La pensione di reversibilità è un istituto che mira a garantire una continuità economica ai familiari superstiti in caso di decesso del lavoratore o del pensionato. Il suo obiettivo è offrire una protezione finanziaria ai soggetti legati al defunto da determinati vincoli familiari, mitigando le conseguenze economiche della perdita della persona che provvedeva al loro sostentamento.
Percentuali di reversibilità
Ogni anno il legislatore stabilisce criteri e percentuali per l’attribuzione della pensione di reversibilità, tenendo conto del reddito dei beneficiari. Per il 2025, le quote previste sono:
- 60% al coniuge superstite;
- 70% al figlio unico superstite (minore, studente o inabile);
- 80% in assenza di coniuge, ai figli o nipoti superstiti;
- 100% in presenza di tre o più figli (o nipoti) superstiti, in assenza di coniuge.
Secondo l’ordinanza n. 19530 del 2024 della Cassazione, il figlio maggiorenne superstite ha diritto alla pensione di reversibilità solo se riconosciuto inabile al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso. È tuttavia necessario dimostrare che il genitore provvedeva in modo continuativo e prevalente al mantenimento del figlio inabile.
Reversibilità per fratelli e sorelle
Fratelli e sorelle del defunto possono accedere alla pensione di reversibilità solo in assenza di coniuge, figli e genitori del defunto e se soddisfano tutte le seguenti condizioni:
- sono celibi o nubili;
- risultano inabili al lavoro al momento della morte del pensionato;
- non sono titolari di una pensione diretta;
- erano a carico del defunto.
È particolarmente difficile pertanto che fratelli o sorelle possano ottenere il 100% della pensione di reversibilità.
Reversibilità e divorzio
L’ex coniuge può concorrere con il coniuge superstite all’ottenimento della pensione di reversibilità solo se, al momento del decesso dell’ex coniuge, risultava titolare di un assegno divorzile. Questo diritto trova ragion d’essere in considerazione del contributo che verosimilmente l’ex coniuge ha offerto durante il matrimonio alla formazione del patrimonio comune e alla formazione del patrimonio personale del defunto.
La titolarità dell’assegno divorzile deve essere formalmente riconosciuta da una sentenza di divorzio o da un provvedimento successivo. Non è sufficiente che le condizioni per l’assegno siano maturate senza un esplicito pronunciamento giudiziale.
Secondo l’ordinanza n. 25369 del 2022 della Cassazione, la ripartizione della pensione tra coniuge superstite e coniuge divorziato si basa sulla durata dei rispettivi matrimoni, ma deve tenere conto anche di elementi solidaristici, come l’entità dell’assegno divorzile e le condizioni economiche di entrambe le parti.
Tuttavia, per il coniuge che ha ricevuto un assegno una tantum in sede di divorzio, il diritto alla pensione di reversibilità è escluso. Secondo la giurisprudenza, infatti, l’assegno una tantum soddisfa in modo definitivo ogni pretesa economica.
Limiti nella trasmissione della reversibilità
La pensione di reversibilità non si trasmette agli eredi. Alla morte del titolare della pensione di reversibilità, il diritto si estingue e non è trasferibile. Come stabilito dall’ordinanza n. 14287 del 2024 della Cassazione, il diritto alla pensione ai superstiti è personale e spetta esclusivamente ai soggetti indicati dalla legge in base ai rapporti con il defunto e alla loro situazione al momento del decesso.
Infatti, come ha chiarito la Corte: il diritto alla pensione di riversibilità spetta, alla morte del pensionato o dell’assicurato, iure proprio, a ciascuno dei soggetti individuati dalla citata norma, in ragione dei rapporti con il defunto e in relazione alla situazione in cui si trova al momento del decesso di questo. Per tale ragione si deve escludere che la trasmissibilità di detta pensione venga ulteriormente attribuita ai discendenti del titolare della pensione di reversibilità.
Decurtazione in caso di altri redditi
Gli importi della pensione di reversibilità possono essere ridotti in base al reddito del beneficiario. Le riduzioni previste sono:
- 25% per redditi superiori a tre volte il minimo INPS (23.345 euro annui nel 2024);
- 40% per redditi superiori a quattro volte il minimo (31.127 euro annui nel 2024);
- 50% per redditi superiori a cinque volte il minimo (38.909 euro annui nel 2024).
Tassazione delle pensioni di reversibilità
Le pensioni, inclusi gli assegni ad esse equiparati, sono considerate redditi di lavoro dipendente ai sensi dell’articolo 49, comma 2 del TUIR e come tali sono soggette a tassazione IRPEF.
Per tale ragione, la pensione di reversibilità deve essere riportata nella dichiarazione dei redditi utilizzando il modello 730. Se il beneficiario percepisce anche un reddito da lavoro dipendente, i due redditi vengono cumulati, contribuendo ad aumentare l’imponibile IRPEF e, di conseguenza, le tasse da pagare.
Conclusione
La pensione di reversibilità rappresenta uno strumento importante di tutela economica per i familiari superstiti, ma è disciplinata da norme precise che definiscono le percentuali di spettanza, le condizioni di accesso e le possibili decurtazioni. Per eventuali dubbi o per casi particolari, è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista competente.