? Ma ecco qui davanti a noi quello che accade spesso nella pittura antica, e di cui si parla altrettanto spesso in epoca moderna: la visione e l’uso del corpo femminile nudo, un voyerismo giustificato dall’arte? Codificato e normalizzato? Argomento enorme, che confonde la mente ancor più in questo caso, visto che l’autore dell’opera è una donna, e che donna!


Artemisia Gentileschi, la prima donna a fare il suo ingresso all’Accademia delle arti e del disegno


A volte sembra si parli di Artemisia quasi troppo
, ma non è mai abbastanza soprattutto se al di fuori delle vicende drammatiche che la travolsero a Roma. Figlia del pittore Orazio e rimasta orfana di madre molto presto, lo stupro brutale che subì giovanissima a Roma e il processo che ne seguì, dove venne anche torturata per vedere se diceva il vero, non sono l’unico capitolo della sua vita da ricordare. I sette anni fiorentini sono un momento per lei fenomenale, dove riesce a fare un balzo culturale quasi irreale. A Roma infatti non fu fatto un matrimonio riparatore, anzi nonostante fosse chiara la sua innocenza, Artemisia perse l’onore: il padre ne organizzò le nozze con un pittore mediocre, Pierantonio Stiattesi, e lo spostamento a Firenze alla fine del 1612. Lì con l’aiuto dello zio Aurelio Lomi, entrò nel vivo della frizzante vita culturale medicea, e da essere una ragazza orfana, illetterata e disonorata, divenne preziosa amica di Galileo e di Michelangelo il Giovane, entrando, prima donna, all’Accademia delle arti e del disegno nel 1616

La mostra Artemisia UpClose – Artemisia nel Museo di Michelangelo

La mostra a Casa Buonarroti fa – e non in senso figurato – scendere anche un altro dipinto di Artemisia, la Maria Maddalena Penitente, solitamente esposto a Palazzo Pitti molto in alto. Di qualche anno più tardo dell’Inclinazione, dimostra anch’esso la potenza della pittrice, la sua capacità di farci capire come la sofferenza e le aspirazioni della mente siano visibili anche fisicamente. Ci si chiede sempre se essa stessa si identifichi con queste eroine che dipinge, e che anche le assomigliano: la loro carne è la sua e così anche i loro tratti. Quando si è davanti a una di queste donne se ne percepisce l’energia e la forza, soprattutto negli occhi lucidi e luminosi.
A Firenze Artemisia diventa Artemisia, ma nella sua vita più privata soffre di certo: un marito sbagliato che fa debiti e poco altro, quattro gravidanze ma sopravviverà solo la figlia Prudenzia. Una vita di successo e di grandi tragedie, che se si vuole si può leggere nelle sue opere.


Artemisia Gentileschi, Maria Maddalena, Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti


La piccola e splendida mostra a Casa Buonarroti a Firenze
diventa un’occasione per ripensare a Artemisia, al corpo femminile nell’arte, alle donne artiste dimenticate e ora piano piano riscoperte, alla generosa e brillante vita culturale fiorentina nel Seicento. Ne scrivo da Londra volendo essere a Firenze, un pochino come Artemisia che ha lavorato in entrambe le città quattro secoli fa.

La mostra e il restauro si devono alla generosità di Calliope Arts, con i suoi fondatori Margie MacKinnon e Wayne McArdle, e del collezionista Christian Levett. La accompagna il libro Artemisia Upclose edito da Linda Falcone, con scritti di Cristina Acidini, Alessandro Cecchi, Elisabeth Cropper, Mary Garrard, Margie MacKinnon e Elisabeth Wicks. Numerosi i video online, splendido quello che documenta il dipinto che scende dal soffitto della Galleria.

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