Questa situazione potrebbe farci pensare di essere in una relativa comfort zone e dunque di poter ritenere non necessario un adeguato wealth planning successorio immobiliare. Ma la domanda da porsi è: quanto durerà?
Le misure assunte per fronteggiare l’emergenza pandemica hanno determinato una forte impennata del debito pubblico e lo Stato si troverà a fronteggiare esigenze finanziarie sempre più impellenti. Poiché da anni si discute di una forma di “patrimoniale”, pare necessario valutare la possibilità che questa patrimoniale si traduca in un aggravio fiscale delle imposte legate ad un evento ineludibile, ovvero sulle successioni, come peraltro è già accaduto in alcuni Paesi anche europei.
La pandemia poi ha sparigliato molte carte sul fronte immobiliare: per alcune asset class, in particolare, si è assistito a una repentina contrazione della capacità di generare reddito e, da ciò, della loro valutazione e possibilità di valorizzazione. Le conseguenze sulla sfera successoria non possono essere trascurate.
Pensiamo ai patrimoni familiari dove erano presenti immobili destinati ad albergo o ufficio. Oggi quegli immobili potrebbero aver visto assai ridotto, se non azzerato, il loro reddito, mentre restano invariate le spese e i costi di gestione, nonché le imposte dovute. In alcuni casi gli eredi potrebbero non avere disponibili le risorse per affrontare sia i costi della successione che quelli della gestione e del mantenimento degli immobili, tanto più se il reddito che ne derivava e sul quale facevano affidamento per reperire le risorse, in questo momento, si è contratto. E, la prospettiva di dover liquidare alcuni immobili per pagare i costi successori o di manutenzione potrebbe scontrarsi con un mercato difficile e deludente, proprio in ragione degli effetti della pandemia.
Per di più, visto che i valori reali degli immobili (o quantomeno i valori in una prospettiva di liquidazione immediata) potrebbero essere sensibilmente cambiati, potremmo assistere a un incremento dei contenziosi ereditari. Donazioni già fatte in vita di determinati beni, che rientrano ovviamente nel calcolo ereditario, potrebbero veder mutare sensibilmente il rapporto con le quote di legittima e gli assetti successori definiti in precedenza.
Com’è noto, i litigi successori – che costituiscono una fetta cospicua del contenzioso pendente davanti ai tribunali – costano e fanno spesso danni, tanto più se consideriamo il lungo tempo necessario a ottenere una sentenza definitiva e che in tale lasso temporale ogni possibilità di valorizzazione (o di utilizzo dei beni in garanzia) è sostanzialmente azzerata, mentre i costi continuano a pesare.
Per di più, anche se si trovasse un accordo transattivo che, per definire più rapidamente il contenzioso, intenda “riallocare” le quote immobiliari ereditate, gli eredi dovrebbero fronteggiare nuovi costi, visto che fiscalmente tali retrocessioni vengono tassate una seconda volta, in tal caso come vendita e senza i benefici successori dei quali abbiamo fatto menzione.
Quindi, proprio la pandemia e le sue conseguenze sul mercato immobiliare, hanno reso quanto più necessari e opportuni un’adeguata verifica degli assetti successori e un adeguato wealth planning.
Proprio perché spesso i patrimoni immobiliari si sedimentano nel tempo nel corso di generazioni e si lasciano in alcuni casi “andare da soli”, si deve passare necessariamente da una preventiva analisi approfondita degli asset, della loro valutazione attuale, delle prospettive di reddito e dell’eventuale ottimizzazione della loro valorizzazione. Fatto ciò, con quei dati aggiornati e reali sarà poi possibile definire la miglior struttura per accompagnare il passaggio generazionale senza troppi aggravi e possibili contestazioni, con l’unico approccio utile: quello dell’alta sartorialità professionale.