La Regina Elisabetta e la prima Land Rover
Cosa mai potrà avere di regale un veicolo tozzo Il suo frequente accostamento iconografico con varie Land e squadrato, formato da tese lastre metalliche assemblate con rivetti a vista, pensato per il lavoro agricolo e derivato da un residuato bellico a fine carriera? Eppure le famose e ricorrenti immagini della regina Elisabetta d’Inghilterra a bordo o alla guida di vetture fuoristrada come le Land Rover, non solo non appaiono per niente stonate, ma al contrario evocano atmosfere esclusive e aristocratiche. A dimostrazione che non conta tanto come ci si veste o cosa si guida, ma saper portare abiti o automobili con sicurezza e personalità, qualità che non difettavano certo a Elisabetta II.
Che scorrazzava, e non sempre a velocità moderate, alla guida delle auto facenti parte del nutrito parco macchine dei Windsor, soprattutto sulle sue preferite Land e Range Rover, sulle quali oltre a effettuare escursioni al di fuori del protocollo nelle proprie tenute, organizzava anche incontri diplomatici, politici e familiari. E per di più senza alcun tipo di patente, semplicemente perché non prevista dall’ordinamento britannico: Sua Maestà, quale autorità dotata del potere di rilasciare il permesso di guida che in Inghilterra veniva emesso a suo nome, non doveva sostenere alcun esame, e nemmeno avrebbe dovuto dotare di targa i propri veicoli.
Ma non potevano esserci comunque dubbi sulle sue capacità di guida e sulle conoscenze di meccanica automobilistica, dal momento che, oltre a essere appassionata di motori, aveva prestato servizio durante la Seconda guerra mondiale come meccanico riparatore e autista di autocarri di pronto soccorso. Il suo frequente accostamento iconografico con varie Land Rover, in ogni parte del mondo, ha senza dubbio contribuito a far diventare quest’auto uno dei più riconosciuti e riconoscibili simboli del Regno Unito, insieme con la Mini, i Beatles o la stessa Union Jack.
Ancor prima dell’incoronazione di Elisabetta II
Ancor prima dell’incoronazione, nel ’51, Elisabetta si fece infatti immortalare su una Land Rover, per poi preferirla spesso alle opulente Rolls Royce, Daimler e Bentley nelle visite ufficiali, come nel viaggio di 7 mesi compiuto nel ’53 nei Paesi del Commonwealth. Davvero impensabile per un’auto che al momento della nascita avrebbe dovuto essere poco più di un trattore con funzioni di tappabuchi per garantire la sopravvivenza a una Casa automobilistica, la Rover, uscita a pezzi dalla guerra mondiale, con uno stabilimento distrutto dai bombardamenti e una gamma vetture di concezione e categoria non ottimale per l’esportazione. Esportare almeno la metà della produzione era invece la condizione necessaria, secondo la vigente normativa britannica, per ottenere adeguate forniture di acciaio.
Nel 1948 il direttore tecnico della Rover, Maurice Wilks, riscontrata l’ormai scarsa disponibilità di ricambi per la sua Jeep MB Willys residuato bellico che utilizzava, come tanti lavoratori agricoli, nei campi della sua proprietà, si rese conto che un veicolo con caratteristiche simili alla Jeep avrebbe potuto ottenere un buon successo nella realtà rurale di quel periodo, permettendo altresì alla Rover di superare il momento di difficoltà, traghettandola in epoca favorevole al mercato delle berline di lusso che normalmente produceva.
La prima Land Rover della storia: un “trattore” per le agevolazioni fiscali
Acquistate altre due Jeep per studi e test, mise al lavoro tecnici e progettisti che approntarono un primo prototipo già dotato di trazione integrale permanente (grazie a un dispositivo di ruota libera sull’assale anteriore) e attrezzato con tre prese di forza per muovere gli utensili da lavoro. La vettura, senza portiere né capote, aveva un solo sedile in posizione centrale, come i trattori agricoli, per godere delle agevolazioni fiscali per questi concesse dalla normativa. Per ridurre al minimo l’utilizzo del contingentato acciaio, ne venne previsto l’impiego per il solo telaio a longheroni scatolati, mentre per la carrozzeria si pensò di utilizzare l’alluminio che allora abbondava in Rover come residuo delle commesse militari ricevute dalla Royal Air Force durante la guerra, a cui si deve anche il colore delle prime Land Rover, quel verdino chiaro tipico dell’interno dei velivoli, anch’esso rimanenza di magazzino.
Curioso che una siffatta impostazione tecnica, dettata solo dal caso e dalle disponibilità, sia poi divenuta una delle caratteristiche della vettura per quasi 70 anni. E lo stesso vale anche per dimensioni, altezza da terra e passo, all’inizio identici a quelli della Jeep, e poi rimasti tali fino al 1954, poiché per la fretta era stato utilizzato provvisoriamente per il prototipo un telaio Willys. Per la parte meccanica vennero invece utilizzati motori (1600 cc. da 50 cavalli), sterzo e cambi a 4 marce (con l’aggiunta dei riduttori) di produzione Rover.
