Nell’ampio e variegato, ma soprattutto ricco di grande tradizione familiare, mondo delle cantine italiane è sempre più frequente incontrare alla guida delle aziende vitivinicole le nuove generazioni che innovano e arricchiscono quanto fatto dai genitori, nonni e bisnonni. Un fenomeno molto diffuso in tutte le zone di produzione enoica nel nostro Paese e che continua a crescere grazie a nuovi avvicendamenti nei posti di comando. Ma che caratteristiche sta assumendo il passaggio tra le generazioni precedenti e quelle entranti in questi anni pieni di sfide e opportunità per le cantine tricolori? E soprattutto, cosa stanno apportando di nuovo e innovativo le giovani generazioni ai progetti imprenditoriali sviluppati chi sta passando loro il testimone? Sono numerose le storie italiane che possono farcelo capire. Ne abbiamo scelte alcune come sintesi delle tante esperienze virtuose e sfidanti di passaggio generazionale, alcuni già completati altri in pieno divenire.
Da madre in figlia, tra le vigne di Montalcino e del Chianti
Un esempio di passaggio di testimone in pieno divenire dalla generazione che ha lanciato un prestigioso progetto vitivinicolo a quella entrante vede come giovane protagonista Alessandra Angelini, titolare delle aziende Altesino e Caparzo nel territorio di Montalcino, zona del Brunello, e Borgo Scopeto in Chianti. “Sicuramente il mio non sarà un passaggio generazionale dei più semplici – esordisce Alessandra -. Rispetto ad altre famiglie che sono delle vere e proprie dinastie nel mondo del vino, io non sono la 40esima generazione che entra in gioco, quindi con meccanismi già “rodati”, ma solo la seconda, dal momento che le nostre aziende sono state acquistate o fondate da mia mamma Elisabetta Gnudi, e solitamente, come per i film di grande successo, il sequel è spesso un passaggio più complicato e delicato. In secondo luogo, mia madre è un personaggio abbastanza unico e irreplicabile”. E quindi, come si sta sviluppando in concreto il passaggio generazionale nel vostro caso? “Il passaggio durerà a lungo confida Alessandra – e ha avuto inizio sicuramente sul fronte commerciale, con il quale ho a che fare già da anni. Ho iniziato con i primi viaggi negli Stati Uniti, che è il nostro mercato più importante, e ora viaggio in tutto il mondo. Infatti, viaggiare ed essere sempre aggiornati sulla situazione dei mercati e sulle loro esigenze è molto importante perché parliamo di un settore in continua evoluzione. I due anni del Covid, che ci hanno costretto a fermarci nel mio caso proprio in azienda, mi hanno anche molto avvicinato al fronte “produzione”, in particolare vigna e cantina. Sicuramente ho la fortuna di avere al mio fianco persone con grande esperienza, che lavorano con noi da oltre vent’anni, alle quali affidarmi a dalle quali cercare il più possibile di assorbire know how”.
Alessandra Angelini
Il fatto di essere una realtà a conduzione familiare, con un’unica persona di riferimento a livello globale nella figura di Elisabetta, caratterizza la governance delle aziende di famiglia. Spiega Alessandra Angelini: “A livello amministrativo e tecnico mia mamma è affiancata da due grandi professionisti che lavorano con noi da tanti anni, che spero mi seguiranno per darmi tutto il supporto necessario, ma credo che il passaggio sarà abbastanza naturale. Abbiamo poi da molti anni dei consulenti esterni di Milano che ci seguono, dal punto di vista legale, fiscale e finanziario, che resteranno, spero, per gli anni a venire e ci assisteranno, laddove dovessero insorgere delle problematiche o si presentasse la necessità di trovare nuove soluzioni di governance”. Ma come vede il futuro di Altesino, Caparzo e Borgo Scopeto? “Ci troviamo in un mondo in continuo cambiamento, oggi più che negli anni ’90 quando è iniziata l’avventura vitivinicola della nostra famiglia. Per questo motivo ritengo sia molto importante frequentare assiduamente il mercato del vino per coglierne le evoluzioni e individuare in quale direzione vanno le nuove generazioni. Sarà importantissimo, ma anche una grande sfida, riuscire a restare contemporanei, ma allo stesso tempo mantenere un’identità forte e distintiva che non cambi con le mode del momento. L’eleganza fortemente cercata da mia madre in ogni vino è ciò che conquista i mercati oggi, e non dobbiamo perdere questa caratteristica. Perché è proprio questo, insieme forse ad anche questa spiccata italianità che ci portiamo dietro, che ci rende unici. Mia madre ha scelto un vitigno come il Sangiovese, fedele interprete dei territori in cui operiamo, non a caso”.
