Ne hanno parlato nel corso del webinar “Cripto-attività tra recenti sviluppi e digital finance package”, organizzato dal Parlamento europeo gli avvocati Giovanni Indirli (Lexia Avvocati) e Massimo Campailla (Zunarelli Studio legale associato).
La storia delle Ico fallimentari
Molti dei token arrivati sul mercato attraverso queste Ico hanno subito crolli verticali durante il mercato ribassista del 2017-18 e anche oggi sono fermi, se non falliti “non sempre per ragioni indipendenti dalla volontà degli emittenti”. Le Ico fallimentari sono di due tipi: “o vere e proprie truffe: se ne contano 56 sulle oltre mille presentate, per un totale del 67% dei fondi raccolti ovvero 10 miliardi di dollari. O Ico genuine su cui però si sono osservati gravi inadempimenti o abusi – continua Inderli – Le vittime sono investitori piccoli e della prima ora a cui è stato offerto in vendita il token a sconto ma con il blocco a vendere nei primi 10 mesi, dieci mesi in cui il token crollava a picco o veniva delistato perhcè fallito”.
Ma per la legge italiana i contratti sono nulli
Ci sono rimedi? Indirli dice di sì: “Qui in Italia, ma non solo, la legislazione a tutela del risparmio e del contraente debole è particolarmente favorevole e un’azione recuperatoria, oltre a poter essere radicata nel foro dell’investitore, ha prospettive di successo spesso molto incoraggianti”.
Ci scontriamo con due ostacoli però che sono spesso inseriti come clausole dei contratti sottoscritti: “il primo è che la legge applicabile è in genere straniera e il seco9ndo che lo è, spesso extra Ue, anche la competenza giuridisdizionale. Si tratta di ostacoli superabili perché in Italia il Codice del consumo recepisce la direttiva sulle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori, in particolare l’art 33 comma 2 lettera t annulla queste clausole. Questo spiana la strada a un’azione in Italia sulla base della sola legge italiana. E se non è possibile invocare questa norma, si può far ricorso agli obblighi di natura pubblicistica imposti dalla legge italiana”. Nel caso degli utility token oggetto di Ico rileva Tuf e in particolare l’articolo 166 sul reato di abusivismo finanziario, “un reato grave con pene da uno a 8 anni e nullità del contratto con restituzione delle somme oltre al risarcimento del danno. Una recente sentenza della Cassazione sembra aver ampliato le fattispecie a favore degli acquirenti. Se la proposta di vendita è reclamizzata nei termini di proposta di investimento questo rileva perché sia soggetta agli adempimenti del Tuf.
Certamente se si guarda ai white paper si vede che si giudica l’acquisto perché valido in termini speculativi ma allo stesso tempo si chiede al sottoscrittore di accettare che il token venga acquistato come tale: in sostenza, si offre un prodotto come ottimo investimento ma si chiede di negarlo”, conclude Indirli.
Ecco perché serve certezza giuridica
Ciò che è mancato nelle Ico è la certezza giuridica, elemento “determinante per il successo di queste iniziative” suggerisce Campailla. “Gli emittenti hanno pensato bene di premunirsi con una contrattualistica sbilanciata a loro favore, con clausole vessatorie e deroga della legislazione italiana in caso di contenzioso. In realtà molto spesso sono invalide e quindi significa consentire i contratti come nulli. E dunque questo significa che occorre portare indietro le lancette del tempo e posizionarsi immediatamente prima della firma del contratto”
Ma questa consapevolezza non deve far dimenticare la cautela. “Una sentenza favorevole vale poco se non la si può eseguire nel paese di stabilimento dell’emittente o se quest’ultimo dovesse risultare incapiente. Occorre quindi ben ponderare tutti i diversi fattori, spesso operanti in combinazione tra loro, che possono incidere sulle effettive prospettive di recupero”, avverte Campailla.
Fattori da guardare sono ad esempio la tipologia dell’emittente (meglio una società che una persona fisica), il domicilio (meglio non sia in paradisi fiscali), l’importo del fundrising e la capienza della società emittente e il numero e la distribuzione geografica degli acquirenti.