Vi sono invece delle aperture da parte dell’opposizione che trova un Matteo Salvini disponibile ad appoggiare una qualunque forma di “taglio delle tasse”. La proposta di riduzione dell’imposta ha una evidente finalità di rilancio dei consumi degli italiani che ancora stentano a tornare alla normalità. L’imposta sul valore aggiunto incide per il 22% sul prezzo finale di beni e servizi acquistati dai consumatori finali che ne rimangono definitivamente incisi. Una sua riduzione, anche solo di qualche punto e seppur in via temporanea, potrebbe incentivare la spesa dei privati fin ora presi da mille dubbi sull’evolversi della situazione economica legata alla pandemia e frenati dall’assenza della liquidità promessa e non ancora arrivata.
A beneficiarne sarebbero tutti i settori oggi più a rischio default quali la ristorazione, l’ospitalità (hotel e strutture alberghiere di tutti i tipi), viaggi e turismo, commercianti al dettaglio e artigiani.
Recentemente il decreto rilancio n. 34/2020 dello scorso maggio ha previsto la cancellazione delle clausole di salvaguardia e in tal modo è stato eliminato il rischio contrario, e cioè di aumento delle aliquote Iva. La proposta comunque non sembra allineata alla riforma strutturale del sistema fiscale che è stata suggerita dal “Piano Colao”, contenente appunto le iniziative per il rilancio dell’Italia nel periodo 2020-2022 da poco presentato al presidente del Consiglio dei ministri dal Comitato degli esperti in materia economica e sociale. Probabile l’ulteriore ricorso al debito pubblico per il finanziamento delle mancate entrate che deriverebbero dalla riduzione dell’Iva.
Il Portogallo registra la flessione minore (- 1%), segue la Spagna (-3,1%), la Germania (- 9,2%), l’Italia (-13,7%), il Regno Unito (-14,3%), l’Irlanda (-15,4%) e la Francia (-25,1%). A causa della forte contrazione dei consumi tutti i Paesi decrescono a ritmi differenziati rispetto allo stesso periodo del 2019. La Francia è l’unico Paese che partendo già nel 2019 con tassi decrescenti (-17,7%) peggiora il tendenziale di 7,4 punti percentuali (pp). Gli altri Paesi registravano un tasso di crescita positivo a fine 2019 rispetto all’anno precedente. La Spagna cresciuta nel 2019 dell’1,9% peggiora in trend di soli 5 pp; il Portogallo cresciuto lo scorso anno del 7,5% perde 8,5 punti. La Germania, l’Italia, l’Irlanda e il Regno Unito hanno registrato le maggiori flessioni nel primo quadrimestre rispetto alla fine del 2019 perdendo rispettivamente 12,8 pp (+3,6% 2019); 16,2 pp (+2,5% 2019); 21,6 pp (+6,2% 2019) e 23,6 pp (+9,3% 2019). Con specifico riferimento all’Italia il documento del Mef evidenzia che in termini generali si registra una decrescita tendenziale (-4,4%) per effetto dell’andamento negativo delle imposte indirette (-13,8%) che prevale su quello positivo delle imposte dirette (+3,8%). Tra le imposte dirette decrescono le entrate derivanti dall’imposta sulle persone fisiche (-0,6%) mentre crescono le entrate dell’imposta sulle società (+6,9%). Tra le imposte indirette si contrae il gettito dell’Iva (-13,7%), quello dell’accisa sugli oli minerali (-14%), dell’imposta di registro (-24,8%) e dell’accisa sull’energia elettrica (-1,8%). Positivo, invece, il risultato dell’imposta bollo (+10,8%).