Il 1° giugno 2023 è entrata ufficialmente in carica nel suo ruolo di amministratore delegato di Deloitte & Touche, Valeria Brambilla, già presidente del cda, prima donna a ricoprire il ruolo di ad di una società del network Deloitte in Italia, guidato da Fabio Pompei. Ha scelto di aprire il suo mandato al Teatro Regio di Parma (scoprirete perché tra poco). Ricorre spesso nell’intervista che ha rilasciato a We Wealth il termine “mestiere” sintomatico dello spirito di servizio che Valeria infonde alla sua – amatissima – professione, plasmata su un arricchimento culturale “che può derivare solo dalla lontananza”. Dal 2015 è anche a capo del settore Life Sciences & Healthcare per l’intero Network di Deloitte Italia.
La sua nomina rappresenta il coronamento di tutta l’attività impact che da anni Deloitte conduce.
La nostra azienda si occupa di revisione e consulenza contabile. In quanto tale ha una responsabilità molto forte verso il mondo esterno: tutto quanto noi certifichiamo – anche sulla base di dati non aventi carattere prettamente finanziario – alimenta le informazioni su cui i terzi fanno affidamento per decidere se investire in una certa attività o meno. L’impact – non solo finanziario – fa parte della nostra strategia, integralmente. L’attenzione verso questo aspetto è diventata molto forte: le persone trascorrono una parte importante del loro tempo a lavoro; sentono l’esigenza di avere a che fare con qualcosa che abbia un contenuto, un’anima. Non è più pensabile estromettere gli aspetti identitari dal contesto lavorativo. Il nostro slogan globale è Impact that matters, impatto che conta. Il termine in inglese ha una valenza qualitativa molto forte. Questa è la nostra filosofia, nel pieno rispetto e nella piena consapevolezza delle nostre responsabilità e del nostro ruolo. A corollario, si aggiunge un’attenzione profonda al mondo culturale, inteso nella più ampia accezione della parola. Col mio team stiamo lavorando alla creazione di presìdi che diffondano la cultura della qualità. L’attenzione alla cultura, agli aspetti sociali, è parte integrante della nostra strategia.
Ha mai sentito, un’opposizione – se non proprio un contrasto – fra l’essere un revisore contabile e la qualità della vita, la cultura? Se pensiamo al commercialista, non va esattamente a questi aspetti il pensiero…
La revisione contabile è collegata a un mondo che sembra molto freddo, asettico, fatto solo di numeri e metriche economiche. In realtà, nel nostro mestiere la qualità dei numeri non prescinde da quella relazionale. Il nostro mestiere si fonda sul lavoro di squadra. Ogni progetto ha una squadra dedicata, che deve operare in perfetta sintonia al suo interno e al suo esterno. Ciò rende estremamente umano il lavoro che svolgiamo: il dialogo interno ed esterno è continuo. I numeri sono una rappresentazione sintetica dell’impresa. Per arrivarci però, bisogna partire dai fondamenti, dagli aspetti etici e di controllo che le imprese si danno, dalle informazioni qualitative. Da questi processi si passa poi ai numeri che noi certifichiamo. L’aspetto umano è molto importante anche perché nell’Audit&Assurance – che io guido – siamo ormai 2.200 persone, con un’età media molto bassa e la prospettiva di ingresso nei prossimi 12 mesi di altri 200 professionisti. Il nostro non è un mestiere di moduli da compilare o rapporti da stilare in piena solitudine.
L’era Valeria Brambilla a cosa sarà improntata dunque?
Si baserà su quattro pilatri: cultura della qualità, che dovrà sempre essere mantenuta ed elevata ai più alti standard; crescita di mercato; crescita bilanciata, ovvero una crescita le cui strategie di sviluppo terranno conto tanto del mercato quanto delle nostre persone; trasformazione tecnologica, ma con sempre la persona al centro: il tech (con l’AI) deve essere elemento abilitante per il ruolo di revisore e consulente contabile del futuro. Ho aperto il mio mandato al Teatro Regio di Parma, in un mondo apparentemente molto lontano dal nostro. In realtà sono entrambi caratterizzati da fortissimo impegno e sacrificio quotidiani. Unitamente a una grande passione. Sono convinta che la lontananza apporti arricchimento reciproco. Perciò ho disegnato una governance di leadership che unisce varie età e province geografiche, nord, centro, sud. Il tema dell’arricchimento – anche culturale – è uno dei fondamenti della leadership del futuro.
Quanto essere donna ha influito positivamente sulla sua nomina?
In questo particolare momento storico ha influito positivamente. Le caratteristiche tipiche di una donna offrono una chiave di lettura diversa da quella maschile. Nel nostro settore in particolare, quello della consulenza e della finanza, la presenza femminile ad alti livelli resta ancora moderata. Ma vi è interesse da parte di tutti perché le cose cambino. La mia nomina per esempio è arrivata dal basso: c’è la volontà, soprattutto da parte dei giovani, di avere nuove visioni e strategie. L’aspetto negativo rimane quello di riuscire a conciliare impegni familiari e lavorativi intensi. Quando ho iniziato io le possibilità erano inferiori, non si era attrezzati per questo cambiamento culturale. Nel mio caso però il lavoro non è stato un ostacolo. Anzi, ho cercato di gestire con grande equilibrio la vita privata e professionale, con beneficio dell’una e dell’altra. Fra gli obiettivi dei miei programmi vi è quello di far crescere il personale femminile anche a livelli dirigenziali. Nei primi anni di carriera abbiamo raggiunto la parità; nei prossimi faremo dei grandi passi avanti. Il trend è in miglioramento: nell’intero network Deloitte ci sono il 58% di maschi e il 42% di femmine; in Deloitte & Touche rispettivamente il 53% e il 47%.
Articolo pubblicato nel numero di settembre 2023 del magazine We Wealth. Abbonati QUI.
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