Un “successo clamoroso” nel 1948
Al Salone di Amsterdam dell’aprile ’48 fu presentato un primo lotto di 25 vetture che ebbero un successo clamoroso, anche perché già migliorate con lo spostamento del sedile di guida a destra e poi ulteriormente aggiornate, al momento delle prime consegne delle versioni poi contraddistinte come Serie I, con l’aggiunta dei sedili passeggeri, della capote e delle porte. Tutto il resto restava essenziale, ridotto all’osso, a cominciare dal nome, semplicemente “Land”, ossia Rover di terra, seguito dalla misura del passo in pollici (e per questo la prima è conosciuta come 80), dalla carrozzeria squadrata con bulloni e rivetti a vista con effetto tipo “Meccano”, dalla mancanza delle maniglie esterne e del tergicristallo lato passeggero.
Già nel ’51 apparvero i primi aggiornamenti, con lo spostamento dei fari al di fuori della griglia del radiatore, l’adozione di una trazione integrale ora inseribile al bisogno e di alcuni optional, come un colore aggiuntivo, il riscaldamento o il tetto in metallo. Il successo divenne a questo punto inarrestabile, la Land diventò il prodotto più venduto della Rover e le innovazioni si susseguirono ad alto ritmo, con continui aumenti del passo: prima 86 o 107 pollici (quest’ultima anche in allestimenti De Luxe e Station Wagon), poi 88 o 109 pollici, oltre a nuovi motori, anche a gasolio.
Poco prima dell’avvento della Serie II, nel 1958, la Land aveva già superato la soglia dei 200.000 esemplari prodotti ed era già stata adottata ufficialmente dall’esercito britannico, oltre ad essere divenuta la vettura ideale per i grandi raid internazionali, non solo per la sua capacità di districarsi in ogni terreno, ma anche per la possibilità di trovare assistenza e ricambi in qualunque parte del mondo.
La leggenda dei primi viaggi in Land Rover
Grazie ai primi grandi viaggi, divenuti leggendari (come la Londra–Singapore, impresa di 30.000 km mai riuscita prima, compiuta da sei studenti, o i giri del mondo in solitaria di Peter Townsend e da Barbara Toy) si stima che più di metà della popolazione mondiale abbia visto una Land Rover come prima o addirittura come unica automobile in assoluto. Anche la Serie II mantenne la linea praticamente invariata, salvo un piccolo pannello sotto le portiere per coprire le parti del telaio a vista, nonché una curvatura sotto ai finestrini per celare l’allargamento delle fiancate dovuto all’aumento di carreggiata.
Quando la produzione raggiunse numeri inimmaginabili, quota 750.000 nel 1971, fu varata la Serie III, che restò in produzione fino al 1985, rivelandosi la più longeva. I fari vennero incassati nei parafanghi e la calandra diventò di materiale plastico, con grande rammarico, si dice, dei clienti australiani, che avevano l’abitudine di utilizzare la precedente calandra d’acciaio come griglia per barbecue improvvisati. La vettura era stata modernizzata quanto possibile, gli interni divennero più confortevoli, il cambio completamente sincronizzato e venne prevista un’ulteriore serie di optional, come il servofreno o il motore V8 di 3,5 litri montato sulla cugina Range, che comportò l’avanzamento della calandra al livello dei parafanghi, che diventerà definitivo nelle serie successive.
La fine della prima generazione di Land Rover
Questa versione sarà la protagonista del celebre Camel Trophy, la massacrante, avventurosa manifestazione, un vero e proprio mito negli anni ’80, organizzata dal colosso del tabacco Reynolds negli angoli più sperduti del mondo. Ormai la Land Rover era declinata in ogni possibile configurazione civile ed anche militare, considerato che l’adottarono quasi 150 eserciti nel mondo. Con la Serie III si esaurì quella che si può considerare la prima generazione di Land Rover, quella “dura e pura”, poiché dalla quarta serie, rappresentata prima dalle versioni One Ten e Ninety e poi, dal ’90, dalle Defender, le Land adotteranno una diversa filosofia, per quanto possibile più al passo coi tempi.
Verranno finalmente abbandonate le soluzioni più rudi ed essenziali, come i vetri laterali scorrevoli o il parabrezza in due pezzi, adottando nuovi telai e sospensioni ereditati dalle Range. Le Land manterranno comunque fino al 2016 lo stesso look delle progenitrici, rimanendo a materiali e impostazione meccanica, per abbandonare poi definitivamente ogni legame tecnico col passato con la nuova Defender del 2019. Un’auto così paradigmatica, che rappresenta l’off-road per antonomasia, ma che allo stesso tempo, grazie alla sua versatilità ed al suo aplomb prettamente british, si trova a suo agio in qualsiasi ambiente, non può che godere di una vastissima schiera di estimatori, che possono contare su una notevole disponibilità di vetture, dato che è stata prodotta in oltre 2 milioni di esemplari dei quali si stima sia ancora in circolazione circa il 70%.
Quali sono le Land Rover più ricercate dai collezionisti?
Naturale che le versioni più contese siano quelle delle Serie I o comunque quelle ante anni ’80, vetture peraltro che è facile ricordare con alla guida personaggi come, oltre ai Reali inglesi, Winston Churchill, Clark Gable, Marilyn Monroe, Sean Connery e Daniel Craig, Paul McCartney, Steve McQueen, Jane Fonda. A parte le vetture appartenute alle celebrità (che non scendono mai sotto cifre a cinque zeri), le quotazioni delle Serie I in ottime condizioni superano sovente i 50.000 euro, per raggiungere anche i 70-80.000 se si tratta di versioni 80 o 86 pollici.