Moser, una tradizione di successi che continua nel nome dell’impegno in vigna
Un’altra storia di seconda generazione che ha ormai preso con le proprie mani il “manubrio” che guida la cantina di famiglia arriva da un cognome garanzia di successo e vittorie, Moser. Ma in questo caso il passaggio non è one-to-one ma coinvolge più persone di famiglia. Infatti, nata nel 1979 dall’esperienza di due vignaioli cresciuti nella tradizione contadina della Valle di Cembra come Diego e Francesco Moser (proprio lui, il mitico campione e recordman della storia italiana e mondiale del ciclismo), la cantina Moser Trento è oggi condotta dalla seconda generazione, composta da Carlo, direttore, e Matteo, enologo. I due, in squadra con diversi giovani e competenti viticoltori, guidano l’azienda valorizzando vigne, terreni e uve nel nome della genuinità e della tradizione. Un impegno che raggiunge come traguardo finale la linea Trentodoc Metodo Classico, prodotta con le migliori uve Chardonnay e Pinot Nero provenienti da due delle zone più vocate del Trentino, e la linea dei vini fermi Warth, realizzata con uve raccolte a mano nei vigneti sulle colline di Trento e nella Valle di Cembra.
Il passaggio all’interno della famiglia Moser è un processo che si è affinato nel tempo. Da ormai 15 anni la ricerca tecnica e condotta da Matteo, enologo e nipote di Francesco, che si è formato in Italia e all’estero, con esperienze in Sudamerica e in California. Precedentemente l’azienda era seguita da un consulente, quindi la nuova generazione ha avuto spazio per esprimere le proprie idee in ambito enologico, anche se Francesco vuole sempre essere coinvolto sulle scelte in vigna. Questa rimane la sua grande passione.
La famiglia Moser
Dal punto di vista della gestione aziendale Carlo, figlio di Francesco, laureato in Economia con significative esperienze professionali all’estero, ha dovuto sempre faticare per ottenere la piena fiducia dal padre. “Nella tradizione contadina ogni successo si conquista col sudore, nulla è regalato” è la filosofia vincente di famiglia. I risultati ottenuti dall’azienda Moser nell’ultimo decennio, hanno fatto sì che la gestione passasse interamente a Carlo, entrato anche nella proprietà della società agricola. Vincente, nel gestire la staffetta tra prima e seconda generazione, è stato anche il supporto del dottor Tosoni, commercialista di Mantova scomparso un paio di anni fa. Oggi Carlo svolge la funzione di responsabile commerciale e quindi è lui il volto dell’azienda per i clienti. Francesco partecipa agli eventi, ma Carlo e Matteo sono considerati le figure chiave dell’azienda. “Abbiamo svolto un grande lavoro negli ultimi anni per riposizionare l’azienda più in alto con i nostri prodotti e per essere riconosciuti come produttore leader nel Trentodoc. Il desiderio per il futuro è quello di consolidare la nostra reputazione, continuando a lavorare per migliorare la qualità dei nostri vini”.
