Il tema è approdato qualche volta alle aule di giustizia (coinvolgendo personaggi più o meno noti), ma la platea degli interessati è sicuramente più ampia. E’ normale infatti che, nel corso di una relazione, coniugi o compagni si scambino regali e che, proprio in ragione del rapporto che li unisce, lo si faccia senza pensare alla forma alla quale ricorrere per questi gesti di liberalità. Il problema nasce dal fatto che nel nostro ordinamento la donazione in senso stretto richiede, a pena di nullità, il rispetto di alcuni requisiti formali (in primis, l’atto pubblico), salvo che si tratti di donazioni di modico valore.
Doni da restituire? C’eravamo tanto amati…
Se un atto è nullo, non produce effetto; di conseguenza, la donazione “nulla” impone la restituzione del bene donato. Ed è questo l’argomento al quale il donante ricorre per ottenere la restituzione di quanto ha regalato. Nel caso di persone tra le quali esiste un legame affettivo si tratta in molti casi di donazioni eseguite in occasione di particolari ricorrenze. Il formalismo imposto dal legislatore in tema di donazioni mal si concilia, tuttavia, con la spontaneità delle relazioni affettive, specialmente in questi casi.
Tanto è vero che lo stesso legislatore ha tentato di escludere dall’ambito della donazione quelle situazioni in cui l’elargizione di un bene ad un partner avviene nel contesto di ricorrenze particolari (quali, per esempio, San Valentino, anniversari di matrimonio, e così via). Ciò ha fatto ricorrendo all’istituto della liberalità d’uso, che viene in rilievo ogni qualvolta si tratta di liberalità che si suole fare “in conformità agli usi”. In questo caso la liberalità non è donazione (e, quindi, non esige il rispetto di forme solenni) se viene fatta dal donante per adeguarsi ad una prassi sociale, ad un’usanza esistente nel contesto sociale nel quale vivono le parti.
La sussistenza di queste usanze è verificabile diacronicamente, nel senso che, come ha affermato la Corte di Cassazione in una nota sentenza del 2016, si possono registrare nel tempo adattamenti del costume che sono recepiti dalla natura elastica della norma. Ecco, dunque, che oltre alle ricorrenze “tradizionali” – quali le nozze, i compleanni, gli anniversari, in cui per consuetudine si è instaurata l’abitualità diffusa di fare un regalo – nel tempo si sono affermate altre ricorrenze, quali San Valentino e la festa della donna.
Nel valutare la conformità del “beau geste” agli usi i giudici tendono a dare una lettura oggettiva della nozione, dovendosi la stessa richiamare a prassi consolidate nella società, senza poter considerare eventuali pratiche divenute comuni tra le parti interessate. Poco conta, quindi, se nel corso della relazione (anche se di lunga durata) il donante fosse solito “farsi perdonare” con un regalo, perché si tratterebbe comunque di un’abitudine non conforme agli usi del nostro Paese. Nel caso della sentenza del 2016 sopra richiamata, in applicazione di questo principio, i Giudici avevano quindi escluso che si trattasse di liberalità d’uso la donazione di un Picasso e di un prezioso diamante da 13 carati, regalati alla compagna in occasione di una lite, in quanto, appunto, la riconciliazione, dopo uno screzio, non sarebbe ricorrenza per la quale è uso farsi un regalo.
Se il regalo (pur se di ingente valore) è invece avvenuto in occasione di una ricorrenza nella quale è consuetudine scambiarsi dei doni, chi l’ha ricevuto potrà ritenerlo definitivamente acquisito, soprattutto se il valore del bene ricevuto è proporzionato alle capacità economiche del donante. E se la donazione, specie di un’opera d’arte, non ricade nelle liberalità d’uso, perché non è avvenuta in occasione di una particolare ricorrenza? La questione si complica, e ciò vale anche se l’opera non è di ingente valore.
Tra i giudici è invalso, infatti, il convincimento che un’opera d’arte sia sempre e comunque un bene mobile di rilevante valore, e tale assunto rende inapplicabile alla donazione la regola secondo la quale una donazione di modico valore non richiede la forma solenne. L’art. 783 del codice civile fa salva, infatti, la validità della donazione di un bene mobile di modico valore, anche se manca l’atto pubblico, purché vi sia stata la consegna del bene. A stretto rigore il legislatore imporrebbe di valutare la modicità anche in rapporto alle condizioni economiche del donante, ma il principio, come detto, se applicato ad un’opera d’arte, viene spesso disatteso.
Ricevere in dono dal marito o dalla moglie un’opera d’arte al di fuori di una ricorrenza “canonica” potrebbe comportare, quindi, il rischio di doverla restituire all’ex amato al termine della relazione, a prescindere dal valore dell’opera donata e dal rapporto tra lo stesso e le condizioni economiche del donante. In conclusione, e citando un noto slogan, “un diamante è per sempre”, o quasi…