Si deve dimostrare il nesso di casualità tra il fatto che il commercialista non abbia svolto correttamente il suo incarico e l’accertamento fiscale successivo
Da ricordare come ci sia una differenza tra il risarcimento dal punto di vista civilistico (come nel caso esaminato) e quello tributario
Il caso che ha potato a questa decisione vedeva una società che aveva citato in giudizio il suo commercialista, per ottenere un rimborso sui danni da lui provocati in merito alla contabilità della società.
I giudici osservano che la società quando in primo appello era stato rigettato il ricorso avevano sottolineato come la responsabilità del commercialista consisteva nella non corretta tenuta della contabilità. Questo aveva causato sanzioni e maggiori imposte da pagare. A tutto questo la società sottolinea anche come loro avevano dovuto pagare 62.213,44 euro. E la cifra era nettamente diversa da quanto deciso dai precedenti giudici, dove la somma era stata solo di 22.994,50 euro.
I giudici di cassazione indicano dunque come in appello non si sia specificato perché si dovesse riconoscere alla società solo l’importo delle sanzioni (questo risulta essere anche inferiore a quanto pagato). E dunque la cassazione arriva alla conclusione che la corte di appello deve rivedere il caso, e valutare di nuovo la situazione per determinare il nesso di casualità tra l’operato del commercialisti e il danno subito dalla società. Si chiede dunque di valutare il nesso di casualità tra il non aver svolto correttamente il suo incarico come professionista e gli importi che il contribuente ha pagato in seguito a causa dell’accertamento fiscale.
Da ricordare come però c’è una differenza tra il risarcimento dal punto di vista civilistico (come nel caso esaminato) e quello tributario o penale. La Cassazione ricorda infatti come chi affida al commercialista, il compito di fare la dichiarazione, non può dirsi esonerato da responsabilità. Se si vuole essere esentati da queste, in caso di omessa trasmissione della dichiarazione da parte del professionista, si deve dimostrare di aver fornito al commercialista, quanto dovuto all’Agenzia delle entrate e di avere vigilato sul puntuale adempimento del mandato. In questo caso se il professionista ha agito in modo scorretto la colpa sarà esclusivamente sua.