La pronipote con alle spalle una storia di famiglia per il buttafuoco di Scuropasso
Con più di sessant’anni di tradizione di famiglia alle spalle, Flavia Marazzi è invece ormai ai vertici di Cantina Scuropasso, azienda vitivinicola dell’Oltrepò pavese nata nel 1962 grazie a Primo, il prozio di papà Fabio, che dopo anni di esperienza presso un’importante realtà del territorio decide di fondare la sua azienda. Sin dall’inizio la Cantina si concentra sulla valorizzazione del Pinot nero nella produzione di metodo classico e delle vigne storiche di buttafuoco. Nel 1988 Fabio, la terza generazione, inizia a lavorare in azienda, dando vita alla sua prima bottiglia di metodo classico, che dal 1998 prenderà il nome di Roccapietra, che in sé racchiude l’unione di due importanti comuni della Valle Scuropasso, Rocca de’ Giorgi e Pietra de’ Giorgi, rinomati appunto per il Pinot nero. Ecco che con tutta questa storia alle spalle Flavia non può che essere il filo di continuità della passione della sua famiglia per le colline del buttafuoco. Una passione che Flavia racconta così: “Il nome Roccapietra rappresenta il forte legame della mia famiglia con questo territorio. Io entro in azienda a tutti gli effetti a 18 anni. Contemporaneamente mi iscrivo alla facoltà di agraria con indirizzo di viticoltura ed enologia presso l’Università Cattolica di Piacenza. Oggi papà ed io lavoriamo a stretto contatto con il comune intento di esprimere al meglio le grandi potenzialità di questo territorio. Il confronto costruttivo tra due generazioni, se ben condotto, è un valore aggiunto per la crescita dell’azienda: da un lato l’esperienza maturata nel corso delle numerose vendemmie, dall’altro gli studi condotti e il giovane entusiasmo per questo lavoro”. Con una lunga tradizione di famiglia alle spalle, come è avvenuto il passaggio di generazione in generazione? “Il passaggio generazionale è stata una cosa istintiva e naturale. È importante sentirsi pronti ad assumersi certe responsabilità, cercare di prepararsi al meglio ma il più grande aiuto arriva sempre dalle persone che mi circondano e lavorano con me ogni giorno. Sono molto fortunata perché oltre a mia mamma e mio papà in azienda sono aiutata da alcune persone che lavorano con noi con tanta passione ormai da anni”.
Fabio e Flavia Marazzi
Le famiglie italiane, spina dorsale del settore vitivinicolo
Questi visti finora sono solo alcuni delle centinaia e centinaia di racconti possibili di passaggi generazionali avvenuti e che avvengono al comando delle cantine, lungo tutto il territorio italiano. La lista è infatti ancora lunga.
Ad esempio, a Valdobbiadene la famiglia Bolla guida casa Valdo, con protagonista la terza generazione in azienda. La cantina storica leader del prosecco Superiore, dal 1926 è riconosciuta per la sua produzione di spumanti di qualità e per il suo ruolo di ambasciatore delle bollicine italiane nel mondo. “In un mercato vivace ma sempre più complesso, è necessario avere prospettive lunghe e i piedi ben piantati per terra” commenta Pierluigi Bolla, presidente di Valdo Spumanti “l’esperienza della nostra famiglia nel mondo degli spumanti di qualità ci permette anche di fare scelte audaci e prendere direzioni inaspettate. La capacità di trasformazione, senza abbandonare la propria vocazione originale, è oggi un requisito indispensabile per affrontare le nuove sfide e i mercati che cambiano”.
Altro nome storico di generazione in generazione nel panorama italiano ma anche internazionale è Tommasi, etichetta che rappresenta la storia della Valpolicella e non solo. L’araldica di famiglia racconta di quattro generazioni di pionieri, esploratori, precursori e visionari, attenti al valore della qualità in ogni fase produttiva, nel rispetto dei procedimenti tradizionali ma aperti alla sperimentazione. Il biglietto da visita della famiglia Tommasi parla chiaro: “con otto tenute vitivinicole in sette regioni – Tommasi in Veneto, Tenuta di Caseo in Lombardia, Casisano a Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma Toscana, Masseria Surani in Puglia, Paternoster in Basilicata, un progetto in Umbria ad Orvieto, l’acquisizione di una tenuta sull’Etna in Sicilia nel 2022 e una partnership nel Chianti Classico con La Massa, il gruppo ha l’obiettivo di creare grandi vini, valorizzando ogni singolo territorio”. In particolare, “Casisano fa parte di una rete di investimenti che Tommasi Family Estates ha sviluppato negli anni sotto un’ottica lungimirante e duratura – racconta Pierangelo Tommasi -. Come generazione della famiglia che sta celebrando i 120 anni dell’azienda, siamo sempre più focalizzati nell’interpretare il nostro lavoro di produttori come rappresentanti delle eccellenze del Made in Italy nel mondo”.
Pierangelo Tommasi
Articolo tratto dal numero di aprile del magazine We Wealth