Il ritorno dell’obbligazionario è stato il grande ritornello di inizio 2023: con gli aumenti dei tassi d’interesse deliberati dalle principali banche centrali nelle economie sviluppate i rendimenti dei bond sono tornati ad offrire valore agli investitori, dopo anni di compressione. Nei primi cinque mesi dell’anno, secondo i dati Morningstar, i fondi obbligazionari hanno raccolto afflussi netti da 113 miliardi di dollari.
La tempistica con la quale i rialzi dei tassi si sarebbero dovuti interrompere, però, è andata a spostarsi sempre più in avanti per via di un’inflazione più coriacea del previsto. Di conseguenza, chi avesse investito in obbligazioni a inizio anno potrebbe non aver beneficiato di un aumento di valore del portafoglio, eventualità che nel mondo dei bond si verifica quando i rendimenti delle nuove emissioni diminuiscono.
Come sono andati i bond finora
La performance degli indicatori aggregati è stata abbastanza contenuta finora: da inizio anno l’indice S&P Global Developed Aggregate Ex-Collateralized Bond Index, che traccia l’obbligazionario con rating elevato, ha mostrato un ritorno, considerando le cedole, del 2,46%.
Da inizio aprile al 25 giugno l’orientamento dell’obbligazionario è stato fiacco, con un ribasso dello 0,71% per questo indice. Gli investitori più convinti che il rientro dell’inflazione avrebbe spinto le banche centrali a concludere il proprio ciclo di rialzi dei tassi a breve termine hanno dunque subito un contraccolpo nelle ultime settimane. “Se avete puntato sui tassi a breve duration all’inizio dell’anno, probabilmente state soffrendo, perché i tassi hanno continuato a salire”, ha dichiarato al Financial Times il gestore del portafoglio obbligazionario globale di Janus Henderson, Jason England.
Nella settimana conclusa il 21 giugno, i fondi monetari Usa, che molti capitali avevano raccolto nei mesi scorsi, hanno osservato un massiccio deflusso da 16,145 miliardi di dollari, secondo Refinitiv-Lipper. Nella settimana precedente, aveva mostrato BofA relativamente ai fondi monetari europei, si era registrato il maggiore deflusso delle ultime otto settimane.
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L’orientamento della politica monetaria
Mentre i banchieri centrali si stanno per riunire al Forum di Sintra organizzato dalla Bce, la politica monetaria rimane orientata verso nuovi rialzi, sia in Europa sia in America. Fino ad alcune settimane fa i trader immaginavano, per la Federal Reserve, un percorso che avrebbe (nelle aspettative degli addetti ai lavori) regalato i primi tagli dei tassi già entro l’estate di quest’anno. Le previsioni sono state clamorosamente smentite con l’ipotesi di due rialzi ancora da compiere per la banca centrale americana, implicita nelle attese del dot plot.
La Fed, del resto, si trova ancora a fronteggiare un’inflazione di fondo superiore agli obiettivi e un mercato del lavoro caratterizzato da bassa disoccupazione. Nel frattempo, i timori di una recessione negli Stati Uniti sono diventati via via più tenui, fino a rendere più probabile il cosiddetto “atterraggio morbido” dell’economia. Al momento il mercato dei future monitorato dal Fed Watch tool di Cme indica che per il resto del 2023 i trader si aspettano ora un livello dei tassi federali nel range 525-500 punti base – il che implicherebbe un ulteriore rialzo da 25 punti base rispetto ai livelli attuali.